Martedì 23 aprile sul sagrato della chiesa di San Biagio a Montepulciano si terrà il pubblico saluto alle spoglie mortali di Grazia Marchianò, una delle ultime grandi ricercatrici spirituali del Novecento. Il suo corpo è stato ritrovato, nella sua casa-biblioteca-tempio nel comune toscano, la mattina del 12 scorso.
Nella fretta dei coccodrilli giornalistici, la sua figura è stato spesso ridotta a quella di “compagna di Elémire Zolla”: sicuramente, l’incontro col grande studioso ha segnato in maniera profonda la vita della studiosa, è indubbio; è anche vero che gran parte degli ultimi anni della sua carriera sono stati dedicati, con rigorosa devozione, a curare il progetto enorme dell’opera omnia zolliana, eppure credo sia necessario riconoscere a Grazia Marchianò una profonda dignità di pensiero e ricerca indipendenti. Come disse a Repubblica qualche anno fa: “Per Zolla ho lasciato famiglia e amici ma alla fine si percorre la strada da soli”.
Parliamo di una studiosa dal curriculum prestigioso: studiosa di estetica, filosofia e religione, professoressa di estetica comparativa, storia e civilizzazione dell’Asia dell’Est all’Università di Siena-Arezzo, laurea honoris causa dall’Università di Edimburgo, autrice di diversi saggi (ricordo l’ultimo, Interiorità e finitudine: la coscienza in cammino per Rosenberg & Sellier). Ma non parliamo solo di accademia: Grazia Marchianò ha studiato sul campo, conoscendo e seguendo maestri spirituali (veri e falsi), girando tutto il mondo per studiare, confrontare, esperire le differenze e le possibili convergenze fra spiritualità occidentale e orientale.
Sono perfette le parole, nel commiato sui social, dello storico e critico d’arte Alessandro Giovanardi (“principe” dei discepoli intellettuali del grande John Lindsay Opie) per centrare la visione filosofica della cultura portata avanti con fiera eleganza dalla studiosa: “Appartenne a una costellazione di maestri che sapevano quanto, prima di ogni pensare greco, vi fosse un pensare sanscrito (e pali e tamil)”. Come correttamente ha scritto Francesco Palmieri su Il Foglio: “La lezione di Grazia Marchianò si può forse riassumere nelle parole con cui introdusse la biografia di Zolla: ‘Non sono tanto gli spostamenti nello spazio fisico, le letture sulla carta o sul video del computer, gli incontri prevedibili o imprevisti a dispensare occasioni di conoscenza, ma il modo nel quale ci si rapporta ad essi, si fanno filtrare e lievitare dentro di noi, suscitano connessioni, dischiudono orizzonti al di là dell’ovvio, istigano a dubitare e ad accendere nuove domande, senza porre limite alcuno alla fame e alla sete di cercare, indagare, apprendere, ricordare, dedurre, analizzare, argomentare, immaginare ma anche contemplare, meditare, coltivare il silenzio, espandere la consapevolezza, crescere dentro – quali che siano le circostanze in cui ci si trovi a vivere, nella buona e nella mala sorte come si diceva un tempo’.”.
Ho avuto il privilegio di conoscere Grazia Marchianò grazie alla sua cara amica Barbara Dante, il cui nome è legato alla storica Libreria Rotondi di Roma, un vero e proprio tempio intellettuale della libera ricerca esoterica che mi onoro di frequentare come divulgatore. Confesso che per anni ero rimasto distante dalla sua figura, pur avendo avuto diverse opportunità di incontrarla: il suo ruolo pubblico di austera custode degli studi zolliani, il suo aplomb apparentemente scostante mi avevano suggerito di coltivare con discrezione la mia stima. E invece, come sempre (prima lezione, quasi ovvia, in qualsiasi percorso sapienziale), l’apparenza inganna e non bisogna mai giudicare: dietro all’apparente severità, e al di là della imponente erudizione, Grazia Marchianò era di una vitalità contagiosa e di una quasi infantile giocosità. Ricordo il nostro ultimo incontro, con gli amici della Libreria Rotondi ed Edoardo Camurri, altro suo amico e ammiratore, in cui, dopo aver commentato a pochi passi dalla Porta Alchemica di Piazza Vittorio una fiaba esoterica di Zolla, ci ricordava a cena l’importanza di porre l’attenzione sullo “Sva”, in sanscrito, ovvero sul Sé, sulla dimora interiore, sull’essenza anteriore a tutte le maschere convenzionali che indossiamo.
Un’ultima, significativa coincidenza: il giorno in cui è stata diramata la notizia della sua scomparsa, Marchianò sarebbe dovuta intervenire pubblicamente a pochi minuti di distanza, proprio al Festival di Pasqua di Montepulciano, in una conversazione con Massimo Cacciari attorno all’ultimo, straordinario testo del filosofo, Metafisica concreta (una riflessione a partire dal genio di Pavel Florenskij, che così avrebbe voluto intitolare il suo opus magnum). L’incontro era stato intitolato “Musica, luce, armonia”: se da un lato nutro un ultimo rimpianto per non aver ascoltato il dialogo fra le due menti eccezionali su un tema così abissale, dall’altro sono persuaso che la studiosa abbia già raggiunto in ispiritu una dimensione pervasa dai tre aspetti spirituali che avrebbe dovuto affrontare sul piano intellettuale.
Un saluto, Grazia, ora finalmente puoi approdare nei regni che hai incessantemente esplorato con la mente e lo spirito, oltre qualsiasi illusoria dualità.