A Torino volano gli stracci nel board di una delle fondazioni bancarie più potenti di Italia, quella della Cassa di Risparmio di Torino, la terza per entità di patrimonio: 2 miliardi di euro erogati finora per 42mila progetti per l’arte, la ricerca, la formazione, il welfare, l’ambiente – scrive sul suo sito. C’è chi presenta il regolamento di conti che ha estromesso segretario e presidente del CdA, Fabrizio Palenzona, come una reazione al suo strapotere e alla bulimia di posti che gli ha fatto compiere di recente alcuni clamorosi passi falsi. Che lo hanno indebolito, incoraggiando trame e congiure per regolare i conti, piuttosto usuali in questi ambienti, specie quando il capo non sembra più così saldo sulle sue gambe.
C’è chi interpreta gli avvenimenti e i riposizionamenti come un altro segnale del crollo del Sistema Torino in cui il ruolo delle Fondazioni bancarie è ancora centrale. Da lì passano le politiche di welfare e non solo quelle, a cui comuni e regione hanno delegato indirizzi e strategie di sviluppo di fatto privatizzando anche questo. Estromesso Palenzona, il resto del consiglio di amministrazione si è allegramente spartito cariche e prebende, incurante del clima non proprio favorevole, specie per i richiami a “patti occulti” e a “dossier segreti” che l’uno o l’altro minacciano di rendere pubblici. Insomma il solito sistema opaco che si basa anche su ricatti e segreti da tenere nascosti, a “faccendieri” messi a gestire le risorse delle Fondazioni, a siglare patti poco utili ai cittadini e molto ai personaggi che siedono nei board delle istituzioni.
Rispettano le leggi? Ovvero chi controlla che le rispettino? Il dubbio è alimentato dai racconti di questi giorni, ma soprattutto dall’applicazione del Decreto del Ministero della Finanze del 23 novembre 2020, n. 169 “Regolamento in materia di requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche, degli intermediari finanziari, dei confidi, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento e dei sistemi di garanzia dei depositanti”. Il Decreto stabilisce caratteristiche piuttosto stringenti e non si tratta di consigli per gli acquisti, ma di prescrizioni tassative sulle quali la vigilanza deve essere massima, per garantire la piena legittimità degli organi di governo delle Fondazioni.
Sotto osservazione non solo i reati e le condanne in ambito finanziario, ma anche quelli contro la persona e/o le vicende giudiziarie definite con patteggiamenti. D’altra parte la selezione ferrea dei suoi amministratori è la migliore garanzia per un’ottimale operatività della Fondazione. Per questo la responsabilità collettiva dell’organo, nel caso delle Fondazioni, si chiama Consiglio Generale, coinvolge tutti i suoi membri e anche chi li ha nominati. Se tra loro c’è un condannato per reati finanziari o uno stalker o un bancarottiere oppure un condannato per reati contro la pubblica amministrazione eccetera, è bene che lo si accerti prima che la sua decadenza trascini nel fango l’ente che l’ha proposto e la Fondazione in cui siede. A maggior ragione se c’era chi sapeva, sospettava e, invece di svolgere il suo compito, ha fatto finta di nulla, magari confezionando dossier da millantare per ottenere prebende o altro.
Dunque, a Torino volano gli stracci intorno e dentro la Fondazione Bancaria CRT – i bene informati sostengono che non sia finita qui – e si procede alla nomina del nuovo presidente della Compagnia San Paolo, senza contraccolpi.
Nel mentre, gli enti soci della Cassa di Risparmio di Cuneo, la terza per importanza in Piemonte e tra le prime dieci in Italia, hanno completato le nomine dei loro rappresentanti che si apprestano, il 3 maggio, a eleggere presidente e cariche sociali varie. Facile immaginare le cordate, gli accordi politici, le alchimie e tutto quello che accompagna una fase decisiva, anche per le carriere dei singoli e per gli assetti della politica locale di cui la Fondazione è una bella cassa.
Però stavolta c’è qualcosa in più: nelle piazze centrali della Città gira con insistenza la voce che fra i venti neo designati nel Consiglio Generale della Fondazione ve ne siano alcuni, non proprio di secondo piano, che potrebbero non avere i requisiti. Le solite maldicenze, ma non sarebbe il caso – qui come altrove – di rendere accessibili le dichiarazioni di rispondenza dei requisiti dei nominati a quanto prescritto dal Regolamento del Ministero delle Finanze?
Chi nomina i propri rappresentanti nelle Fondazioni bancarie (e non solo in quelle) dovrebbe proprio prima leggere I Signori delle città. La prima inchiesta completa sul potere e i segreti delle fondazioni bancarie di Di Nunzio e Gandolfo; è del 2020, ma ancora attualissimo. Così potrebbero realizzare l’enorme responsabilità che hanno in mano e anche l’importanza della pratica della trasparenza nelle procedure che conducono alle scelte dei rappresentanti. Il patrimonio gestito dalle fondazioni si aggira sui 50 miliardi almeno, un patrimonio oggettivamente pubblico, dunque sarebbe il minimo pretendere che gli enti territoriali (pubbliche amministrazioni e operatori economici) rendessero note le verifiche operate circa il possesso dei requisiti previsti dal Regolamento del Ministero delle Finanze, insieme agli indirizzi a cui conformare i comportamenti dei nominati.