Lo slogan principale di questo sciopero globale è “Riprendiamoci il Futuro”, un grido collettivo promosso dal movimento ambientale Fridays For Future Italia. Lo slogan si basa su tre punti: una transizione ecologica intersezionale, una resistenza contro gli interessi contro delle multinazionali petrolifere e l’impatto ambientale generato dai recenti conflitti armati.
1. Il primo punto sottolinea la necessità di avviare e di costruire una transizione ecologica della quale possa beneficiare qualsiasi gruppo sociale, in particolare quelli marginalizzati. Dunque, si richiede una progettazione di politiche ambientali che partano dal basso in modo che i gruppi e le categorie sociali più emarginate possano trarre vantaggio da una transizione che rispecchi gli interessi di una comunità. Si richiede l’adozione di politiche ambientali intersezionali le quali favoriscono sia la sostenibilità ambientale che la giustizia sociale.
2. Il secondo punto è quello di contrastare gli interessi delle multinazionali petrolifere nell’agenda politica e civica. Un report redatto da Greenpeace e Recommon “Le sei zampe sulle scuole e sull’università” illustra che la multinazionale Eni finanzia una serie di seminari e corsi di formazione riservati ai docenti, corsi riconosciuti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, su come trattare il tema della crisi climatica nelle classi. Questi corsi non accennano ad alcun riferimento alla responsabilità delle multinazionali petrolifere sulle conseguenze del riscaldamento climatico. Il report riporta che Eni ha una serie di accordi di ricerca, collaborazioni e di tirocini con la metà delle università; le condizioni di questi accordi rimangono ancora sconosciute in quanto le amministrazioni universitarie si sono rifiutare di divulgarle.
La medesima multinazionale stanzia fondi di ricerca, di borse di studio di dottorato e di corsi di laurea. Questa situazione è stata permessa principalmente a causa di un costante disinvestimento da parte dei vari governi italiani nel settore delle università e della ricerca, di conseguenza le università pubbliche si sono rivolte ai privati per avere maggiori fondi. Questo ci porta alla necessità di ripensare come contrastare collettivamente queste tecniche di lobbying.
3. Come abbiamo ribadito sulla nostra pagina Instagram, noi di FFF sosteniamo il popolo palestinese e reclamiamo la necessità di un immediato cessate il fuoco. Prima di approfondire, vorremmo fornire una illustrazione generale sull’impatto ecologico e sociale che generano i conflitti armati. Un articolo di GeoPop ci illustra come tendenzialmente gli ordigni esplosi e inesplosi rilascino massicce quantità di polveri sottili e di CO2, che inquinano suolo e falde acquifere, e come i territori vengano intenzionalmente disboscati per favorire il passaggio di carri armati e operazioni militari via terra.
Il centro israeliano di informazione dei diritti umani nei territori occupati B’tselem ha riportato molteplici episodi, attraverso report e pubblicazione di articoli, che illustrano come piantagioni di ulivi e di viti vengano distrutte nell’area della West Bank da parte dell’esercito o dei coloni e come l’esercito e le aziende private esercitino un monopolio sull’utilizzo e sulla distribuzione dell’acqua nella medesima area. Un comunicato di stampa di GenocideWatch, pubblicato il 15 ottobre del 2023, enuncia che a partire dal 7 ottobre sia Hamas che Israele stanno commettendo una serie di crimini di guerra. Il comunicato stampa “Genocide Watch Recommendations of 2024” redatto della medesima Ong ci illustra il passaggio da Warning State, registrato nel loro ultimo report del maggio 2023, ad Emergency State. Significa che è in corso un genocidio (questa segnalazione è assegnata basandosi sulla definizione giuridica di genocidio fornita dalla Convenzione Onu di Prevenzione e Punizione di Crimini di Genocidio. Inoltre, la Ong riporta anche pratiche simili al genocidio come l’omicidio di massa di politici).
Concludendo, gridiamo ancora “Riprendiamoci il futuro”, per chiedere alle istituzioni politiche un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e per richiedere un intervento pubblico che promuova una transizione ecologica a beneficio in particolare di gruppi sociali marginalizzati.