Due attacchi diretti da Stato a Stato e l’appello del G7 affinché la disputa si chiuda qui. Israele ha lanciato nella notte tra giovedì e venerdì mini droni contro una base militare dell’Iran a Isfahan, nel centro del Paese. L’operazione, a quanto pare molto limitata e senza alcuna vittima, sembra aver messo fine al momento ad una settimana ad altissima tensione in Medio Oriente, apertasi appunto con l’attacco di Teheran sabato scorso ad Israele, anche in quel caso senza gravi conseguenze. Dal regime degli ayatollah è filtrata l’intenzione di non pianificare ritorsioni immediate: anzi, l’esercito ha minimizzato la portata dell’attacco. E anche da Tel Aviv non è arrivato nessun commento né una rivendicazione ufficiale.

La questione Israele-Iran ha tenuto banco ovviamente nella giornata conclusiva della riunione dei ministri degli Esteri del G7 a Capri. La parola d’ordine ora è “de-escalation“. L’invito rivolto dal G7 a “tutte le parti” in causa in Medioriente è quello di “lavorare per prevenire un’ulteriore escalation” nell’area. “Chiediamo a tutte le parti, sia nella regione che oltre – scrivono i ministri – di offrire il loro contributo positivo a questo sforzo collettivo“. Il G7 chiede inoltre “che l’Iran e i suoi gruppi affiliati cessino i loro attacchi”, con i ministri che si dicono “pronti ad adottare altre sanzioni in risposta a ulteriori iniziative destabilizzanti“. Viene chiesto a Teheran “di astenersi dal fornire sostegno ad Hamas, agli Hezbollah libanesi e ad altri attori non statali”. Un lungo passaggio è dedicato alla situazione di Gaza, per la quale si ribadisce la necessità del “rilascio immediato degli ostaggi e un cessate il fuoco che permetta di aumentare l’assistenza umanitaria. Il rifiuto di Hamas di rilasciare ostaggi – viene sottolineato – non fa altro che prolungare il conflitto e la sofferenza dei civili”. Ma un monito chiaro arriva anche per Israele: “Ribadiamo – si legge – la nostra opposizione a un’operazione militare su vasta scala a Rafah, che avrebbe conseguenze catastrofiche sulla popolazione civile”.

Teheran – nonostante nella notte abbia chiuso lo spazio aereo – ha minimizzato gli effetti del raid ed ha messo anche in dubbio sia stato direttamente lo Stato ebraico a metterlo a segno. Israele da parte sua non ha rivendicato i fatti di Isfahan, né li ha commentati ufficialmente. Anche gli Usa si sono tirati fuori. “Non siamo coinvolti – ha detto il segretario di Stato Antony Blinken – in alcuna operazione offensiva. Quello che posso dire è che stiamo lavorando alla de-escalation. Non voglio dire altro, non siamo stati coinvolti”. Fonti dell’amministrazione Usa hanno fatto trapelare ai media americani che la Casa Bianca era stata avvisata dell’attacco, “ma non eravamo d’accordo.

Secondo le ricostruzioni più accreditate, sono stati tre i mini droni lanciati – attorno alle 4 italiane e nel giorno dell’85esimo compleanno della Guida suprema Ali Khamenei – verso la base di Isfahan, importante centro militare e nucleare del Paese. Alcuni media, come il Jerusalem Post, hanno parlato di missili a lunga gittata ma non c’è alcuna conferma su questo punto. Dopo poco meno di tre ore l’allarme è terminato, l’Iran ha riaperto lo spazio aereo e sono ripresi i voli dall’aeroporto di Teheran. “I micro veicoli aerei – ha annunciato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian – sono stati abbattuti senza causare vittime o danni. I media filo israeliani – ha aggiunto – hanno tentato di rendere una vittoria il loro fallimento ed esagerare la questione”. Poi ha ammonito che l’Iran è pronto a colpire duramente “il regime di Israele se commettesse ancora volta un grave errore“.

Decisamente meno chiare le circostanze dell’operazione. Un membro della Commissione parlamentare per la sicurezza nazionale, Shahriar Heidari, ha fatto sapere che gli oggetti volanti presi di mira dal sistema di difesa iraniano erano “mini droni di sorveglianza americani o israeliani“. Mehdi Toghyani, membro del parlamento iraniano di Isfahan, ha invece affermato che il “tentativo disperato” di Israele è stato compiuto con “l’aiuto di agenti locali” ma “è fallito”. Anche analisti citati dalla tv di Stato iraniana hanno sostenuto che i mini droni abbattuti dalle difese aeree iraniane a Isfahan erano pilotati da ‘infiltrati’ dall’interno dell’Iran. Mentre il comandante in capo dell’esercito iraniano, Abdolrahim Mousavi, ha addirittura definito “assurdi” i rapporti che attribuiscono ad Israele il raid a Esfahan, sostenendo che le esplosioni erano dovute all’abbattimento di “oggetti volanti“.

Pochissime le reazioni in Israele, dove non ci sono state conseguenze all’attacco e dove l’esercito non ha deciso alcun cambiamento di regole per i cittadini. Una fonte israeliana si è limitata a riferire al Washington Post che il blitz a Isfahan “è un segnale all’Iran” sul fatto che “Israele ha la capacità di colpire all’interno del Paese“. L’unico commento ufficiale è stato quello del ministro della Sicurezza nazionale, il falco di ultradestra Itamar Ben Gvir, che ha definito “moscia” la presunta reazione del suo Paese al lancio di 300 droni e missili iraniani una settimana fa, attirandosi le critiche dell’opposizione al governo di Benyamin Netanyahu.

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