“Tutti mi ricordano come giornalista, ma io sono innanzitutto un manager della tv”. Così il 78enne (ne compirà 79 il 26 maggio) Giovanni Minoli in una intervista a Il Corriere della Sera. Fresco di cittadinanza onoraria ricevuta a Napoli per aver dato vita nel 1996 a “Un Posto al Sole”, Minoli ripercorre con la memoria momenti legati alla politica (nel suo celebre “Mixer” passavano tutti i numeri uno della Prima Repubblica), ma anche alla tv. Si inizia dalla Democrazia Cristiana che “ha fatto l’Eni, rilanciato l’Iri, fondato la Cassa del Mezzogiorno, portato l’Italia distrutta dalla guerra tra le potenze industriali del mondo, ricostruito una politica estera. Ho appena finito di leggere le 500 pagine inedite del diario di Bernabei: lì c’è tutto”.
Poi c’è l’amico Bettino Craxi e il suo Partito Socialista Italiano: “Aveva detto la verità. Nel suo discorso in Parlamento durante Tangentopoli, quando avvertì che tutto il sistema di finanziamento dei partiti era ‘irregolare o illegale’, e che caduto il Muro era giunta l’ora di riconoscerlo come problema politico e voltare pagina. Ma sai che mi ha detto una volta Goffredo Bettini? Che la celebre intervista di Berlinguer sulla questione morale, molto ripresa in questi giorni di scandali a sinistra, era rivolta principalmente ai suoi compagni di partito. Era una messa in guardia”. E infine Silvio Berlusconi: “La sua Italia semplice e vera, uno che ha fatto in una sola generazione il lavoro di tre”.
Poi il discorso su sposta sulla tv e naturalmente Minoli non poteva non commentare il caso che ha tenuto banco nelle scorse settimane, ossia il trasloco di Amadeus da Rai 1 al Nove: “Io preferisco l’Italia vera. E se vuoi sapere che cos’è, c’è tutto in Affari tuoi condotto da Amadeus: quelli sono gli italiani, con le loro ambizioni, aspirazioni, goffaggini, un popolo di semplici e di buoni, che si imbestialiscono però quando si trovano davanti a un’ingiustizia. Amadeus ha trasformato quel programma in un trattato di sociologia. Lui è il migliore, insieme a Fiorello equivalevano ai Baudo&Carrà della vecchia Rai. Lasciarlo andare via è stata una follia. Spero che abbiano in testa come uscirne, adesso”.
Sul tema raccomandazioni, infine, solo una volta Minoli si è esposto: “Per Massimo Giletti. Era il figlio di un’amica di mia madre, facevano le dame di beneficenza insieme a Torino. Mia madre mi chiese di dargli una mano. Ma io non andavo tanto d’accordo con lei. Così, quando si presentò il ragazzo la prima volta gli dissi di tornarsene nell’azienda del padre dove lavorava. Rieccolo un anno dopo: stessa risposta. La terza volta appena entrato mi dice: ‘Guardi che mi sono licenziato, non mi può più rimandare in azienda’. La sua ostinazione mi piacque. Lo presi e lo misi alla prova: il giorno dopo l’avviso di garanzia ad Andreotti gli dissi di appostarsi all’alba davanti alla chiesa dove il senatore andava a messa e di fargli un’intervista per strada. Ci riuscì”.