Grindr, app di dating molto diffusa nel mondo LGBTQIA+, è finita nel mirino di uno studio legale per la gestione dei dati sensibili degli utenti. Secondo quanto rivelato dal Guardian, infatti, l’app di incontri avrebbe divulgato informazioni strettamente personali degli utenti ad aziende e società pubblicitarie. Uno studio legale inglese ha presentato un ricorso presso l’Alta Corte di Londra per conto di 670 persone che hanno partecipato a una class action, sostenendo che il proprietario americano dell’app ha violato le leggi britanniche sulla protezione dei dati: secondo il ricorso, infatti, l’app di appuntamenti ha condiviso informazioni personali altamente sensibili, incluso in alcuni casi il loro stato di sieropositività.
Grindr è stata fondata nel 2009 per agevolare gli incontri tra uomini gay. Ora afferma di essere la più grande app di incontri al mondo per persone gay, bisessuali, trans e queer, con milioni di utenti in tutto il mondo. Lo studio legale ha affermato che il reclamo contro Grindr si concentrerà sui periodi precedenti al 3 aprile 2018 e tra il 25 maggio 2018 e il 7 aprile 2020, il che significa che è improbabile che i nuovi utenti possano aderire. Grindr ha modificato i suoi meccanismi di consenso nell’aprile 2020.
Secondo la class action le pratiche dell’azienda non sono state adeguatamente riviste dopo le modifiche ai meccanismi di consenso e hanno potenzialmente portato alla condivisione dei dati sensibili di migliaia di utenti solo nel Regno Unito. Grindr sostiene invece che l’azienda “non ha mai condiviso le informazioni mediche degli utenti per scopi commerciali e non le ha mai monetizzate”. A loro avviso la causa si basa su un’interpretazione errata di “pratiche risalenti a più di quattro anni fa”.