“Un’arma mai usata prima” che colpirà Israele con una risposta più dura, “così non ne rimarrà nulla”. In attesa di capire quale sarà la nuova reazione di Israele dopo l’attacco della Repubblica Islamica, in risposta al raid di Tel Aviv sul consolato iraniano di Damasco, Teheran fa già capire che se il suo territorio dovesse essere violato il regime degli ayatollah mostrerà veramente tutta la sua forza. E lo farà utilizzando tutto il potenziale offerto dal suo arsenale, ma anche armi rimaste fino a oggi nei depositi e pronte per uno scontro frontale con una potenza come lo Stato ebraico.
Non saranno i caccia a impensierire Tel Aviv
Si è già letto di micidiali armi in dotazione ai Pasdaran nonché del possibile impiego di velivoli d’attacco supersonici di costruzione russa, quali i cacciabombardieri Sukhoi Su-24. È stato lo stesso comandante delle forze aeree dell’Esercito, Hamid Vahedi, a consigliare “ai nemici di non commettere alcun errore strategico, perché l’Iran è pronto a colpirli, soprattutto con i caccia Sukhoi-24, i bombardieri tattici supersonici russi”. Va detto subito che un attacco iraniano contro il territorio dello ‘Stato ebraico‘ non potrebbe avvenire con l’impiego di una forza aerea. L’aviazione di Teheran ha pochi cacciabombardieri, alcuni con tecnologie risalenti agli Anni 80 dello scorso secolo, come ad esempio i già citati Su-24 (copia sovietica del Tornado IDS). Anche se gli iraniani impiegassero tutti i propri velivoli d’attacco (circa 120 macchine), difficilmente otterrebbero un successo tattico. Molto probabilmente, invece, perderebbero quasi tutta la forza aerea da combattimento, compresi i piloti.
Tutti i missili nell’arsenale di Teheran
Altro discorso sono le capacità missilistiche della Repubblica Islamica, soprattutto nel campo dei vettori balistici i quali, nell’ultimo decennio, hanno avuto un notevole impulso da parte di Teheran. Una eventuale rappresaglia iraniana potrebbe avvenire non solo dalla Repubblica Islamica, ma anche con lancio di missili dal Libano e dal territorio siriano occupato dalla Brigata al-Quds, appartenente alle Corpo delle Guardie della Rivoluzione.
Come detto, l’Iran dispone di una vasta gamma di vettori, dai missili a propellente liquido a corto e medio raggio (fino a 750 chilometri), derivati dagli SCUD-B e dai nordcoreani Hwasong 5 e 6 (ribattezzati dagli iraniani Shahab 1 e Qiam 1), a quelli a propellente solido come il FATEH-313 con gittata massima di 500 chilometri, fino ad arrivare ai più performanti EMAD, SEJIL e KHORRAMSHAR.
Gli iraniani stanno poi facendo passi da gigante nello sviluppo di veicoli di lancio spaziali: al momento si registrano solo successi nel lancio di micro satelliti da orbita bassa (330 chilometri di altitudine), però non è da escludere che nel prossimo futuro, grazie all’aiuto della Corea del Nord, gli iraniani possano progettare vettori con gittate superiori.
All’inizio degli anni Novanta Pyongyang ha cominciato a rifornire – si ipotizzano 180 vettori – gli iraniani di sistemi missilistici Hwasong-2 (Shahab 2). Rispetto alla versione precedente, può trasportare una testata del peso di 750 kg con una gittata massima di oltre 500 km. Tali sistemi missilistici sono gestiti dalla 7a Brigata al-Hadid, strutturata su 4 battaglioni. Successivamente, dallo Shahab 2 è derivato il Qiam 1, con un aumento della gittata che dovrebbe essere di circa 800 chilometri. Sembrerebbe, inoltre, che esista una variante conosciuta come Qiam 2 dotata di veicolo di rientro manovrabile, grazie alla presenza di 4 alette stabilizzatrici poste alla base dello stesso. I Qiam 1 possono essere lanciati da diverse piattaforme mobili, lanciatori fissi ma anche da silos. La variante più leggera, il BURKHAN-2H, dovrebbe avere una testata più piccola e una gittata accreditata di circa 1.000 chilometri.
L’arsenale balistico a corto raggio iraniano si compone della famiglia di missili FATEH-110 prodotti, in quattro generazioni, dal 2002 al 2012. Si tratta di ordigni a propellente solido con una gittata di 300 chilometri e un sistema di guida satellitare, quindi estremamente precisi, con un raggio d’errore di soli 3 metri della versione FATEH-110D1. Altri derivati dal FATEH-110 sono lo ZOLFAGHAR e il FATEH-313. Il primo dovrebbe avere una gittata massima di 700 chilometri e una testata singola a frammentazione da 500 kg. Dallo ZOLFAGHAR dovrebbe essere stato sviluppato il DEZFUL, equipaggiato con la medesima testata ma con una gittata di 900 chilometri. Il FATEH-313 ha lo stesso sistema di guida ma è equipaggiato con un sistema di guida elettro-ottico infrarosso per la fase terminale, la gittata è di 500 chilometri.
L’Iran dispone anche di missili a medio raggio con motore monostadio a propellente liquido Shahab 3, derivati dai nordcoreani Hwasong 7. La testata bellica è la medesima, varia dai 750 ai 1.200 kg e può essere unica oppure 4 da 280 kg l’una. La gittata accreditata dovrebbe essere compresa tra i 1.300 e i 1.500 chilometri, mentre il sistema di guida dovrebbe essere inerziale. Nella versione 3B il missile è dotato di un vettore di rientro ad alta manovrabilità (MARV) e un sistema di guida assai performante che gli consentirebbe di avere un raggio di errore di soli 150 metri. L’Iran dovrebbe disporre, nelle varie versioni, di alcune decine dello Shahab che equipaggiano la 5ᵃ Brigata Ra’ad.
Dagli Shahab 3 Teheran ha sviluppato altri vettori dotati di gittate maggiori: gli EMAD, i GHADR/QADR e i SEJIL. Il primo, in pratica, è un Shahab 3A, salvo eccezione per delle modifiche al sistema propulsivo che consentirebbe un incremento di gittata a 1.700 chilometri. Ad oggi l’Iran dispone di due versioni dell’EMAD che variano per la gittata che può arrivare fino a 2.000 chilometri. Del GHADR esistono due versioni conosciute. La 1 ha una gittata di 2mila km e un raggio d’errore di 150 metri. La 110 ha una gittata di 1.500 km e un raggio di errore di 300 metri. Il SEJIL, infine, è un missile bi-stadio con propellente solido e gittata massima di 2.500 km, può trasportare una testata convenzionale ad alto esplosivo compresa tra i 600 e i 1.400 kg oppure una testata nucleare. Sembrerebbe che il missile sia dotato di capacità evasive dovute all’adozione di materiale antiradar. Ne esistono due versioni ma è in costruzione una terza, il SEJIL-3, caratterizzata da un vettore a tre stadi e da miglioramenti del sistema propulsivo che permetterebbe di raggiungere la velocità di rientro nell’atmosfera di mach 14, ossia 14 volte oltre la velocità del suono.
L’ultimo arrivato è il KHORRAMSHAR, introdotto nel 2018, dotato di testata singola o multipla, si tratterebbe di un progetto autoctono derivante dal nordcoreano Hwasong 10. Il KHORRAMSHAR sarebbe accreditato di una gittata massima di 2.200 chilometri con una testata di 1.000 kg, sembrerebbe inoltre che il missile possa compiere manovre evasive e offrirebbe una bassa visibilità ai radar.
Nel frattempo Teheran ha lanciato un programma di sviluppo per missili a raggio intermedio (IRBM) derivati dallo Shahab: lo Shahab 5 e lo Shahab 6. Il primo è un missile a due stadi accreditato di una gittata di oltre 4.000 chilometri, del secondo si conosce poco, si ipotizza comunque una gittata di 8.000 chilometri.
L’Iran, ormai da oltre 20 anni, ha anche sviluppato dei missili cruise superficie-superficie, quasi tutti derivati dal cruise ex sovietico Rh-55. Il Soumar non è altro che un adattamento del missile aria-superficie attualmente in dotazione alla Forze Aerospaziali della Federazione Russa. Sembrerebbe che tale cruise abbia una gittata di 2.000 km, anche se si tratta di un valore poco attendibile. Derivato dal Soumar è l’Hoveyzeh, dotato di un sistema propulsivo (forse a turbogetto) più efficiente e performante, la gittata dovrebbe aggirarsi intorno ai 1.400 chilometri.
Qual è “l’arma mai usata prima”?
Resta il mistero, però, su quale sia questa nuova arma che la Repubblica Islamica dice di poter rivelare al mondo scagliandola contro Israele. Non è possibile conoscere ogni particolare dello sviluppo militare del regime degli ayatollah, ma delle ipotesi possono essere avanzate. E quella che più di altre sembra plausibile riguarda una versione locale del missile balistico intercontinentale nordcoreano TAEPODONG 2. Si tratta di una missile balistico a tre stadi, forse con un mix di propellente liquido e solido, con la possibilità di trasportare una singola testata. Per il test di volo dell’aprile 2009, si ritiene che un piccolo satellite (probabilmente del peso di 25-75 kg) sia stato trasportato nell’alloggiamento del carico utile. Il rapporto del 2018 del Bulletin of Atomic Scientists sulle capacità dei missili balistici nordcoreani ha rilevato una capacità di carico utile superiore a 800 kg e una gittata massima stimata tra gli 8.000 e i 12.000 chilometri. Un’arma, questa, che non sarebbe intercettabile da Israele perché, dopo aver viaggiato nello spazio, potrebbe piombare sullo ‘Stato ebraico’ a una velocità circa 20 volte superiore a quella del suono. L’unica possibilità di salvarsi, in quel caso, sarebbe distruggere il missile prima del lancio.