Dal coinvolgimento del volontariato – leggi le associazioni antiabortiste – nei consultori alla patente a punti nei cantieri, dall’aumento dei fondi per costruire i centri per migranti e richiedenti asilo in Albania alla deroga per concedere a Renato Brunetta lo stipendio da direttore del Cnel. Tutto nel calderone del decreto Pnrr, approvato giovedì dalla Camera con la fiducia. Già la versione iniziale, approvata dal consiglio dei ministri a inizio marzo dopo settimane di rinvii per problemi di coperture, conteneva diverse norme estranee al Piano nazionale di ripresa e resilienza e senza requisiti di urgenza. Il governo ci aveva tra l’altro infilato un pacchetto di norme per la sicurezza sul lavoro per rispondere alle polemiche seguite alla strage sul lavoro a Firenze, nuove assunzioni nei gabinetti del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e di quello della Salute Orazio Schillaci e, nascosto tra le Disposizioni in materia di investimenti infrastrutturali, l’aumento da 39,2 a 65 milioni dello stanziamento per i discussi Cpr di Shengjin e Gjader.
Durante il passaggio in Parlamento, mentre le Regioni minacciavano il ricorso alla Consulta contro i tagli alla sanità e la Corte dei Conti censurava i poteri aggiuntivi attribuiti a Chigi, il dl è stato poi infarcito di emendamenti che l’hanno reso il classico provvedimento “omnibus“. In spregio ai numerosi avvertimenti arrivati dal capo dello Stato Sergio Mattarella, che giusto un anno fa aveva convocato al Quirinale i presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana per chiedere una valutazione più rigorosa delle modifiche in corsa. Nuovo richiamo dopo la lettera con cui aveva accompagnato la promulgazione del Milleproroghe, in cui aveva osservato “come sia ormai evidente il carattere frammentario, confuso e precario della normativa prodotta attraverso gli emendamenti ai decreti-legge e come questa produca difficoltà interpretative e applicative”.
Moral suasion inascoltata. È di tre giorni fa l’ultimo blitz, che ha visto entrare nel testo la possibilità per i consultori pubblici di “avvalersi anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo Settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”: un attacco alla libertà di scelta delle donne sull’aborto, secondo le opposizioni ma anche la rete dei consultori e Non una di meno, che hanno manifestato fuori da Montecitorio. Ed evidentemente l’emendamento di FdI ha suscitato qualche dubbio anche in maggioranza, se 15 deputati leghisti si sono astenuti (invece che votare contro) su un odg del Pd che impegna il governo a piena attuazione della legge 194 e non restringere “il diritto delle donne ad avere accesso all’interruzione volontaria di gravidanza”.
Prima ancora erano arrivati gli emendamenti contro il ricorso ai gettonisti nel sistema sanitario pubblico – problema noto da anni, difficile considerarlo un'”urgenza” in senso stretto – e quello del governo che mette una pezza sul caso PagoPa, dopo la levata di scudi delle banche e i rilievi dell’Antitrust sulla vendita della piattaforma su cui transitano i pagamenti digitali verso la pa al Poligrafico dello Stato (con il 51%) e a Poste. Nel frattempo il governo ha deciso di non decidere sull’estensione della patente a punti a tutti i settori e su altre questioni cruciali secondo i sindacati, come l’individuazione dei “criteri di attribuzione dei crediti ulteriori rispetto al punteggio iniziale, nonché le modalità di recupero dei crediti decurtati”. E non ha trovato soluzioni alle proteste degli enti locali contro lo “scippo” di 1,2 miliardi destinati all’edilizia sanitaria: secondo la Conferenza delle Regioni sostituire i soldi freschi del Piano nazionale complementare con le risorse in conto capitale dell’ex art. 20 della legge 67 del 1988 non garantisce la prosecuzione dei progetti già avviati.
Le opposizioni, dichiarando il loro voto contrario, sono andate all’attacco. “Oggi muore qui la destra sociale” e “il popolo ci chiede di votare contro questo vostro ennesimo fallimento”, ha detto Daniela Torto del M5s. La deputata Pd Silvia Roggiani ha parlato di “ennesimo decreto omnibus, fatto di norme ad personam, bandierine elettorali per gli amici degli amici e tanta propaganda” e sottolineato che “la destra ha bocciato molti degli emendamenti Pd a sostegno dei comuni che contenevano le richieste che i sindaci, compresi quelli di centrodestra, per poter realizzare gli interventi del PNRR. Invece che ascoltare i comuni, la maggioranza moltiplica i commissariamenti, incluso quello per i beni confiscati, scelta che tutte le associazioni che si occupano di legalità hanno bocciato durante le Audizioni”.