Sarti, Picchi, Burgnich, Facchetti, Guarnieri, Bedin, Suarez, Mazzola, Jair, Corso, Domenghini. Non è una formazione ma una filastrocca, una delle più famose del calcio italiano. Per generazioni è stata nella testa di ogni appassionato, che fosse interista o meno. Un segno distintivo di italianità, quasi qualcosa di cui vantarsi, in un tempo in cui la Serie A era il campionato più difficile e bello del mondo. È l’undici titolare della stagione 1965/66 dell’Inter, quella del decimo scudetto, della prima stella. Un traguardo prestigioso, agognato, raggiunto fino a quel momento soltanto dalla Juventus otto anni prima, nel 1957/58.

La Grande Inter inizia il campionato da campione in carica e da detentrice della Coppa Campioni, vinta contro il Benfica di Eusebio. In quel momento quindi non è solo la squadra più forte in Italia, ma anche in Europa e di conseguenza nel mondo. Ha i giocatori migliori, gioca con il calcio più moderno, ha l’allenatore più antipatico, ma anche più bravo, Helenio Herrera. Il torneo inizia il 5 settembre, tutti aspettano la voglia di rivalsa di Milan e Juventus ma la sorpresa si manifesta immediatamente. È il Napoli neopromosso dell’armatore Achille Lauro, non una persona qualsiasi nel panorama italiano del secondo dopoguerra.

Lauro è proprietario della Flotta Lauro, un vero e proprio impero nautico. Ha assunto la carica di presidente degli azzurri nel 1939, prendendo il posto di Giorgio Ascarelli. Un incarico che manterrà fino al 1969, quando lascerà il posto all’ingegnere Corrado Ferlaino. Durante l’epoca fascista è stato consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, mentre dopo la guerra è stato tra coloro che hanno contribuito alla nascita del Partito Nazionale Monarchico, fino a diventare, dal 1952 al 1957, e ancora per pochi mesi nel 1961, sindaco di Napoli. Una figura discussa e vulcanica, che in quell’estate del 1965 si è messo in testa di portare lo scudetto al Sud. Il Napoli è una delle grandi protagoniste del calciomercato estivo e rispettivamente dalla Juventus e dal Milan arrivano due autentici top player, Omar Sívori e José Altafini.

Gli azzurri per tutto il girone d’andata lottano alla pari con i nerazzurri e dopo il successo contro il Brescia della quinta giornata balzano in vetta alla classifica. Un risultato inatteso, importante, ma fugace. L’Inter infatti alla nona giornata si prende il primo posto solitario, tenendo Milan e Napoli rispettivamente al secondo e terzo posto fino alla fine del girone d’andata, il 16 gennaio 1966.

Nel ritorno la squadra di Herrera manca più volte il colpo decisivo e spesso rischia di lasciarsi recuperare. Ad esempio perdendo a Catania. Un stop a cui segue però un filotto di sei vittorie consecutive, che stronca la resistenza del Milan (crollato a -11) ma non quella del Napoli, distante sei lunghezze insieme a una nuova pretendente al titolo, il Bologna di Helmut Haller, Giacomo Bulgarelli e Ezio Pascutti. I rossoblù sotto la gestione di Luis Carniglia (subentrato alla quinta giornata a Manlio Scopigno) rimontano partita dopo partita, fino a portarsi a ridosso dell’Inter dopo il 2 a 1 nello scontro diretto della 31esima giornata. Una sconfitta pesante per i nerazzurri, arrivata dopo i pareggi contro Fiorentina e Sampdoria. È il momento più difficile, con i felsinei giunti a soli tre punti di distacco.

A rimettere tutto a posto ci pensano Facchetti, Suarez, Mazzola e Domenghini. Il primo rilancia l’Inter con una doppietta alla Juventus sette giorni dopo, gli altri invece sono i protagonisti della festa scudetto contro la Lazio, il 15 maggio 1966. Il giorno della prima stella. Quello che permette ai nerazzurri di affrontare la pericolosa ultima giornata a Napoli senza nulla da perdere. Inter 50, Bologna 46, Napoli 45, Fiorentina 43, Juventus 42, Vicenza 40, Milan 38. In fondo alla classifica il Varese fa ritorno in B dopo due campionati, insieme al Catania e alla Sampdoria, quest’ultima alla prima retrocessione della sua storia. La stella sulla maglia del 1966/67 è l’ultimo regalo di Helenio Herrera all’Inter. Il canto del cigno che anticipa le delusioni dell’anno successivo, con la sconfitta in finale di Coppa Campioni contro il Celtic Glasgow e la papera di Sarti a Mantova che regala il campionato alla Juventus. Il ciclo della Grande Inter è finito, il cammino verso la seconda stella è cominciato. Durerà quasi 58 anni, fino alla stagione 2023/24.

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