Il corteo del 4 marzo 2023 a Torino per chiedere la liberazione di Alfredo Cospito – segnato da gravi disordini e atti di guerriglia urbana (guarda le immagini) – ha portato a diciotto misure cautelari. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto gli arresti domiciliari per due indagati, mentre per gli altri divieti o obbligo di dimora). Sono 75 le persone indagate, con l’accusa di devastazione e violenza a pubblico ufficiale. L’operazione City, condotta dalla Digos, è stata coordinata dalla procura (pm Paolo Scavi e Enzo Bucarelli). All’epoca dei fatti Cospito era in sciopero della fame da ottobre 2023 contro al regime di 41 bis a cui è stato sottoposto.
Gli investigatori hanno identificato la frangia più violenta di quel corteo, composto da quattrocento antagonisti, provenienti anche da altre città italiane e straniere. Il corteo aveva percorso le strade del centro cittadino lasciandosi dietro di se una scia di vetrine rotte dei negozi, vetri della auto in sosta mandate in frantumi, cartelli stradali divelti, cassonetti incendiati. Contro le forze dell’ordine erano stati lanciati grossi petardi, sassi e bottiglie. Alcuni manifestanti avevano danneggiato le vetrine di un istituto bancario servendosi di martelli e poi lanciato bombe carta. Le forze dell’ordine erano intervenute con idranti e i lacrimogeni nella zona del mercato di Porta Palazzo, per allontanare i manifestanti dal centro.
Nonostante il ricorso e le proteste, Cospito è ancora detenuto in regime di 41bis, attualmente nel carcere di Sassari. La Cassazione a marzo 2023 ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata dai difensori dell’anarchico, condannato a giugno 2022 a 23 anni dalla Corte d’assise di Torino per l’attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, del 2 giugno 2006. A maggio del 2022, il ministero della Giustizia aveva deciso l’applicazione del regime di 41-bis, il cosiddetto carcere duro, perché a loro avviso dal penitenziario inviava messaggi ai “compagni anarchici” attraverso riviste di settore.