Prima di Julian Assange, il mondo ha conosciuto Mordechai Vanunu. Giornalista il primo – ora agli arresti in Inghilterra in attesa di una estradizione negli Usa che, chissà, magari i giudici inglesi avranno il coraggio di negare – tecnico addetto alla centrale nucleare israeliana di Dimona l’altro. Entrambi sono due irriducibili whistleblower che hanno pagato duramente le loro scelte etiche.
Vanunu nel 1986 decise di rivelare al mondo che sì, è vero che Israele possiede l’arma nucleare, che sotto la centrale sperduta del deserto del Negev dove lui si recava ogni giorno a lavorare si trovava una fabbrica con plutonio sufficiente per produrre 200 armi atomiche. Erano stati i francesi negli anni 50 a confidare ad Israele i segreti militari dell’atomo ma la tacita convezione era di non dirlo pubblicamente. Anche se tutto il mondo lo ha sempre saputo.
Dunque Vanunu, dopo un tormentato esame di auto-coscienza, prese accordi con il Sunday Times di Londra dove si recò per essere intervistato sulle sue preziose informazioni, proprio mentre le spie del Mossad seguivano i suoi movimenti. Perché non lo fermarono prima: ormai era fatta, fermare una rotativa non è come oggi buttare le copie di un giornale già stampato (come fa Molinari)… e poi un po’ di pubblicità non guasta mai poi. Lo lasciarono fare, dunque, e poi chiesero all’allora capo del governo di sua Maestà (era la Thatcher) se la disturbasse una operazione per rapire il loro tecnico. La signora di ferro rispose che non se ne parlava proprio, che non voleva grane in casa sua, si rivolgessero agli italiani che erano più laschi.
Fu così che i servizi di Tel Aviv architettarono un piano incredibile con il benestare delle autorità di Roma (allora a capo del governo era Bettino Craxi): fecero adescare l’ingenuo Mordecai da una bionda di nome Cindy che lo invitò a passare con lei un paio di giorni nella città eterna. Candidamente perso negli occhi dell’avvenente spia, Vanunu partì, trovando gli israeliani ai piedi dell’aereo sulla pista di Fiumicino. Messo in una macchina venne rapito e rispedito in Israele. Se fosse solo una spy-story sarebbe avvincente ma non è così. Iniziò il suo dramma: incarcerato in una prigione di massima sicurezza é stato rinchiuso in un lungo, totale isolamento, rilasciato dopo diciotto anni ma mai uomo libero perché sottoposto a crudeli regole: senza passaporto, con il divieto di avvicinarsi a meno di 500 metri da un porto o da un aeroporto, dalle ambasciate o dalle auto del corpo diplomatico o di incontrare un cittadino straniero senza autorizzazione.
Insomma, si aprirono per Mordecai le porte dell’inferno con una persecuzione vendicativa senza fine, metodo che oggi vediamo applicato su larga scala tra le strade di Gaza. Vanunu non è stato solo: come per Assange, fondatore di Weakileaks che ha rivelato come la santa alleanza occidentale fa le sue guerre di dominio, un largo movimento di solidarietà lo sostenne, chiedendo la sua liberazione e il disarmo dell’area mediterranea. Egli non agì per interesse personale né si offrì al mercato spionistico: la sua fu una scelta etica che poneva il mondo di fronte ai rischi della proliferazione nucleare.
La sua lezione è attualissima: se Israele non avesse scelto la postura del gendarme rispetto ai suoi vicini, se avesse scelto la via pacifica, riconoscendo l’esistenza del popolo palestinese, sarebbe stata possibile una pacifica e civile convivenza nella stessa terra. Se si fosse aperto il dossier del disarmo, invece di aprire la competizione per la potenza guida regionale, oggi non assisteremmo a questa orribile escalation bellica, cavalcata da radicalismi religiosi. Forse avremo anche una Organizzazione delle Nazioni Unite in grado di fermare chi commette crimini. Invece il dossier sul nucleare non venne mai aperto, anzi, per starne proprio alla larga, Israele ha sempre continuato a negare di possederlo, bandendo il tema stesso da ogni dibattito.
Vanunu è un uomo semplice, un israeliano testardo, un sognatore che si lascia prendere la mano da Cindy, credendo che lei voglia proprio lui, e che non vuole avere sulla coscienza il peso di un segreto atomico, consapevole che si tratta di un affare che deve riguardare i popoli. Tutti i popoli.
Nel 2012 il premio Nobel tedesco Gunther Grass elogiò Vanunu in una raccolta di poesie titolata Effimeri. I versi dedicati al nostro uomo si intitolano Un eroe dei nostri tempi e viene descritto come un ”esempio” da seguire. come un “modello”, egli “sperava di servire il suo paese svelando la verità”, ha scritto Gunter Grass. Ma così facendo ha fatto molto male ad un potere arrogante e totalitario che si è rivalso con accanimento, anche per stroncare ogni emulazione. Proprio come è accaduto ad Assange un trentennio dopo.