È stata chiusa l’inchiesta sulla “vecchia” gestione della Banca Popolare di Bari. I finanzieri del Comando provinciale di Bari hanno notificato avvisi di conclusione delle indagini preliminari, emessi dalla Procura nei confronti di 88 persone per truffa aggravata. Si tratta dei vertici della vecchia gestione della BpB e dei responsabili delle filiali dell’istituto di credito. Tra questi Marco Jacobini, presidente del Cda, suo figlio Gianluca, dg assieme a Vincenzo De Bustis Figarola, l’Ad Giorgio Papa e il funzionario Gianluca Bonerba. I primi tre sono definiti negli atti “determinatori del disegno criminoso” messo in atto con direttive e delibere che risalgono anche a 10 anni fa. Sono indagati in concorso tra loro, in relazione alle loro rispettive funzioni, per truffa, per un importo complessivo di oltre 8 milioni di euro per avere indotto clienti della banca, raggirandoli, ad acquistare prodotti finanziari illiquidi e a elevata rischiosità emessi dallo stesso istituto di credito.

L’operazione costituisce l’epilogo dell’attività di indagine scaturita dalle querele presentate nel tempo da 176 persone che, stando a quanto contestato, sarebbero state “indotte, mediante artifizi e raggiri, nonché approfittando della particolare situazione di vulnerabilità, all’acquisto di prodotti finanziari cosiddetti illiquidi e ad elevata rischiosità emessi dall’istituto bancario”. Le investigazioni hanno permesso di accertare che gli indagati non avrebbero fornito agli investitori notizie appropriate per effettuare consapevolmente le proprie scelte di investimento, violando altresì i regolamenti Consob. Tra le contestazioni agli indagati vi sono la manipolazione del questionario di profilatura del rischio al fine di collocare strumenti finanziari inadeguati alle caratteristiche e agli obiettivi dei clienti; l’omissione della raccolta di tutte le informazioni necessarie per valutare gli obiettivi di investimento della clientela.

Secondo il procuratore Roberto Rossi, gli indagati hanno indotto i clienti, raggirandoli, ad acquistare prodotti finanziari illiquidi e ad elevata rischiosità emessi dalla banca facendo credere loro che stavano acquistando titoli a basso rischio e facilmente liquidabili. La BpB, dopo il crac provocato dalla gestione di Marco Jacobini, che è al centro di numerose indagini, è stata rilevata da Mediocredito centrale, si chiama Banca del Mezzogiorno (Bdm) ed è estranea ai fatti.

Gli accertamenti hanno permesso di stabilire che gli indagati non avrebbero fornito agli investitori notizie corrette per consentire loro di fare consapevolmente le proprie scelte di investimento. In particolare, avrebbero violato le disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, anche di natura regolamentare emanate dalla Consob. Tra le contestazioni mosse agli indagati la manipolazione del questionario di profilatura del rischio e l’omissione della raccolta di tutte le informazioni necessarie per valutare gli obiettivi di investimento della clientela. Ma c’è di più. Gli indagati non avrebbero consegnato ai clienti tutta la documentazione prevista dalla legge; non avrebbero comunicato nulla sulla natura illiquida e particolarmente rischiosa del titolo, non negoziato su mercati regolamentati; e avrebbero predisposto un questionario di profilatura che agevolava l’attribuzione all’investitore di un profilo di rischio sintetico medio/medio-alto, adeguato al collocamento di azioni proprie della BpB. Infine avrebbero trattato gli ordini di vendita dei titoli in palese violazione della parità dei soci con conseguente impossibilità di vendere le azioni.

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