Tra ironia e stereotipi, la polemica corre sui social
Un nuovo spot, un’accesa polemica. La Birra Raffo, con il suo ultimo spot che strizza l’occhio all’ironia, ha sollevato un vespaio sui social, scatenando le ire di molti bergamaschi che si sono sentiti rappresentati in maniera offensiva. Lo spot incriminato mostra due realtà contrapposte: da un lato la Puglia, con le sue immagini di mare, sole e allegria, dove la birra Raffo viene consumata da un gruppo di amici sorridenti e spensierati. Dall’altro, la bergamasca terra di montagne e nebbia, dove un uomo, infagottato in un pesante maglione di lana e seduto in una baita di legno, sorseggia la stessa birra con un’espressione un po’ imbronciata.
Il messaggio è chiaro: la Raffo piace “ai pugliesi più pugliesi”, ma anche “al tuo amico di Bergamo”. Peccato che la rappresentazione del “amico di Bergamo” abbia fatto storcere il naso a molti, che l’hanno giudicata stereotipata e offensiva. Sui social, in particolare sul gruppo Facebook “Sei di Bergamo se”, sono fioccati i commenti indignati: “Il bergamasco è stato ridotto al troglodita buzzurro vestito come uno Yeti in una baita“, protesta un utente. “Rivoltante e offensiva per Bergamo e i bergamaschi”, rincara la dose un altro. Ma c’è anche chi cerca di smorzare i toni, sottolineando che si tratta di uno spot ironico e che non c’era alcuna intenzione di offendere. Altri invece invitano i bergamaschi a non essere così permalosi e a prendere la cosa con più leggerezza.
Di certo c’è che la polemica ha acceso un dibattito sull’identità bergamasca e su come viene rappresentata nei media. C’è chi sostiene che lo spot sia un esempio di stereotipi dannosi ma anche chi condanna l’eccesso dilagante di politicamente corretto: “Non vedo perché prendersela così tanto per un semplice spot”, “È solo un modo per far ridere”, “Anche noi bergamaschi dovremmo imparare a prenderci meno sul serio”, si legge tra i commenti di chi non ha gradito la polemica. Una cosa è certa: lo spot di Birra Raffo ha sicuramente fatto parlare di sé, dimostrando ancora una volta il potere (e il rischio) della pubblicità di scatenare emozioni forti e di dividere l’opinione pubblica.