Libri e Arte

Lucy, la rivista multimediale di arte e cultura: dai Baustelle ad Annie Ernaux, l’identità caleidoscopica del progetto

Ilfattoquotidiano.it è andato a conoscere la redazione di Lucy, una rivista multimediale che si occupa di cultura, arti e attualità

Durante il periodo della pandemia, mentre tutti sono chiusi nelle proprie case, Maddalena Cazzaniga, Nicola Lagioia e Giorgio Gianotto discutono a distanza. Matura in loro una necessità: creare una rivista di approfondimento culturale che sia anche un ponte generazionale e che diventi in futuro una comunità capace di riprendersi gli spazi sociali. Gianotto e Lagioia ci pensano da tempo, e decidono di parlarne anche con Paolo Benini, già editore di Add. Il presupposto è chiaro: nonostante il panorama dei magazine in Italia sia florido ed eterogeneo, manca una realtà che riesca a unire in modo organico l’approfondimento verticale e una forte presenza sui social. Così scelgono di coinvolgere Irene Graziosi, allora co-fondatrice e autrice del format Venti. “Lei si occupava già di tematiche culturali e letterarie e inoltre possedeva una familiarità con il linguaggio social che noi probabilmente abbiamo meno, essendo più vecchi (ride, ndr)”, racconta a Ilfattoquotidiano.it Cazzaniga. “Quando ha deciso di imbarcarsi in questa avventura, con lei abbiamo chiamato tutti gli altri colleghi: non abbiamo fatto colloqui, si è innescata una catena di stima e di amicizia, che ci ha permesso di creare un gruppo coeso”. E così da febbraio del 2023 esiste Lucy, che come nella canzone dei Beatles è una ragazza con gli occhi caleidoscopici, capace di far coesistere Annie Ernaux e i Baustelle, i meme di “Filosofia coatta” e le lezioni di Telmo Pievani e Vito Mancuso. A dirigerla è Lagioia, scrittore e direttore del Salone internazionale del libro di Torino dal 2017 al 2023, che ogni mese su Lucy scrive e conduce il podcast Fare un fuoco.

Proprio di fronte alla stazione Centrale di Milano, lì dove la città cambia faccia ad ogni via e ad ogni ora, e dove i 24 binari del polo ferroviario fanno sembrare le distanze dal capoluogo lombardo facilmente colmabili, sorge un palazzo milanese tra tanti palazzi milanesi, grigio come solo chi non conosce Milano può immaginare siano tutti i suoi palazzi. Al suo interno, però, c’è una casa invasa dalla luce. Una casa che è anche una redazione e un porto sicuro dove un gruppo di amici e colleghi ogni giorno dà vita ad articoli, video, podcast ed iniziative culturali. Una casa in cui si fanno interviste, si legge e si scrive, si realizzano progetti e si riflette su come accendere le “luci sulla cultura”, e in cui c’è tutto, dal bagno alla camera da letto, dalla sala riunioni alla cucina. Così, quando si varca l’ingresso della redazione, l’impressione è di essere ospiti in casa d’altri, un luogo con una forte identità, l’opposto dell’ufficio non-lieu. E pur essendo ospiti invitati, ci si percepisce indiscreti in un luogo privato, protetto e intimo. Ad accogliere e guidare l’ospite ci pensa però Maddalena Cazzaniga, la responsabile comunicazione e relazioni esterne, che ama definirsi “la zia di Lucy” e che racconta: “Siamo affezionati a questa redazione, è la prima che abbiamo avuto e non l’avevamo immaginata così, pensavamo a un open space in stile industrial… eppure ora non sapremmo vederci in un luogo diverso da questo”.

Il carattere precipuo di Lucy è il polimorfismo: dai Podcast ai video su Youtube, dai meme sui social agli articoli letterari, filosofici o di attualità, la vocazione è onnivora e totalizzante. “Tutti noi leggiamo tanto, libri, altre testate, altre realtà culturali. Siamo persone affamate che sentivano l’esigenza di scoprire e offrire in un unico luogo contenuti di qualità. Io stessa ogni giorno imparo qualcosa, grazie a Lucy“, svela Maddalena. Una vocazione che già contraddistingue il sito e i canali della rivista, ma che la vice-direttrice Irene Graziosi spera cresca negli anni: “Personalmente mi piacerebbe che ci aprissimo sempre di più, fino a creare un universo in cui la gente può entrare, perdersi e poi ritrovarsi”. Con l’idea che la comunicazione online non sia necessariamente condannata alla velocità, alla sovraproduzione e alla rinuncia ai temi alti: “La spinta innovativa e decisiva per noi che abbiamo scelto di unirci al progetto è stata l’idea di creare e poi sviluppare una struttura multimediale, unendo così la rivista culturale tradizionale alle startup digitali e social, andando però a pescare da una serie di buone pratiche a cui tenevamo anche come fruitori: video lunghi su YouTube, interviste lunghe, lezioni scientifiche e culturali in video, che chiaramente richiedono sia uno sforzo produttivo maggiore per realizzarle, sia una maggiore attenzione da parte degli utenti. È stata una scommessa ardita, ma i buoni risultati ci hanno dato la conferma che probabilmente c’era una lacuna nel mondo digitale italiano”, racconta Giada Arena, creative strategist e autrice.

Perché non è detto che ci debba essere soluzione di continuità tra contenuti social e approfondimento, tra tematiche pop e cultura ‘alta’, se a intrecciare i vari fili dell’ordito ci sono criteri di scelta editoriale consapevoli e di qualità. “Spero che il tono di voce di Lucy sia amichevole, e che pur nella sua serietà non tenga fuori le persone, ma le inviti a entrare”, spiega Graziosi. “Per capire cosa volevamo siamo andati a vedere come erano fatti Atlantic, The New Yorker, New York Times Magazine. Ogni mese c’è un monografico con un tema che scegliamo tutti insieme (a maggio sarà il cibo, a giugno il desiderio, ndr). Sul tema del cibo, ad esempio, è stato divertente lavorare perché nessuno di noi è particolarmente appassionato, quindi ci siamo dovuti chiedere cosa ci interessasse davvero scoprire, e poi di conseguenza abbiamo capito a chi rivolgerci per commissionare gli articoli. Anche in questo caso sono andata a vedere cosa fanno i giornali esteri, per scoprire su cosa si interrogano. Apprezzo la possibilità di parlare non solo di cultura o di temi alti, ma anche di argomenti vicini o attuali, affrontandoli però sempre in modo filosofico e autoriale”. Un’eterogeneità di temi a cui corrispondono un’eterogeneità di pubblico e una varietà di canali e contenitori mediatici.

Lucy ha poco più di un anno e il fermento e l’entusiasmo degli inizi, ma anche la solidità e la visione di un progetto strutturato. “Quando il primo febbraio 2023 è partito tutto avevamo già due mesi di piano editoriale: eravamo pronti. Senza snobismo, ma seri, e mostrando subito di avere un contenuto che secondo noi mancava altrove o che comunque non veniva espresso in questo modo”, sottolinea Maddalena. Un piano editoriale che investe ogni canale, che è aperto a stimoli e suscettibile di mutamenti, ma mantenendo sempre una precisa identità. L’obiettivo è non arrendersi supinamente ai contenuti rapidi e alla sclerotizzazione dei format online, senza però mai rinunciare al potere democratico dei canali social: “È possibile sfruttare i social senza perdere una propria identità. Sarebbe elitario, secondo me, rinunciarvi, significherebbe rivolgersi soltanto alla propria bolla, ma non è questa la missione di una rivista che fa divulgazione e approfondimento culturale. Io credo profondamente nella democratizzazione della cultura, e penso che la divulgazione online, se fatta bene, possa fare ciò che in un quartiere periferico e in contesti socio-economici complessi fanno le biblioteche pubbliche. La missione è uscire dalle bolle, bucarle e spingersi oltre i limiti algoritmici”, spiega Giada Arena. Che suggella la sua riflessione con una speranza che non riguarda solo Lucy, ma tutto il mondo della comunicazione: “Le piattaforme cambiano velocemente e non so dire come saranno da qui a qualche anno, ma ciò che spero è che ci sia sempre più un ritorno ai formati lunghi e complessi. Spero in futuro si trovi un equilibrio tra l’intrattenimento ‘snack‘ da zapping, come quello di Tik Tok, che è legittimo e ha senso esista, e i formati di approfondimento, che proprio grazie a Internet possono arrivare a tutti”.