Ragazzi picchiati mentre erano ammanettati, celle specifiche per i pestaggi, sacchetti di sabbia per non lasciare segni, abusi durati ore. È un quadro infernale, “di inaudita violenza” quello che hanno descritto i pm della procura di Milano che, in conferenza stampa, hanno raccontato i dettagli dell’ennesima inchiesta su abusi e violenze dietro le sbarre. Questa volta però la struttura è l’istituto minorile di Milano Cesare Beccaria. Ed è la prima volta.

L’inchiesta ha portato a 21 misure cautelari: tredici agenti della Polizia penitenziaria sono stati arrestati, per altri otto il giudice per le indagini preliminari ha disposto la sospensione. Sui detenuti minori del Beccaria di Milano ci sarebbero state reazioni di “inaudita violenza” e “pestaggi” anche con “bastoni” e i “ragazzi ammanettati” con le mani dietro la schiena. Per picchiare sarebbero stati utilizzati metodi “tali da non lasciare il segno” come ad esempio dei “sacchetti di sabbia”. I detenuti hanno raccontato delle mani dietro la schiena perché con le manette davanti avrebbero comunque potuto difendersi. Sono una cinquantina gli agenti in servizio al Beccaria. Tra gli indagati anche un comandante della Polizia penitenziaria del Beccaria è destinatario della misura con l’accusa di falso. Per gli inquirenti ha “agevolato, contribuito, favorito e coperto le condotte violente” relative ai “ripetuti maltrattamenti” da parte degli agenti di penitenziaria sui detenuti minorenni “anche attraverso false relazioni di servizio”.

L’ex comandante indagato – Secondo la gip è emerso che l’ex comandante abbia “sempre ‘sistemato’ le relazioni di servizio in modo da evitare che gli agenti incorressero in responsabilità penali e disciplinari”. In particolare secondo il capo d’imputazione delle pm Rosaria Stagnaro, Cecilia Vassena e l’aggiunta Letizia Mannella sarebbe stato “consapevole del metodo violento” attuato dai “suoi sottoposti” e avrebbe attestato “condotte” false a carico di 4 detenuti negli episodi del 18 novembre e 22 dicembre 2022, 9 e 10 novembre 2023, contestati poi dai pm come maltrattamenti aggravati e torture. Tra gli atti raccolti anche un’intercettazione del 9 marzo 2024 fra due agenti coinvolti nell’indagine. “Non li ha mai dati gli atti alla polizia giudiziaria”, si dicono. “No, no, ma infatti.. no, stà cosa non gliel’ha mai fatta vincere, mai. Questo è sicuro”, la risposta.

I reati contestati – L’elenco delle contestazioni è lungo e impressionante: maltrattamenti in danno di minori, anche mediante omissione, aggravati dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di tortura, anche mediante omissione, aggravato dall’abuso di potere del pubblico ufficiale nonché dalla circostanza di aver commesso il fatto in danno di minori; concorso nel reato di lesioni in danno di minori, anche mediante omissione, aggravate dai motivi abietti e futili, dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di falso ideologico ed infine una tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto”.

Le misure – A eseguire le misure la Polizia di Stato e il Nucleo Investigativo Regionale per la Lombardia della Polizia Penitenziaria. I reati, contestati a vario titolo, riguardano fatti a partire almeno dal 2022 e, secondo quanto riporta la nota della Procura di Milano, “ad oggi e reiterate nel tempo nei confronti di diversi detenuti di età minore”. In totale sono 25 gli indagati, la metà dell’organico dell’istituto.

L’ufficio in cui avvenivano le violenze – C’era un “ufficio” di un agente in particolare “in cui sono avvenuti parte di questi fatti” e poi, quando al Beccaria “ci sono stati lavori di ristrutturazione”, sono state “individuate altre celle, definite dai ragazzi di isolamento, celle prive di telecamere” dove avvenivano le presunte torture e i pestaggi ha spiegato la pm di Milano Rosaria Stagnaro nella conferenza stampa. L’aggiunta Letizia Mannella ha spiegato che gli agenti avrebbero usato anche “sacchetti tipo di sabbia per picchiarli, perché non lasciassero tracce. C’era un clima invivibile – ha detto -. I ragazzi sapevano che in qualsiasi momento potevano essere picchiati e che non potevano denunciare perché le circostanze sarebbero state insabbiate”.

La ritorsione – C’è anche una “ritorsione”, andata avanti per “una sera e per tutto il giorno successivo” con una “sequenza di violenze” da parte degli agenti, tra i fatti contestati. La “ritorsione”, come chiarito dagli inquirenti, sarebbe scattata dopo una presunta tentata violenza sessuale ai danni di un detenuto minorenne. “Da quel tentativo di contatto – ha chiarito il pm Stagnaro – è seguita un’aggressione, come risposta, nei confronti dell’agente e poi il primo ragazzo e un altro in cella con lui sono stati aggrediti dagli agenti come ritorsione”. Il tutto con una “sequenza di violenze”. Si è trattato, ha aggiunto Vassena, di “uno degli episodi più violenti, andato avanti sia la sera del fatto che il giorno successivo“. E di “uno dei casi segnalati” dal dipartimento della giustizia minorile e che ha portato, poi, al trasferimento in un altro penitenziario di un ragazzo.

Come è nata l’indagine – L’indagine, partita da alcune segnalazioni, pervenute all’Autorità giudiziaria anche attraverso il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, “è stata sviluppata attraverso diversi servizi tecnici di intercettazione e acquisizione di telecamere interne all’istituto, che hanno permesso di raccogliere indizi di reato per diversi episodi di violenze ai danni dei minori ristretti”.

L’inchiesta nasce dalle presunte omissioni nelle torture ad un 17enne nell’agosto del 2022, per cui, poi, erano stati arrestati tre giovani. Un fatto, quello delle torture ai danni del 17enne, che lo scorso marzo ha portato alla condanna con rito abbreviato a 8 anni per un 19enne ivoriano, Gnagne Lath, detto ‘Nesco’, con già un precedente per tortura alle spalle e che era stato arrestato in passato in un’inchiesta sulla crew dei trapper Simba La Rue e Baby Gang. Lath fu arrestato nel dicembre 2022 per tortura, violenza sessuale di gruppo e lesioni perché, assieme a due minori, inflisse ad un 17enne, che era detenuto con i tre giovani nel carcere minorile Beccaria, “con crudeltà” gravi “e reiterate violenze” e un “trattamento inumano e degradante”.

Tra l’altro, già nelle motivazioni della sentenza si parlava di un oggetto usato per le torture dai giovani, sequestrato ma sul quale non erano state rinvenute “tracce ematiche”. Nel processo, scriveva il gup Cristian Mariani, si è ventilata anche “la probabilità” di “una manovra di ‘depistaggio’, finalizzata a rimuovere i sospetti di omesso controllo da parte degli agenti di turno la notte dei fatti”. Inoltre, da quanto si è saputo, le indagini hanno preso le mosse anche a seguito degli accertamenti, coordinati per questa tranche dal pm Cecilia Vassena, dopo le evasioni di sette minorenni dal Beccaria la sera di Natale dello scorso anno.

Antigone – “Ci auguriamo che le indagini facciano chiarezza su quanto sarebbe accaduto. È una buona notizia, nonché uno dei lasciti positivi della legge che punisce la tortura, che sta rompendo anche il muro di omertà che spesso si registrava, che il caso sia emerso anche con il contributo diretto dell’amministrazione penitenziaria. Da tempo come Antigone denunciamo – dichiara Susanna Marietti, coordinatrice nazionale e responsabile dell’osservatorio minori di Antigone – tensioni e malfunzionamenti nell’ambito delle carceri minorili, così come avevamo avuto modo di raccontare approfonditamente nel recente rapporto ‘Prospettive minori’ presentato lo scorso mese di febbraio”.

“In particolare avevamo denunciato il clima interno teso di quel carcere in particolare il sovraffollamento, i lavoro di ristrutturazione che durano da anni e limitano gli spazi per le attività, la carenza di personale educativo e direttori cambiati ripetutamente nel corso di pochi anni. La risposta di fronte a questa indagine, la prima che riguarda le carceri minorili, è di tornare a ripercorrere il modello educativo e socializzante che era stato impostato negli ultimi trent’anni, messo sotto attacco anche dagli ultimi provvedimenti governativi”, conclude.

La commissione carceri – “La pesantissima ombra che si è allungata sul Beccaria deve costringere tutti a domandarsi cosa stia succedendo all’interno delle carceri italiane – sottolineano in una nota congiunta Daniele Nahum e Alessandro Giungi, presidente e vicepresidente della Sottocommissione Carceri del Comune di Milano che rendono noto come – Abbiamo già chiesto alla direzione del Beccaria di poter svolgere un sopralluogo il prima possibile e già ai primi di maggio confidiamo di poter accedere nella struttura”.

“Gli istituti penali minorili sono drammaticamente sullo stesso piano inclinato delle carceri per adulti, in quanto, per la prima volta dopo moltissimo tempo, registrano sempre più casi di sovraffollamento – proseguono -: all’inizio del 2024 i minorenni detenuti nei 17 Istituti penali minorili del territorio nazionale erano 496, una cifra che non veniva raggiunta da oltre dieci anni. E tale situazione è stata determinata da provvedimenti penali in materia minorile aspramente criticati da magistrati, educatori, avvocati, quali il decreto Caivano e per non aver investito risorse nelle comunità che potrebbero ospitare minori soggetti a provvedimenti come una misura di rieducazione, una misura cautelare”. “Qualsiasi atto di violenza, fisica, psichica, sessuale verso una persona privata della libertà personale deve essere sanzionato con provvedimenti giudiziari e amministrativi immediati – concludono -. Pertanto chiediamo alle varie Istituzioni, inclusa quella comunale, di valutare ogni azione diretta ad aiutare la condizione dei ragazzi presenti attualmente, e all’epoca dei fatti contestati, al Beccaria”.

I sindacati – I sindacati condannano gli abusi, ma al tempo stesso puntano il dito contro le istituzioni sottolineando quanto sia grave l’mergenza carceraria che viene denunciata da mesi anche in relazioni all’enorme numero di suicidi in carcere. “Le notizie che provengono dall’Istituto Penale per Minorenni Cesare Beccaria di Milano, con appartenenti alla Polizia penitenziaria arrestati e sospesi con pesantissime accuse, ci lasciano sgomenti e increduli. Naturalmente, nutriamo incondizionata fiducia negli inquirenti, fra cui la stessa Polizia penitenziaria, e nella magistratura e auspichiamo che si faccia presto piena luce sull’accaduto. Nondimeno, richiamiamo la presunzione d’innocenza e speriamo, in cuor nostro, che gli appartenenti al Corpo coinvolti riescano a dimostrare la correttezza del loro operato” afferma in una nota Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria, che richiama l’attenzione sulla “disfunzionalità del sistema d’esecuzione penale”, che “non garantisce né custoditi né custodi e, anzi, incattivisce le coscienze generando e alimentando violenze e atrocità, talvolta, da ambo le parti delle inferriate”.

“Ora ascolteremo i soliti discorsi da politici e governanti, ma spenti i riflettori tutto tornerà come prima” afferma il sindacalista che invoca “riforme immediate e un decreto carceri, con procedure d’urgenza, per mettere in sicurezza il sistema” perché “tra suicidi, 32 fra i detenuti e 4 fra gli agenti dall’inizio dell’anno, omicidi, violenze e sofferenze di ogni genere, non se ne può più”. Al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la Uilpa chiede di evitare “almeno questa volta, le passerelle” e di aprire “immediatamente un confronto serio”, assicurando il proprio “contributo d’analisi, idee e proposte”.

“I provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di 13 agenti della Polizia Penitenziaria, in servizio presso l’istituto penale minorile “Cesare Beccaria” di Milano, e la misura della sospensione dall’esercizio di pubblici uffici nei confronti di ulteriori 8 dipendenti dello stesso corpo di polizia, sono fatti gravissimi riferiti ad una vicenda gravissima che richiede la massima attenzione per ricostruire quanto realmente accaduto. Ma prima di mettere alla ‘gogna’ i colleghi è il caso di ricordare che il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo con sentenza irrevocabile di condanna” afferma Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, che invita a riflettere “prima che si ripeta quanto già successo in altri casi simili, magari pubblicando informazioni e foto sugli indagati, con campagne di stampa contro l’intero Corpo”, ma nello stesso tempo ribadisce “senza se e senza ma che una volta accertate le responsabilità chi ha sbagliato paghi“.

Per il sindacalista però ” sinora a pagare sono sempre e solo gli agenti e il personale penitenziario. Nello sfacelo generale del nostro sistema penitenziario è sin troppo facile prendersela con l’anello più debole della catena. Non riusciamo infatti ad intravedere alcun segnale, figuriamoci intervento, nel merito della gestione del personale penitenziario confusa ed inadeguata ad affrontare le situazioni di emergenza”. “Abbiamo ascoltato da tempo promesse di nuove assunzioni per incrementare l’organico di personale sempre più stressato per turni massacranti e quotidiano lavoro di sacrificio, di un direttore e di un comandante del Corpo in ogni carcere, come di misure per tutelare il personale dalle continue aggressioni, senza però alcun provvedimento concreto”, sottolinea ancora Di Giacomo, che torna a chiedere al governo di sostituire l’attuale capo del personale del Dap.

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