Secondo quanto scrive il quotidiano statunitense Wall Street Journal, gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di sanzionare le banche cinesi allo scopo di aumentare le pressioni su Pechino affinché smetta di sostenere la produzione militare della Russia. Il giornale cita fonti, secondo le quali Washington valuta di tagliare fuori dal sistema finanziario globale alcune banche cinesi, ricorrendo a un potente strumento di coercizione. L’indiscrezione arriva (probabilmente non a caso, ndr) mentre il segretario di Stato Antony Blinken si avvia alla sua visita in Cina. Sinora Pechino ha accolto gli inviti occidentali a non inviare direttamente armi a Mosca ma le esportazioni verso la Russia, inclusi prodotti e materiali utili ai fini bellici, sono in crescita. Secondo Washington gli aiuti cinesi hanno consentito a Mosca di ricostruire la sua capacità industriale militare. Lo scorso 16 aprile il Fondo monetario internazionale ha nuovamente rivisto al rialzo le sue previsioni economiche per la Russia, il cui Pil, nel 2024 dovrebbe crescere del 3,2%, il triplo dell’area euro.

Gli Stati Uniti potrebbero tagliare fuori le banche cinese dall’accesso al sistema dollaro ma questo non avviene senza rischi. Sono tutte mosse che erodono la fiducia degli altri stati nella moneta americana. C’è anche il rischio che le operazioni con la Russia vengano “subappaltate” a più piccole banche regionali che poco hanno a che fare con l’universo dollaro e dunque sostanzialmente immuni alle sanzioni americane.

Mentre le sorti del conflitto pendono a favore della Russia, sembra che gli Stati Uniti stiano cercando di concretizzare un ultimo sforzo finanziario e diplomatico per cercare di riequilibrare la situazione e, forse, anche per arrivare in una posizione più forte al tavolo delle trattative. Il Senato americano ha dato il via libero definitivo ad un pacchetto di aiuti per Kiev da 60 miliardi di dollari e ora si prova a stringere sulle sanzioni secondaria (ossia che non colpiscono direttamente la Russia ma i paesi che hanno relazioni economiche con Mosca). Il problema è che con la Cina, la corda si può tirare ma fino ad un certo punto, considerate le capacità e le opzioni di ritorsione da parte di Pechino. Non sempre, inoltre, queste strategie hanno gli effetti sperati.

Le banche fungono da intermediari chiave per le esportazioni commerciali, gestendo i pagamenti e fornendo credito alle aziende clienti per le transazioni commerciali. “Il diritto della Cina di condurre normali scambi commerciali ed economici con la Russia e altri paesi del mondo sulla base dell’uguaglianza e del vantaggio reciproco non dovrebbe essere interferito o interrotto”, ha detto il portavoce dell’ambasciata cinese al Wall Street Journal. “Gli Stati Uniti dovrebbero immediatamente smettere di imporre sanzioni unilaterali alle aziende e ai singoli individui cinesi”. “Tutte le banche che facilitano transazioni significative che incanalano beni militari o a duplice uso verso la base industriale della difesa russa si espongono al rischio di sanzioni statunitensi”, ha però puntualizzato la segretaria al Tesoro Janet Yellen all’inizio di questo mese durante gli incontri con le controparti a Pechino.

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