La Federal Trade Commission americana ha vietato ai datori di lavoro di utilizzare contratti di non concorrenza per impedire alla maggior parte dei lavoratori di passare ad aziende rivali: un obiettivo politico perseguito dall’amministrazione Biden e agognato dai lavoratori ma destinato ad essere sfidato ora nei tribunali dai gruppi imprenditoriali. La misura, approvata dalla maggioranza democratica dell’agenzia con un voto di 3 a 2, segna la prima volta in più di 50 anni che i dirigenti della Ftc emanano un regolamento per imporre un cambiamento nel modo in cui le aziende competono. La commissione ha storicamente operato come un’agenzia di controllo, indagando e citando in giudizio singole società per pratiche o accordi ritenuti una violazione della legge.
La norma vieta alle aziende di applicare gli accordi di non concorrenza esistenti a soggetti diversi dai dirigenti senior e non consente più, in futuro, di imporre nuovi accordi del genere nemmeno ai dirigenti senior. “Negli USA come in Italia il patti di concorrenza coprono tra un quinto e un sesto dei lavoratori, non solo i manager, anzi. Molti lavoratori a basse qualifiche hanno tali vincoli – negli USA persino nei fast food – perché le imprese usano questi strumenti anche per limitare la mobilità dei lavoratori ed evitare di dover dar loro aumenti salariali o per danneggiare (o almeno non avvantaggiare) imprese concorrenti”, ricorda su Twitter Andrea Garnero, economista presso l’Ocse. “Anche in Italia se ne dovrebbe discutere. Si tratterebbe di una riforma a costo zero che potrebbe avere un effetto positivo sia sui salari che su produttività/innovazione”.
La presidente della Ftc Lina Khan ha affermato che la misura ripristina i diritti degli americani che le aziende avevano sottratto imponendo clausole di non concorrenza sul posto di lavoro. “Derubare le persone della loro libertà economica significa derubarle anche di ogni sorta di altre libertà”, ha detto.