Il governo contro il diritto di scegliere. Il 12 aprile la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Salute hanno depositato al Tar dell’Emilia-Romagna un ricorso contro la Regione, e in particolare contro la direzione sanitaria Salute della persona, per chiedere l’annullamento delle delibere di Giunta che davano attuazione al suicidio medicalmente assistito in Emilia-Romagna. Valentina Castaldini, consigliera regionale di Forza Italia, sostiene che il ricorso si basi sulla “carenza di potere dell’ente” sul tema “e la contraddittorietà e l’illogicità delle motivazioni introdotte nelle linee guida inviate alle aziende sanitarie”. Con quello depositato oggi i ricorsi in realtà sono due. Castaldini aveva depositato un ricorso analogo a marzo insieme a un gruppo di associazioni. “Sono molto contenta che il governo, con questo atto formale, confermi e rafforzi il lavoro di questi mesi”, afferma Castaldini, “l’esecutivo ha ritenuto che la strada del ricorso che ho aperto fosse quella corretta e che ci fossero tutti gli estremi per annullare le delibere, come ho sempre sostenuto”.
Il Veneto e la Consulta – Dopo lo scossone politico in Veneto, con la maggioranza spaccata, anche in Emilia-Romagna il dibattito sul fine vita era arrivato a febbraio nell’aula del Consiglio Regionale. All’ordine del giorno era infatti inserita la discussione della legge di iniziativa popolare “Liberi subito” sul suicidio assistito, che chiede di introdurre “tempi certi” sul fine vita, e per l’occasione a Bologna era arrivato anche il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato. Una decisione quella della Giunta Bonaccini per l’attuazione della sentenza Dj Fabo con cui la Consulta ha fissato quattro criteri per poter accedere al suicidio assistito. E la Corte costituzionale è stata nuovamente chiamata in causa dopo che il giudice per le indagini preliminari di Firenze ha sollevato nuova eccezione di legittimità sull’aiuto al suicidio.
La delibera – A febbraio la giunta regionale di Stefano Bonaccini aveva approvato due delibere per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, con l’obiettivo, spiegava la Regione, di colmare il vuoto in materia del Parlamento e di mettere le aziende sanitarie nella condizione di garantire il diritto dei malati sancito da sentenza della Corte costituzionale (n.242/2019). Alle aziende sanitarie sono state inviate delle linee guida che stabiliscono iter e tempistiche del fine vita, massimo 42 giorni dalla domanda del paziente alla eventuale esecuzione di procedura farmacologica. Tra gli elementi contestati anche l’istituzione del Corec, il Comitato regionale per l’etica nella clinica, che è chiamato a esprimere parere – anche se non vincolante – sulle richieste dei pazienti.
Le proteste – Alle proteste dell’opposizione la Giunta Bonaccini aveva risposto con le osservazioni sollevate dal Comitato nazionale di bioetica sottolineando la legittimità di affidare al neonato Corec e non ai Comitati etici territoriali (Cet) già esistenti e normati dal ministero della Salute il ruolo di organismo consultivo (il cui parere è obbligatorio ma non vincolante) nelle richieste di suicidio medicalmente assistito. Per il Comitato nazionale di bioetica il parere avrebbe dovuto essere preferibilmente dei Cet, omogenei in tutta Italia.
La posizione della Regione – La Regione invece si è appellata a un decreto del ministero della Salute dal quale si evince che i Cet non sono una scelta dovuta laddove esistano specifici organismi per l’etica nella clinica. Come avviene appunto in Emilia-Romagna dove un comitato etico nella clinica c’era già, nato nel 2020 in via sperimentale all’Ausl Irccs di Reggio Emilia, e dalla cui esperienza ora nasce il Corec. Sfumature di tecnicismi su un tema molto complesso e non meno importante per i cittadini, sul quale più volte la Corte costituzionale ha invitato il Parlamento a legiferare proprio con lo scopo di evitare differenziazioni regionali. L’assessore alla Salute Raffaele Donini aveva sottolineato che è “in attesa di una legge nazionale” che la Regione si muove per rendere esigibile un diritto stabilito dalla sentenza n.242/2019 della Corte costituzionale”.