Questo 25 aprile è davvero una giornata particolare. E non solo perché ci risulta che si svolgeranno poco meno di un migliaio di iniziative. Non solo perché è un anniversario “pesante”cento anni dall’omicidio di Matteotti e ottanta dai massacri nazifascisti fra cui le Fosse Ardeatine, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema -, ma anche perché la vicenda italiana e quella internazionale stanno determinando reazioni significative in vasti strati della società, sempre più preoccupati per il restringimento degli spazi democratici e dei diritti di libertà e allarmati per una deriva bellicista che assume sempre più il contorno di una profezia che si autoavvera.

Per questo lo slogan che abbiamo proposto in tutta Italia è: “Viva la repubblica antifascista!”.

È innegabile la presenza di un vasto movimento di studenti in radicale contrasto con le posizioni del governo sulla tragedia di Gaza e della Palestina e con la corsa al riarmo in cui il nostro Paese (assieme all’Europa e a mezzo mondo) è freneticamente impegnato. La clamorosa censura in Rai nei confronti dello scrittore Antonio Scurati ha determinato una reazione di rigetto di dimensioni nazionali, che vede in prima fila intellettuali e giornalisti. A ben vedere si è trattato di un gigantesco autogol, che ha denudato il re (che brutto spettacolo!), ha scandalizzato l’Italia e ha determinato reazioni persino nel governo e addirittura in Fratelli d’Italia.

Ma il caso Scurati ha scoperchiato una pentola che era già in ebollizione: le querele del potere politico contro personalità del mondo della cultura, l’oramai generalizzato uso del manganello come strumento di governo delle manifestazioni di piazza, la strumentale insipienza del governo nei confronti della brutta storia di Ilaria Salis, l’attacco alla legge 194 con la presenza di antiabortisti nei consultori, le velate minacce al diritto di sciopero (Salvini docet), il reiterarsi di decreti e provvedimenti di polizia (decreto anti-rave, decreto Cutro, decreto Caivano, pacchetto sicurezza), tutto ciò stava già rivelando qualcosa ad una parte sempre maggiore di opinione pubblica. Cosa? Non solo inquietanti pulsioni autoritarie, ma anche uno stile rancoroso e vendicativo da parte di alcuni ministri, in particolare da parte della Presidente del Consiglio.

Il suo stesso, ostinato rifiuto di pronunciare la parola Antifascismo e il suo ostentato lessico nostalgico (Nazione, destino, doveri, italianità) rivela che Giorgia Meloni da un lato non ha affatto reciso le radici politiche e sentimentali col Movimento sociale, dall’altro tende a disegnare un modello di governo del Paese per molti tratti simile a quello della Polonia di Kaczynski e dell’Ungheria di Orbán.

Poi c’è il tema della guerra e dei suoi orrori che, prima con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, oggi con la distruzione di Gaza (e di una rilevante parte dei suoi abitanti), scuote l’opinione pubblica, perché è sempre più chiaro che le scelte del governo italiano – e, ahinoi, dei massimi dirigenti dell’Unione Europea – non vanno nella direzione di una composizione dei conflitti attraverso l’arma della diplomazia, ma attraverso nella direzione di un’espansione dei conflitti attraverso la diplomazia delle armi.

L’esito di queste politiche è nei fatti: Putin ha oramai occupato un’ampia parte del territorio ucraino, Netanyahu continua imperterrito nei suoi massacri seriali, in attesa di quella che potrebbe essere la più grande macelleria, cioè l’attacco a Rafah, dove si è rifugiato più di un milione di palestinesi, Hamas non rilascia gli ostaggi dopo la carneficina del 7 ottobre. Non solo: il Fondo Monetario Internazionale prevede per il 2024 un incremento del Pil per l’Italia dello 0,7%, della Germania dello 0,2%, della Russia del 3,2%. Ricordate le sanzioni che avrebbero piegato in due settimane Putin? Altro che collasso della Russia! Invece è avvenuto l’effetto boomerang: l’Unione Europea traballa in stagnazione.

A dire il vero non tutto va male: fiorisce l’industria delle armi raggiungendo il massimo storico di spesa mondiale, e l’esperienza storica dimostra che quando si producono tante armi, prima o poi si usano. Così è avvenuto nel caso dei due conflitti del 900. Dunque: cessate il fuoco, ovunque. È la priorità. Autoritarismo, oscurantismo, guerra: non era questo il mondo e il Paese per cui hanno combattuto le partigiane e i partigiani. Eppure da loro ci giunge una lezione attualissima. La lotta apparentemente disperata contro un esercito soverchiante e nonostante i ritardi degli Alleati fu vittoriosa. Per fortuna oggi non stiamo in quella drammatica situazione, non ci sono i bombardamenti, le stragi, il dolore. Si può cambiare la storia con perseveranza, unità e un progetto di futuro.

Il nostro progetto, che sappiamo è comune a tante forze e a larga parte della comunità nazionale, si chiama difesa e piena attuazione della Costituzione, non a caso attaccata da chi vuole sostituire il parlamento con un uomo (o una donna) solo al comando. Il 25 aprile è giorno di festa perché fu la Liberazione. E sia oggi giorno di festa, per una nuova liberazione che si chiama Costituzione.

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