Il 14 aprile 2024 è stata approvata dal consiglio comunale di Torino una modifica del Regolamento relativo al fumo di tabacco che ne ha esteso il divieto (variamente modulato) anche all’aperto in situazioni di potenziale assembramento, quali plateatici, fermate bus, code di attesa, parchi e manifestazioni. Si tratta di una decisione che in vero riconosce molti precedenti ma che soprattutto s’inscrive nella traiettoria di uno storico percorso anti-fumo avviato in Italia all’inizio degli anni 60 con il divieto di pubblicizzazione delle sigarette, poi a metà degli anni 70 con quello di consumo in alcuni locali pubblici che divenne pressoché totale nel 2003 con la cosiddetta “Legge Sirchia” (l’allora ministro della Salute), per arrivare nel 2013 ad estendersi anche ad alcune pertinenze esterne delle aree scolastiche e successivamente nel 2016 a quelle ospedaliere e universitarie, mentre nel 2015 il divieto raggiunse per la prima volta spazi privati come l’auto in presenza di bambini e donne in gravidanza.
L’Oms ricorda che ogni anno il fumo di tabacco produce oltre 8 milioni di morti di cui più di 1 milione non fumatori, ma esposti in gran parte al solo fumo passivo. Tra questi 51mila bambini. Accanto ai decessi per malattie cardiovascolari, respiratorie e oltre 20 tipi di cancro, vanno menzionati gli effetti dannosi della nicotina sullo sviluppo cerebrale degli adolescenti. A tutto ciò si aggiunge il danno ambientale provocato dalla dispersione di oltre 700mila tonnellate/anno di mozziconi di sigarette che costituiscono un concentrato di sostanze tossiche e microplastiche in grado di entrare nel circuito alimentare e quindi d’impattare una terza volta sulla salute.
Lo studio sul Global Burden of Disease pubblicato sul Lancet nel 2017 evidenzia che, nonostante la prevalenza di fumatori a seguito delle più comuni politiche anti-fumo si sia ridotta nel mondo, il 19% degli uomini ed il 33% delle donne, per un totale di quasi 2 miliardi di persone tra cui 500 milioni di bambini, continuano ad essere esposti a fumo passivo. In ragione della costante crescita della popolazione mondiale, il numero dei fumatori supera 1 miliardo.
Uno studio caso-controllo multicentrico condotto su 21 Paesi del mondo ha dimostrato come la più alta esposizione a fumo passivo sia correlata al basso reddito ed al genere femminile perché le donne hanno una maggiore probabilità rispetto agli uomini di vivere con un fumatore. Il ciclo delle disuguaglianze si perpetua così con bambini più poveri che soffrono maggiormente di patologie respiratorie dando luogo a compromissioni sistemiche dello stato di salute che perdurano nel tempo riducendo drasticamente l’aspettativa di vita. Si tratta di dati che si sono affinati nel tempo, perché accanto all’informazione grezza sull’esposizione a fumo passivo raccolta tramite questionario, si sono aggiunte misurazioni delle polveri sottili specifiche della combustione del tabacco, della nicotina areo-dispersa e biomarcatori come la cotinina nella saliva (metabolita della nicotina). Una meta-analisi di 18 studi condotti in Europa, Nord-America e Nuova Zelanda hanno dimostrato una riduzione del 13% d’infarto cardiaco in popolazioni che erano state sottoposte ad una legislazione antifumo. Tuttavia l’eterogeneità dei provvedimenti e della loro effettiva adozione espongono il risultato ad una certa incertezza interpretativa.
Di particolare interesse quindi lo studio di recente pubblicazione (2023) sul British Medical Journal Global Healt “Association between the extension of smoke-free legislation and incident acute myocardial infarctions in Singapore from 2010 to 2019: an interrrupted time-series analisys” che ha verificato l’ipotesi di una correlazione tra estensione delle leggi anti-fumo in aree all’aperto e riduzione dell’incidenza d’infarto cardiaco durante un decennio a Singapore.
In questa città infatti è operante una legge sul controllo del tabacco tra le più radicali e severe del mondo che ne prevede rigorose verifiche di applicazione e pesanti sanzioni, per altro effettivamente comminate. Il divieto di fumo è stato progressivamente esteso a tutte le aree comuni dei blocchi residenziali privati, collegamenti, ponti sopraelevati, parchi di quartiere e nel raggio di 5 metri dalle fermate dei bus, oltre a tutti gli edifici pubblici.
I 134mila casi d’infarto cardiaco occorsi nel decennio 2010-2019 in una popolazione di oltre 5 milioni e mezzo di abitanti, che hanno coinvolto per il 66% uomini e per il 60% over 65 anni, sono stati invece oggetto di una accurata registrazione e, per questo studio, anche di ulteriore validazione diagnostica. Ciò per sottolineare come l’alta qualità informativa sia dell’esposizione a fumo passivo che della patologia bersaglio abbia reso possibile superare in buona parte le criticità emerse nella metanalisi degli studi condotti in Occidente, anche se alcuni importanti fattori di confondimento, come lo status socio-economico e l’inquinamento di fondo dell’aria, non sono stati controllati. Tuttavia, assumendo ragionevolmente che tali fattori di confondimento non abbiano subito una diversa ripartizione nel tempo tra infartuati e non-infartuati, il tasso d’incidenza d’infarto cardiaco nel decennio considerato si è ridotto dallo 0.9 x milione allo 0.6 x milione, a seguito dei provvedimenti di contrato al fumo passivo. In particolare, la riduzione del tasso degli over 65 anni è stata fino a 15 volte maggiore rispetto ai soggetti più giovani. Tradotto in guadagno di salute, dopo l’adozione di questa legge anti-fumo si sono evitati oltre 2mila casi d’infarto cardiaco.
Si tratta di un risultato che rafforza complessivamente l’evidenza dell’efficacia dei provvedimenti contro l’esposizione a fumo passivo all’aperto e quindi incoraggia le decisioni politiche di prevenzione verso questa direzione. Non bisogna inoltre dimenticare l’importante “effetto alone” che il divieto di fumo induce sui comportamenti collettivi, rendendo socialmente meno accettabile fumare e soprattutto riducendo la visibilità al fumo dei bambini che si modellano sullo stile di vita degli adulti. La riduzione dell’opportunità di fumare, oltre che limitare l’esposizione, favorisce certamente gli sforzi per smettere di fumare, nella consapevolezza che le azioni umane non si fondano sempre sulla razionalità delle valutazioni, e certamente non solo rispetto al pericolo del fumo di tabacco. Bene lo sanno le corporation del tabacco che rivolgendosi soprattutto ai giovani cercano di promuovere nuove e diverse forme di consumo facendole apparire più “cool”, come l’uso della sigaretta elettronica.