Lavoro & Precari

“Per raggiungere gli obiettivi ci obbligavano a vendere polizze anche ai parenti”. Il lavoro degli agenti assicurativi: pressioni e “competizione tossica”

“Ho lavorato come consulente assicurativo Generali in Brianza per quasi un anno. All’inizio tutto perfetto, poi l’inferno. Le pressioni per il raggiungimento degli obiettivi erano altissime e se non ce la facevi ti urlavano in faccia. Tutto era basato sulle quote da raggiungere, a un certo punto hanno iniziato a tracciare le chiamate per sapere con chi e quanto stavi al telefono e ad obbligarci a proporre polizze a noi stessi e ai nostri parenti per raggiungere i target. Io arrivavo in ufficio alle 8:30 di mattina e spesso non tornavo a casa prima delle 22 perché, secondo il capo, se non avevi concluso nulla non potevi andartene via. Sono arrivata davvero allo sfinimento. Magari sono stata particolarmente sfortunata, magari con un titolare diverso avrei lavorato a condizioni migliori. Però non mi pare di essere l’unica ad aver avuto un’esperienza simile”. A raccontare a ilfattoquotidiano.it la sua esperienza come consulente assicurativa per un’agenzia Generali del Nord Italia è Chiara (nome di fantasia, ndr).

E come quella di Chiara, di testimonianze sul clima e le condizioni di lavoro dei consulenti assicurativi di agenzie Alleanza Assicurazioni e Generali – della rete Generali Italia – e Leonardo Assicurazioni, società benefit che distribuisce prodotti Generali Italia – ne arrivano molte. Pressanti richieste di raggiungimento dei target, clima ostile e contratti full time in ritenuta d’acconto per i primi mesi e successivamente in Partita Iva con obbligo di orario e di presenza in agenzia dal lunedì al venerdì, orario d’ufficio, e a volte il sabato per altri appuntamenti. Quello che invece cambia sempre è il fisso proposto, che varia da agenzia ad agenzia, trattandosi di una rete di vendita, ognuna con il proprio titolare e la cui attività viene sovrintesa da “capi-area”. Alcune agenzie offrono 1.500 euro lordi al mese, altre realtà 800 euro, altre ancora 1000 euro. Più provvigioni, ovviamente.

Anche Arianna (nome di fantasia, ndr) ha lavorato per un’agenzia Generali e come Chiara conserva un brutto ricordo del clima in ufficio: “Ci hanno detto che avremmo dovuto chiamare i nostri contatti personali per trovare clientela. Il clima era pressante, se non raggiungevi l’obiettivo non venivi pagato e venivi trattato pure male, almeno questo succedeva nella mia area. Inoltre, guadagnavamo solo sugli appuntamenti trovati da noi, se il contatto ce lo fornivano loro non valeva al raggiungimento dell’obiettivo. I capi guadagnavano soprattutto sui nostri introiti e quindi ci mettevano in competizione tra noi per farci produrre di più. Io l’ho vissuta malissimo e appena ho trovato altro me ne sono andata. Per tutto questo, io prendevo circa 500 euro di fisso al mese pagati a 60 giorni, quindi lo stipendio di ottobre l’ho preso a gennaio e così via. E l’ultimo mese, con una scusa, nemmeno me l’hanno pagato”.

Delle condizioni dei consulenti assicurativi di moltissime realtà sparse per tutto il territorio italiano si parla da tempo, sia online che offline. Il web e i social network da anni pullulano di testimonianze di ragazzi che raccontano la loro esperienza e mettono in guardia altri aspiranti candidati dall’accettare queste proposte. Molto simile alle agenzie Generali è la situazione in Leonardo Assicurazioni. Francesco (nome di fantasia, ndr) ha completato l’iter di selezione per la posizione di Junior Sales Account ma ha deciso di rifiutare l’offerta: “Avrei dovuto aprire la partita iva per poi lavorare su un portafoglio clienti che mi avrebbero affidato loro. Il minimo richiesto era riuscire a organizzare almeno 4 appuntamenti al giorno, che sono tantissimi, facendo upselling e cross-selling di prodotti assicurativi. Per questo lavoro offrivano 1.500 euro lordi in partita iva più provvigioni, con lavoro in presenza e orario fisso da lunedì a venerdì dalle 9 alle 18”, racconta a ilfattoquotidiano.it.

Chi invece un’esperienza come consulente assicurativa in Leonardo Assicurazioni l’ha avuta è Matilde (nome di fantasia, ndr): “Ho lavorato per Leonardo Assicurazioni per qualche mese. Al di là delle condizioni retributive, a essere allucinante è proprio il modo in cui ti trattano. Dovevi fare non meno di 200 chiamate a freddo e fissare più appuntamenti possibili con qualsiasi scusa, diversamente ti obbligano a rimanere in ufficio fino alle 19:00, per punizione. Anche il modo in cui interpretano lo smart working è abbastanza discutibile: cam e microfono del tablet sempre attivo durante l’arco della giornata, zero privacy. E poi, i toni e i modi vessatori, sempre a dire ‘non vali niente’ a chi non riusciva a raggiungere i target”.

Infine Alleanza Assicurazioni. Anche in questo caso, le testimonianze di ex collaboratori non descrivono un clima roseo: “Ho lavorato in un’agenzia Alleanza Assicurazioni ma non ho mai aperto la partita iva perché sono andata via prima, quando ho fiutato come sarebbero andate le cose se l’avessi fatto. A me hanno garantito 3 mesi di fisso a 800 euro in ritenuta d’acconto, orari fissi e lavoro in presenza tutti i giorni come se fossi una dipendente, e mi hanno anche detto che avrei dovuto dotarmi di tablet, comprandolo a mie spese, con tanto di abbonamento internet sempre a mio carico”, racconta Alessandra (nome di fantasia, ndr).

“Il pressing era costante, avrei dovuto effettuare almeno 20 chiamate giornaliere cercando di fissare più appuntamenti possibili in ogni modo possibile. Ho svolto anche un corso di formazione prima di iniziare a lavorare, una settimana da remoto, mattina e sera. Ovviamente non retribuito, perché risulti assunta solo dopo questo corso e dopo aver firmato il contratto. Gli obiettivi erano impostati settimanalmente durante una riunione con i “capi-area”. Raggiungevi l’obiettivo? La settimana successiva ti imponevano di fare ancora di più. Il clima era di competizione tossica. Il turn over è molto alto, la maggior parte dei ragazzi rimane davvero pochi mesi proprio perché l’ambiente è stressante e devi stressare i potenziali clienti in ogni modo pur di chiudere contratti. In un periodo storico dove magari la gente ha pochi soldi da investire, diventa davvero complesso”.

Contattata dal fattoquotidiano.it per una replica, Generali dichiara che l’azienda e le sue controllate “da sempre operano nel pieno rispetto delle leggi che regolano i rapporti di lavoro. In riferimento al benessere dei nostri dipendenti e dei nostri collaboratori, Generali riceve da numerosi anni riconoscimenti per la qualità del proprio ambiente di lavoro, non ultima la certificazione del RINA per quanto concerne la parità di genere ottenuta da Generali Italia”. In merito al work life balance, Generali sottolinea di essere “un benchmark a livello nazionale con la sua politica di lavoro ibrido che ha permesso di raggiungere notevoli standard di produttività all’interno di un significativo equilibrio tra vita privata e professionale, come certificato anche da Top Employer 2024”.

Gian Luca Buzzetti, socio e amministratore unico di Leonardo Assicurazioni, ha risposto alle domande del fatto.it facendo sapere che “sul tema della Partita Iva, oltre a rimarcare che la figura dell’agente autonomo professionista ampiamente regolamentata dalla normativa Ivass, siamo trasparenti fin da subito nei confronti dei nostri nuovi consulenti assicurativi, a partire dall’annuncio per arrivare ai colloqui di selezione”. In merito al controllo dell’attività in smart working e alle segnalazioni rispetto al clima aziendale, Buzzetti spiega che “l’utilizzo di device e strumenti aziendali, scelta del tutto autonoma dei consulenti, non ha alcuna finalità di monitoraggio, bensì di supporto ad una professione ad alto contenuto consulenziale e di eccellenza, che sicuramente non è priva di stress ma garantisce anche soddisfazioni personali ed economiche”. Infine, “l’etica e il nostro codice rappresentano le fondamenta della nostra azienda, quindi ogni situazione che non sia in linea con essa deve da noi essere analizzata ed approfondita affinché tutte le persone vengano tutelate e non vi sia un rischio di ripetizione di fattori che possono danneggiare l’azienda stessa”.