Dopo i comunicati per denunciare l’utilizzo della rete come “megafono del governo“, le proteste dopo la censura dei vertici sulla presenza dello scrittore Antonio Scurati al programma Chesarà di Serena Bortone e, ultimo episodio in ordine di tempo, la chiamata del primo ministro albanese, Edi Rama, ai dirigenti dell’azienda per protestare dopo la messa in onda di una puntata di Report sull’accordo Italia-Albania per i migranti, i giornalisti Rai hanno annunciato uno sciopero per il 6 maggio. A comunicarlo è il sindacato Usigrai spiegando in una nota che “l’incontro di raffreddamento con l’azienda si è risolto con un nulla di fatto, motivo per cui confermiamo il nostro stato d’agitazione“.

Per questo, continua il testo, “sentita la commissione garanzia è stato proclamato uno sciopero di 24 ore con astensione dal lavoro dalle 5.30 di lunedì 6 maggio alle 5.30 di martedì 7”. E aggiunge però che “nel rispetto delle regole fissate dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, non potranno aderire i giornalisti del Giornale Radio Rai che già saranno impegnati in uno sciopero sabato 27 aprile contro l’ipotesi di accorpamento del Gr Sport con Rai Sport e di Gr Parlamento con Rai Parlamento che svuoterebbe Radio1 della sua vocazione all news senza alcun vantaggio per la testata e l’azienda”.

Usigrai fa sapere che nei giorni precedenti allo sciopero verranno messe in atto una serie di iniziative sindacali come da mandato dell’assemblea dei cdr dello scorso 17 aprile. “I motivi della protesta – aggiungono – sono il controllo asfissiante sul lavoro giornalistico, con il tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo, l’assenza dal piano industriale di un progetto per l’informazione della Rai, le carenze di organico in tutte le redazioni, il ‘no’ dell’azienda a una selezione pubblica per giornalisti, la mancata sostituzione delle maternità, la disdetta dell’accordo sul premio di risultato senza una reale disponibilità alla trattativa, la mancata stabilizzazione dei colleghi precari”.

Nelle ultime settimane, la tensione all’interno delle redazioni della rete pubblica è cresciuta vertiginosamente. La situazione era diventata chiara già il 12 aprile, quando era esplosa la protesta a reti unificate dei giornalisti Rai dopo che la Commissione di Vigilanza aveva approvato la nuova norma sulla par condicio: “La maggioranza di governo – si leggeva nel comunicato Usigrai – ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono. Lo ha fatto attraverso la Commissione di Vigilanza che ha approvato una norma che consente ai rappresentanti del governo di parlare nei talk senza vincoli di tempo e senza contraddittorio. Non solo, Rainews24 potrà trasmettere integralmente i comizi politici, senza alcuna mediazione giornalistica, preceduti solamente da una sigla. Questa non è la nostra idea di servizio pubblico, dove al centro c’è il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti che fanno domande (anche scomode) verificano quanto viene detto, fanno notare incongruenze. Per questo gentili telespettatori vi informiamo che siamo pronti a mobilitarci per garantire a voi un’informazione indipendente, equilibrata e plurale”.

Da quel momento, tra i dipendenti del servizio pubblico e i vertici aziendali è iniziato uno scontro che ha portato, oggi, all’annuncio di sciopero. A peggiorare la situazione ha contribuito, pochi giorni dopo, la notizia dello stop alla presenza di Antonio Scurati nel programma di Serena Bortone per celebrare il 25 aprile. Lo scrittore avrebbe dovuto leggere un monologo sulla Festa della Liberazione, ma dall’azienda si è deciso di fermare la sua partecipazione al programma. Le forze di governo hanno tentato di giustificare la decisione adducendo motivazioni economiche, ma il compenso per lo scrittore era di appena 1.800 euro. Così, Usigrai ha diffuso un altro comunicato, letto sempre nel corso dei Tg nazionali, nel quale definiva il “controllo dei vertici Rai sull’informazione del servizio pubblico” che “si fa ogni giorno più asfissiante. Siamo di fronte a un sistema pervasivo di controllo che viola i principi del lavoro giornalistico“.

Il 24 aprile, infine, le dichiarazioni di Edi Rama ai giornali albanesi nelle quali attaccava Report. È poi emerso che il premier di Tirana ha chiamato personalmente il direttore dell’Approfondimento Paolo Corsini annunciando l’invio di una lettera con la richiesta di precisazioni e chiarimenti sulla puntata. Un atto che è stato bollato da alcuni come un’ingerenza di un capo di governo straniero nei confronti di un’azienda pubblica italiana.

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