Non c’è limite al peggio, questo sembra un proverbio adatto per capire l’azione del governo Meloni in campo fiscale. La nuova puntata dell’azione della scassinatrice dei conti pubblici, peraltro in ottima compagnia, ora si chiama bonus degli 80 euro, una misura contenuta nella bozza del nuovo decreto di attuazione della delega fiscale. Il riferimento alla cifra non è ovviamente casuale. La prima ministra vorrebbe bissare con questo aiutino, a sconto, il successo elettorale alle Europee del 2014 di Renzi. In effetti con questa misura varata tre mesi prima delle elezioni il rottamatore, ora rottamato, fece il botto. Ora la destra, ma anche Renzi era di destra, copia malamente e ci riprova con un eguale fuoco di artificio fiscale.

Una misura però a sconto. Renzi, truccando ampiamente i conti pubblici ad esempio con la sterilizzazione dell’Iva, era riuscito a trovare i soldi per una misura che poi divenne strutturale, sempre in disavanzo peraltro. Un piccolo salario statale per milioni di lavoratori dipendenti. Meloni, impaludata nel disavanzo che lei stessa sta creando a livelli monstre, non può essere così spericolata. Il bonus Meloni nasce zoppo e modesto. Nella proposta ministeriale è limitato ai redditi sotto i 15.000 euro, vale solo per quest’anno e per un mese. Si tratta insomma di un regalino che arriverà a Natale con la tredicesima, pensato però in vista delle prossime elezioni europee. Ma si va ancora più in là nella irrazionalità fiscale ministeriale.

La cifra finale per ora è vagheggiata e sarà definita solo entro il 15 novembre, e quindi ben dopo le elezioni. Può darsi che non arrivi proprio nulla perché si va a pescare nel fondo per l’attuazione della delega fiscale che dovrebbe servire anche a trovare i 4 miliardi per ridurre le aliquote dell’Irpef per il 2025 e altro ancora. Poiché la coperta è molto corta, è certo che la cifra di 80 euro una tantum si ridurrà di molto. Non ci sono i soldi, si dirà. Intanto, il populismo vive di annunci eclatanti e quello che conta è il dire, per il fare c’è tempo. Il ministro dell’Economia di fronte a questa ennesima stramberia della melonieconomics dovrebbe dire la sua, ma il dott. Giorgetti è rigorista solo in Europa; a casa sua è uno che allarga generosamente i cordoni della borsa per i politici amici.

Che dire, insomma? Siamo di fronte a una marchetta elettorale, come la Meloni stessa definì in maniera molto secca la misura renziana quando aveva pochi consensi? Ora che va elettoralmente a gonfie vele, ha evidentemente cambiato opinione. Cambiato, ma fino ad un certo punto. La nuova, ma non inedita, marchetta elettorale è ampiamente coerente con il programma di Fratelli d’Italia per le elezioni del 2022 dove si prevedeva addirittura una monetizzazione mensile del tfr in busta paga con totale esenzione dell’Irpef. Diciamo che questi 80 euro natalizi sono una prima applicazione di questa proposta. Peraltro una marchetta elettorale, ben più dannosa per i conti pubblici e sempre programmatica per FdI, è stata la riduzione dei contributi sociali a carico dei lavoratori con conseguente doppio debito dell’Inps.

La signora Meloni ha vinto le elezioni con un programma basato, per la parte economica, sullo scassinamento dei conti dello Stato e sulla riduzione dei servizi pubblici per far posto al capitalismo nostrano e non. Nessuna meraviglia allora che mano a mano che la delega fiscale venga attuata questo progetto si manifesti in tutta la sua evidenza. Sorprendente è la sua spregiudicatezza e radicalità. Il populismo economico della destra meloniana, totalmente irresponsabile fiscalmente, vive in un eterno presente, spendendo e spandendo soldi che non ci sono. L’amara verità che la Commissione europea ci dirà tra qualche mese sembra lontanissima. Ora bisogna bruciare i competitors delle prossime elezioni. D’altronde, nella sua semplicità da borgata la Meloni non ha tutti i torti: se il bonus lo ha fatto la sinistra (destra) renziana, perché non può farlo anche lei e nelle stesse circostanze poi? Non importa che ora la realtà sia ben diversa da quella di dieci anni fa e che il debito pubblico viaggi velocemente verso i 3.000 miliardi.

Il populismo, anche quello della Meloni, ignora la realtà. Intanto si distrugge scientemente le fondamenta dello stato sociale e quel poco di etica pubblica che rimane ancora in piedi, poi qualcuno si incaricherà di ricostruire il tutto. La storia degli 80 euro è una minestra riscaldata, ora diventata rancida. Per la legge del contrappasso, come ha fatto la gloria fatua di Renzi, forse farà fare un bagno di realismo a Meloni con una bella e salutare batosta elettorale. La palla, come al solito passa agli elettori che forse stavolta non si faranno ingolosire dagli ottanta euro, anche perché quelli della Meloni sono finti, cioè solo promessi.

Ps. La proposta degli 80 euro una tantum è stata subito ritirata e sostituita con un’altra sulla stessa falsariga (bonus di 100 euro legato ai carichi familiari). Tutto comunque è stato rinviato in attesa di trovare le coperture. Piccola sceneggiata che non modifica il quadro di fondo di una politica fiscale pensata in termini sfacciatamente clientelari e populisti.

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