“Sul tema dei suicidi in carcere, quello che si può fare subito è aumentare il numero delle telefonate consentite e gli orari di apertura delle celle” due misure molto semplici che potrebbero incidere in parte per mitigare la sofferenza delle persone detenute, secondo il Garante ligure dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive Doriano Saracino. Un centinaio di persone, tra volontari, avvocati, operatori, ministri di culto, poliziotti penitenziari, magistrati e cittadini hanno risposto all’appello dei garanti e si sono radunati sulla scalinata del Palazzo di Giustizia a Genova, in contemporanea a quanto avvenuto a Torino, Siracusa, Ivrea, Verona, Napoli, Lecce, Biella, Benevento, Cagliari, Crotone, Catanzaro, Brindisi e altre città. Scopo dell’iniziativa è sollevare il tema della sofferenza e dei suicidi in carcere. Sono stati letti i nomi delle 31 persone detenute che nei primi quattro mesi del 2024 si sono tolti la vita, insieme a ai nomi delle persone morte per cause ancora da accertare, e i quattro agenti di polizia penitenziaria che a loro volta si sono tolti la vita, per “non dimenticare le loro storie e il dramma delle loro famiglie”. I cartelli con i loro nomi sono stati innalzati dai partecipanti al flash mob ed è stato distribuito un appello della Conferenza nazionale dei Garanti territoriali rivolto al ministero della Giustizia, all’Amministrazione penitenziaria, ai membri di Camera e Senato, a un mese dalle dichiarazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che, ricevendo il corpo della Polizia penitenziaria aveva ribadito l’importanza di interventi urgenti per frenare l’emergenza dei suicidi in carcere. “Interventi che torniamo a sollecitare – spiega il garante regionale – perché servono segnali di attenzione a chi vive in carcere: aumento delle telefonate, misure per ridurre il sovraffollamento, miglioramento delle condizioni di detenzione, anche in vista dell’estate, che davvero rischia di essere un momento difficile. La scuola, la sanità, i volontari sono affianco all’amministrazione penitenziaria per attuare questo cambiamento, ma chi vive in carcere ha bisogno di essere visto e ascoltato, e non solo immaginato: sono uomini e donne, che portano bisogni e speranza. Nessuno di noi è solo la somma dei propri errori”.