In questi giorni non si fa altro che parlare della legge sull’aborto, in quanto il governo ha approvato un emendamento al Pnrr per finanziare la presenza di obiettori di coscienza all’interno dei consultori – obiezione prevista dalla stessa legge. Premesso che già ai tempi in cui facevo tirocinio, e parliamo di 30 anni fa, in tali strutture c’era comunque personale o volontari che cercavano di far cambiare idea a quelle povere “disgraziate” che sicuramente non erano andate ad abortire a cuor leggero, l’unica novità rilevante è che si vogliono incentivare le associazioni pro vita alla presenza nelle strutture sanitarie ricorrendo a fondi pubblici. Scelta bocciata dalla Commissione europea per gli Affari economici, che ha commentato in maniera negativa l’emendamento presentato da FdI.
Comunque sia, questa storia ha innescato una polemica politica – un fuoco incrociato di botta e risposta – che credo, spero, sia stata messa in campo esclusivamente a fini elettorali, considerato che tra un po’ si vota per le Europee, perché sicuramente non si può ritornare su una legge che a suo tempo fu sottoposta a referendum e voluta dalla stragrande maggioranza degli italiani.
Tocca notare che sia gli antiabortisti – che, legittimamente per carità, ritengono che la vita umana debba essere tutelata fin dal grembo materno – che gli abortisti che proclamano la libertà, altrettanto legittima, della donna a decidere del proprio corpo, abbiano votato bipartisan in Parlamento l’invio delle armi in Ucraina e tacciano su Israele, come se i bambini già nati e morti sotto le bombe abbiano meno dignità dei feti nella pancia delle mamme. E non una parola sugli stupri di guerra nei confronti di donne, bambini e bambine, altro che decidere in libertà del proprio corpo.
Con l’accettare l’invio delle armi e contribuire così al perpetuarsi della guerra, ne accettiamo anche tutte le nefaste conseguenze, tra cui quelle che ho rappresentato. E non una voce dissonante, se non quella del Papa, si leva in Europa, mentre ascolto incredula la Presidente della Commissione Europea, madre di 7 figli, che ci dice che dobbiamo abituarci ad un’economia di guerra. I suoi figli, così come anche i nostri fortunatamente, non sono sotto le bombe, non ancora almeno.
Ritornando sull’aborto mi chiedo perché, invece di finanziare i ‘pungolatori’ di coscienze, non si investe di nuovo sui consultori. Negli ultimi anni ne è stato chiuso uno su quattro. Lì un tempo trovavi pediatri, ginecologi, psicologi, assistenti sociali e si parlava di contraccezione consapevole, malattie sessualmente trasmesse, malattie contagiose e vaccinazioni e altre amenità simili, argomenti che oggi sembrano molto retrò, ma che rendevano gli adolescenti di una volta sicuramente meno interconnessi, ma forse più consapevoli rispetto a certe tematiche e all’importanza della salute pubblica. Si potrebbe anche reintrodurre la figura del medico nelle scuole per far sì che prevenzione e corretti stili di vita rientrino nelle materie di studio delle nuove generazioni.
La dissoluzione, invece, della capillarità dei servizi sanitari vicini alle persone – e i prossimi saranno i medici di famiglia – sta mostrando i suoi effetti nefasti.
Se le polemiche rispetto alla 194/78 non sono una boutade elettorale, ma scaturiscono dalla preoccupazione che l’Italia è ultima in Europa per natalità, tocca dire che siamo ultimi anche per welfare riguardante sia l’infanzia che la terza età. E pure quel welfare tutto italiano, i nonni, che fino a ieri sopperivano alle carenze strutturali del sistema, vicariando anche asili nido inesistenti, oggi viene meno, considerato l‘allungamento dell’età lavorativa.
Nella mia categoria solo una donna medico su due ha figli, e di quelle che hanno figli più del 50 % ne ha solo uno. E penso sia così per le donne italiane in genere. Su questo bisogna investire, su serie politiche di welfare e sanitarie e non sulle armi, soprattutto da parte di chi si proclama pro vita.