Il 25 aprile 1974 i militari portoghesi misero i fiori sui loro fucili e la Rivoluzione dei Garofani, guidata dal movimento delle Forze Armate, rimosse in modo pacifico la dittatura più antica d’Europa. Il via libera fu dato da una canzone, “Grandola, Vila Morena”: anche per questo, il 25 aprile 1974 portoghese è un qualcosa di unico nella storia. Cinquant’anni dopo, in un Paese dove i socialisti sono tornati all’opposizione dopo aver governato nove anni e in cui alle elezioni del 10 marzo c’è stato il boom dei populisti di estrema destra di Chega, il Portogallo sta vivendo giorni di festa. Non si fanno solo celebrazioni retoriche: si discute, nelle piazze reali, in quelle televisive e sui social, sui valori espressi dalla Revoluçao dos Cravos quel giovedì 25 aprile di 50 anni fa.
La Rivoluzione dei Garofani non fu un gesto impulsivo, ma il frutto di un lungo processo. Da almeno otto mesi, la nuova generazione dei militari, espressione della media-borghesia e anche di fasce meno abbienti, stava progettando la destituzione della dittatura. Il Portogallo era guidato da Marcelo Caetano, erede del professor Antònio de Oliveira Salazar, l’uomo giunto al potere nel 1932, dopo essere stato il ministro delle Finanze del regime istituito nel 1926 dal generale Carmona. Salazar nel 1933 strinse il Portogallo nella morsa della dittatura, imponendo il modello dello Estado Novo, copiato con la carta carbone dal fascismo italiano.
Il Portogallo non partecipò alla Seconda guerra mondiale. Lisbona fu negli anni terribili del conflitto una capitale di spie, in cui convivevano gli apparati diplomatici delle forze alleate con quelli della Germania nazista e dell’Italia mussoliniana. Il Portogallo si arricchì con la guerra. Le miniere di tungsteno, metallo fondamentale per la produzione degli ordigni, lavoravano a pieno regime. Salazar vendeva ai tedeschi e trattava con l’antico alleato, la Gran Bretagna. La crescita economica riguardò solo la minoranza che deteneva il potere economico del paese: il Portogallo delle campagne e degli operai era in miseria. L’analfabetismo era a livelli elevati. Il paese soffocava nella mancanza di libertà e nella paura dei soprusi della PIDE, la polizia politica di difesa dello Stato istituita da Salazar.
Il crollo cominciò con le guerre coloniali, iniziate nel 1961. In Africa, il decolonialismo aveva portato alla nascita di decine di Stati. L’Impero britannico si era decomposto. Solo Salazar si era messo di traverso, affermando il principio del Portogallo d’oltremare. In Angola, Mozambico e Guinea Bissau i movimenti indipendentisti scatenarono la guerriglia. Il Portogallo si trovò a combattere su più fronti: tredici anni di bombe e lutti. Le spese militari cominciarono a incidere pesantemente sulle finanze del paese, fino ad assorbire un terzo del bilancio pubblico. I soldati venivano mandati al fronte come carne al macello. Una legge aumentò il periodo di leva fino a quattro anni. Migliaia di giovani fuggirono. Il dolore per le vittime delle guerre coloniali alimentò la rabbia popolare, frenata solo dalla paura della repressione della dittatura.
È in questo contesto che prende forma il programma rivoluzionario delle forze armate. Il bollettino di tredici anni di guerre coloniali è terrificante per il Portogallo: 8mila morti, trentamila feriti e mutilati. La coscienza dei militari sul campo è scossa dall’orrore, dall’uso del napalm, dall’eccidio dei civili che stanno lottando per una causa giusta. Il Movimento dei Capitani si costituisce nel settembre 1973. Le figure che emergono in questa fase decisiva sono quelle di Otelo Saraiva de Carvalho, Ernesto Melo Antunes, Vitor Alves e Vasco Lourenço. Hanno l’appoggio di ufficiali superiori, rimossi dall’incarico per le critiche al regime: tra loro spicca la figura del generale Antònio Spinola.
È lui il 22 febbraio a pubblicare il libro Portugal e o Futuro, in cui esprime l’idea di un Portogallo federazione di stati autonomi, sul modello del Commonwealth, nella consapevolezza che la vittoria militare è impossibile. L’opera va a ruba. È una spallata forte per il regime. Il 24 marzo 1974, la commissione di coordinamento esecutiva del movimento delle forze armate affida al maggiore Otelo Saraiva de Carvalho (nella foto in evidenza, ndr) il compito di elaborare l’operazione militare, con l’obiettivo di rimuovere la dittatura tra il 22 e il 26 aprile. Il 24 aprile, alle 22.55, la radio Emissores Associados trasmette la canzone “E Depois do Adeus”. È il segnale della sollevazione. Il 25 aprile, alle venti minuti dopo la mezzanotte, nel suo programma “Limite”, Radio Renascença manda in onda la canzone proibita di José Afonso, “Grandola, Vila Morena”. È il semaforo verde all’operazione “Fim do Regime”. Ventiquattro ore dopo, il Portogallo sarà un paese libero.
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Foto in alto | Otelo Saraiva de Carvalho, uno dei militari che ha guidato la Rivoluzione dei Garofani