Imputati per la sua morte sono, lo ricordiamo, l’allora comandante dei carabinieri Franco Mottola, sua moglie e suo figlio Marco, tutti assolti in primo grado
Al processo d’Appello sul delitto di Arce spuntano nuove testimonianze che rafforzano le precedenti già emerse. Parliamo dell’assassinio di Serena Mollicone, la 18enne che scomparve il primo giugno del 2001 da Arce, ritrovata (in una zona che era stata già perlustrata) due giorni dopo con mani e piedi legati e il capo infilato in un sacchetto di cellophane in località Fontecupa (Fontana Liri). Imputati per la sua morte sono, lo ricordiamo, l’allora comandante dei carabinieri Franco Mottola, sua moglie e suo figlio Marco, tutti assolti in primo grado. Fu proprio Mottola a raccogliere la sua denuncia di scomparsa. Mentre tutta Arce era mobilitata per trovare Serena, “quel giorno a pranzo (del 2 giugno, nda) ne parlai a mio zio Carmine Belli. Gli mostrai la foto e lui mi disse di averla vista la mattina precedente, intorno alle 10, litigare davanti al bar Chioppetelle. Lo invitai ad andare in caserma”: a parlare adesso è Maria Pia Fraioli, nipote di Belli.
“Mio zio era sicuro che fosse lei — continua Fraioli — aveva pantaloni neri, maglietta rossa e una borsetta (gli stessi abiti con cui sarà ritrovata il giorno dopo in un bosco, ndr) e mi descrisse un ragazzo biondino della sua stessa altezza. La strattonava e lei piangeva”. Chi era Carmine Belli e come è entrato in questa storia? Quella mattina Serena era stata avvistata in un bar a pochi passi da Fontana Liri (dove era andata per fare una radiografia), il bar Della Valle, insieme a un ragazzo con i capelli biondi e a spazzola con lei a bordo di un Y10. Fu vista da un carrozziere, Carmine Belli. L’auto e l’identikit hanno portato in fase dibattimentale a Marco Mottola. Per aver rilasciato questa testimonianza il carrozziere è stato accusato di essere l’assassino di Serena ed è rimasto in carcere ingiustamente per 17 mesi. Insomma, una vita distrutta da una testimonianza coraggiosa che gli è costato tutto: il lavoro, la famiglia. Fu incriminato perché nella sua carrozzeria fu ritrovato un pezzo di scotch simile a quello ritrovato sul capo di Serena, ma era un materiale comune e facilmente reperibile: chiunque avrebbe potuto averne in casa.
Altre prove a suo carico: un sacchetto dell’Eurospin simile a quello utilizzato per soffocare Serena e un biglietto da visita del dentista della ragazza. “Avevo la sua auto in riparazione”, dichiarò all’epoca il carrozziere ma queste parole che avrebbero potuto salvarlo non furono verbalizzate dagli inquirenti e così Belli passò da essere testimone chiave a mostro, poi assolto con formula piena. Serena fu vista quel giorno anche da Simonetta, la barista del bar Della Valle. Entrambe le testimonianze furono giudicate inattendibili. La barista ricordò anche la targa dell’auto e il colore. Una Y10 bianca, come quella di Marco Mottola. Le parole di Simonetta Bianchi vennero verbalizzate da Mottola padre 25 giorni dopo, cambiando sia il modello che il colore dell’auto che si trasformò in una Lancia Y rossa. Fu cambiato anche l’orario dell’avvistamento. Mentre ancora di discute del colore delle mèches dei capelli di Marco Mottola spunta un’altra testimonianza chiave, quella della sua ex fidanzata Laura Ricci che ieri ha detto in aula: “Ricordo di aver ricevuto una telefonata (all’epoca dei fatti, nda) in cui Marco mi disse che gli investigatori gli avevano chiesto dove si trovasse l’1 giugno e che presto mi avrebbero chiamata: Mi disse: “Ho detto che non mi ricordavo e che, se ero stato in quel bar, l’unica persona con cui potevo essere, eri tu”. Ma io in quel bar non c’ero mai stata”.