Alla fine del mandato “probabilmente mi trasferirò in Italia. Perché è un Paese che considero casa per diversi motivi e perché in Italia esiste una bella parola come “garantismo” che dovrebbe essere tradotta in tutta Europa”. A dirlo in un’intervista al Corriere è Eva Kaili, eurodeputata ed ex vicepresidente del Parlamento di Bruxelles, arrestata nel 2022 e tuttora indagata per corruzione nell’inchiesta sul Qatargate: nel suo appartamento erano stati trovati sacchi di banconote per un totale di seicentomila euro in contanti. La politica greca, espulsa dal partito socialista ellenico (Pasok), è fidanzata con un italiano, Francesco Giorgi, assistente parlamentare a sua volta arrestato per le presunte mazzette. Ma dice di essere affezionata al nostro Paese soprattutto per l’attenzione dimostrata della classe dirigente nei confronti degli indagati: “In Italia ci sono alcuni partiti che si oppongono ai processi a sfondo politico e chiedono il rispetto della presunzione di innocenza indipendente dal partito della persona accusata”, afferma.
In base a un provvedimento emesso dal giudice istruttore, a Kaili non è consentito rilasciare dichiarazioni pubbliche sull’indagine che la coinvolge. E per questo, spiega, non si ripresenterà alle elezioni europee: “Io speravo che i cittadini dell’Ue potessero vedere la verità prima di votare a giugno, ma il divieto di parlare di questo caso mi rende impossibile anche solo essere candidata. Mi concentrerò sulla politica tecnologica, e se le cose andranno come prevedo, vedo il mio futuro nell’impegno a favore delle donne e dei bambini”. Poi ringrazia alcuni personaggi pubblici italiani per il sostegno che le hanno dimostrato: “Sarò sempre grata all’onorevole Deborah Bergamini di Forza Italia, l’unico politico di un partito diverso dal mio che ha messo in discussione questi metodi ed è venuta a trovarmi nei miei tempi più bui, e a Riccardo Noury, di Amnesty International Italia, che ha osato paragonare il Belgio alla Bielorussia per i metodi usati contro mia figlia”.