L’ex assessore ai Lavori Pubblici di Caivano Carmine Peluso vuota il sacco, si pente e racconta come camorra e politica locale si misero d’accordo per spartirsi la torta degli appalti. Quantificata in ben 20 milioni di finanziamenti pubblici, compresi quelli provenienti dal Pnrr, stanziati nel bienno 2020-21. Lo racconta l’edizione napoletana di Repubblica, che pubblica pezzi di verbali allegati all’avviso di conclusione dell’inchiesta che nell’ottobre scorso culminò negli arresti di mezza amministrazione cittadina, e fu seguita dallo scioglimento del comune per infiltrazioni malavitose. Una ulteriore ferita dopo l’orrenda vicenda dello stupro di gruppo di due cuginette. Oltre a Peluso vanno verso il processo anche due ex consiglieri comunali, Giovambattista Alibrico e Gaetano Ponticelli, un altro politico locale, Armando Falco, il tecnico Martino Pezzella e l’ex dirigente comunale, Vincenzo Zampella.
“La mia intenzione è fornire maggiori informazioni sulle attività illecite e sui rapporti tra il clan e la politica”, esordisce in un verbale del 25 gennaio il commercialista Peluso, eletto consigliere comunale nel 2020 e poi nominato assessore nella giunta di centrosinistra dell’allora sindaco Vincenzo Falco (non indagato). Secondo le accuse della Dda guidata da Nicola Gratteri, Peluso era diventato il “garante” nelle relazioni tra gli imprenditori e il clan guidato da Antonio Angelino detto “Tibiuccio”. Che l’assessore avrebbe incontrato poco dopo la nomina. Accuse che il diretto interessato conferma nel verbale del 15 febbraio: “Ero stato individuato come il perno principale, nel senso che avrei dovuto essere il portatore presso le ditte delle richieste del clan”.
L’ex assessore riferisce il modus operandi: “La gara veniva bandita dopo che i lavori era già stati effettuati ed era frutto di un accordo a monte tra me, Zampella e la ditta”. Peluso ne aveva vantaggi: “Facevo lavorare le ditte che volevo io e ciò mi giovava anche in termini di consenso elettorale. Poi mi veniva corrisposto denaro, da un minimo di 500 euro sino a 3mila euro da parte delle ditte”. Quanto ai clan, “se le ditte erano di Caivano, non c’erano problemi… richiedeva una percentuale a titolo di estorsione in virtù di un pregresso rapporto”. In altri pezzi di verbale, Peluso spiega che aveva preso l’impegno di ricevere la tangente in nome e per conto della camorra, e che avrebbe pensato a versarla al clan Angelino in un momento successivo. Ma dice di non aver ricevuto nulla da loro.