Tre cambi su dieci. Non un azzeramento. Non una rivoluzione. “Un rimpastino”, dicono nel palazzo di vetro del Consiglio regionale pugliese. Il governatore Michele Emiliano ha varato il nuovo esecutivo, dopo 10 giorni di incontri, vertici e ragionamenti solitari nel chiuso del suo ufficio. “Non sarà una operazione di semplice maquillage” disse al termine del primo vertice con la sua maggioranza. Eppure, sebbene ci sia la possibilità che le valutazioni del governatore continuino su un paio di assessori scampati al rimpasto, per ora è tutto qui. La novità più rilevante consiste nell’istituzione dell’assessorato alla Legalità e alla Cultura, affidato a Viviana Matrangola. Attivista di Libera, vincitrice del Premio Borsellino 2017, consulente del Gabinetto del Ministero di Grazia e Giustizia per la tavola rotonda degli Stati generali dell’Antimafia del 2016. Ma anche figlia di Renata Fonte, morta per mano della mafia il 31 marzo del 1984, a pochi passi da casa, per essersi opposta, da assessora comunale, alla speculazione edilizia a Porto Selvaggio.

Entra, per la prima volta in Consiglio, anche Serena Triggiani, avvocata, con esperienza nelle cause civili in difesa della Regione Puglia, già presidente dell’Ordine degli avvocati di Bari, tesserata nel Pd. A lei è affidato l’assessorato all’Ambiente, retto sino a ieri dalla esponente di Sinistra Italiana, Annagrazia Maraschio. Il terzo ingresso è attinto dal parlamentino stesso: Debora Ciliento, consigliera regionale del Pd, guiderà i Trasporti al posto della collega di partito Anita Maurodinoia, dimessasi perché indagata per voto di scambio. Disarcionato dalla Sanità, Rocco Palese – con un passato da braccio destro del ministro Raffaele Fitto, dal quale però ha divorziato da diversi anni -, resterà nel team di Emiliano, anche perché la delega non sarà affidata a nessuno. Il governatore la terrà per sé, così come non affiderà ad alcuno il Welfare, lasciato libero dalla pentastellata Rosa Barone dopo l’uscita del Movimento 5 Stelle dalla maggioranza, annunciata dal presidente del partito Giuseppe Conte.

Tutto qui. Tutti gli altri assessori resteranno al loro posto. Ed è questo il punto. Troppo poco per alcuni, sostituzioni incomprensibili per altri. E le frizioni emergono in più punti della maggioranza. Anzitutto quella mano tesa al Movimento 5 Stelle non ottiene l’effetto sperato del ritorno effettivo del partito in maggioranza. “Dobbiamo parlarne con Conte – spiega il portavoce Marco Galante – per analizzare insieme questa prima parte delle nostre richieste, fra le quali c’era l’assessorato alla Legalità. Sul mini rimpasto, però, non siamo completamente soddisfatti perché eravamo partiti dall’idea di un azzeramento. Dobbiamo capire se è ancora in corso la discussione su un nuovo slancio della giunta o si fermerà qui”. In buona sostanza, giudizio sospeso. Ma certamente il voto a sostegno del governatore per respingere la mozione di sfiducia presentata dal centrodestra, non mancherà. “Sarebbe come disconoscere tutto il buon lavoro fatto sin qui”, dice.

Nettamente più arrabbiati e delusi in Sinistra Italiana. La revoca dell’assessora Maraschio, senza un nuovo ingresso indicato dal partito di Nichi Vendola, come inizialmente sembrava dovesse essere, è il sintomo di un legame ormai in frantumi. “Una farsa” per Nicola Bavaro, esponente del partito. “Evidentemente – dice – Sinistra Italiana è scomoda e paga il prezzo della sua libertà”. Bavaro ricostruisce le tappe di un rapporto che si è logorato già nel tempo: “In un anno – dice – Emiliano ha tolto ad Annagrazia Maraschio le deleghe sull’Urbanistica (piano casa, nuove edificazioni…), per darle a un consigliere regionale eletto in Forza Italia e poi transitato nella sua civica; dopo qualche mese, con la complicità del M5S hanno tolto l’appoggio all’ex sindaco di Brindisi, Riccardo Rossi, senza alcuna ragione, perdendo poi le elezioni contro la destra; passa qualche mese ancora e la sua civica, CON, chiede pubblicamente le dimissioni di Maraschio, che aveva “osato” pretendere che gli impianti di produzione di energia elettrica non stessero nei campi o sulle coste, ma nelle zone industriali, sui tetti degli edifici e oltre le 12 miglia dalla costa”. Come dire, un attacco lento e continuo.

Basta così? Niente affatto. Perché anche in Libera ci sono acque agitate. Sebbene il nome della Matrangolo, da giorni, si diceva fosse stato avallato da don Ciotti in persona, è il referente regionale di Libera, don Angelo Cassano a tuonare, reputando il tutto “una operazione di facciata”, dicendosi “schifato e addolorato per come si strumentalizzi il tutto”. Posizione poi affiancata da una nota ufficiale di Libera Puglia: “Come sancito dal nostro Statuto, ‘Libera è un’associazione apartitica’ e, pertanto, questa nomina è semplicemente frutto di una scelta personale di Viviana, che rispettiamo, ma che non equivale in nessun modo ad una presa di posizione della nostra Associazione. Vogliamo inoltre precisare che Viviana Matrangola, cui va la nostra stima come persona e familiare di vittima innocente delle mafie, non ricopre da tempo nessun incarico all’interno dell’associazione Libera”. E manca ancora la reazione di Elly Schlein.

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