“Se guardo indietro, mi sembra di avere scalato una montagna”. Inizia così, dalla fine, la storia di Elena, una donna di circa 40 anni colpita da un tumore alla vulva molto raro. Elena ne è uscita bene (lei lo definisce “un piccolo miracolo”), ma più che un miracolo, la sua guarigione è il frutto di un trattamento “eccezionale”, innovativo che solo in 6 centri al mondo viene effettuato. E uno di questi si trova al Centro nazionale di adroterapia oncologica (CNAO) di Pavia. Un trattamento definito “a fascio misto”, basato su ioni carbonio e protoni, al quale Elena ha potuto sottoporsi evitando – questa la grande novità – l’intervento demolitivo e riappropriandosi della propria vita, anche sessuale.
La storia di Elena
La donna è originaria della Romania ma risiede in Italia da più di 17 anni. Elena è sposata e madre di due figli. Nel 2021 riceve la diagnosi di carcinoma adenoideo cistico alla vulva, un cancro molto raro resistente alla radioterapia tradizionale e alla chemioterapia, che fra le altre cose le provoca un dolore invalidante nella zona pelvica. L’unica prospettiva sembra essere l’asportazione della vulva, di parte della vescica, dell’uretra, dell’intestino e della vagina, ma nel 2022 l’équipe che segue la paziente chiede un parere al centro pavese di adroterapia da dove arriva un “piano B”: bersagliare il tumore con particelle pesanti generate da un acceleratore, capaci di distruggere con precisione sub millimetrica la lesione tumorale salvando i tessuti sani circostanti. “Oggi, a poco più di un anno dal trattamento”, riferiscono i medici, “Elena non ha più sintomi e la malattia è in risposta sia clinica che radiologica”.
Che cosa sono i carcinomi adenoideo cistici
Siamo di fronte a neoplasie rare che in genere si sviluppano nella zona testa-collo e più raramente in altre sedi. Tra i più rari vi sono quelli della vulva, dove i carcinomi adenoideo cistici rappresentano meno dell’1% di tutte le neoplagie vulvari e che si caratterizzano per non rispondere adeguatamente alla radio e chemioterapia. In più, nel caso di Elena il tumore era cresciuto intorno all’uretra e lungo il decorso del nervo pudendo, producendole molto dolore che condizionava la sua qualità di vita. Dopo una discussione multidisciplinare del caso, come avviene sempre in oncologia e che è cruciale in caso di neoplasie rare, la paziente è stata sottoposta a un trattamento di adroterapia (radioterapia con adroni) a dosi radicali e composto da due fasi: la prima con fasci di ioni carbonio sull’area tumorale per radiosensibilizzarla; la seconda con protoni su un’area più estesa, che includeva le zone ad alto rischio di recidiva.
Un lavoro di squadra (insieme al marito)
L’approccio chiave di queste cure è senz’altro quello multidisciplinare in cui specialisti di vare aree mediche dialogano e si confrontano. Nel caso di Elena, e soprattutto quando si parla di neoplasie rare o ultra rare, “il dialogo tra professionisti e la discussione multidisciplinare è di cruciale importanza”, spiega al FattoQuotidiano.it Amelia Barcellini, oncologo radioterapista del Cnao che ha seguito Elena. “I pazienti affetti da carcinoma adenoideo-cistico (come i restanti pazienti affetti da neoplasie rare che vengono indirizzati a CNAO) arrivano al nostro centro dopo che i team multidisciplinari dei principali ospedali oncologici del territorio nazionale che li hanno in cura si mettono in contatto con noi per discutere collegialmente il caso”.
In questo lavoro multidisciplinare non è secondario il supporto psicologico di chi sta vicino al paziente; anzi, nel caso di Elena è risultato cruciale il ruolo di suo marito: “Non mi ha mai fatto mancare il suo sostegno psicologico e fisico”, sottolinea infatti la donna. “Quando ero costretta a letto, si è preso cura di me e dei nostri figli, tenendo unita la famiglia; lavorava e si occupava anche delle faccende domestiche. Quando le terapie ci precludevano la possibilità di avere rapporti intimi non mi ha mai fatto pesare in alcun modo la situazione. E quando è stato possibile ritrovare la nostra sfera intima, lo abbiamo fatto con molta delicatezza, in modo graduale, seguendo tutti i suggerimenti che ci avevano dato al Cnao e al Policnico San Matteo”. “Cruciale, dal nostro punto di vista, l’avvio di un programma di riabilitazione pelvica dall’inizio del percorso di cura; anche nel caso della signora Elena”, chiarisce Barcellini, “questo è stato possibile attraverso un lavoro interdisciplinare che ha coinvolto altre due strutture pavesi: ICS Maugeri e, appunto, il Policlinico San Matteo”.
La salvaguardia della sfera genitale
Uno degli aspetti più delicati per queste patologie è infatti preservare l’area genitale per permettere di mantenere una sufficiente vita sessuale. Fatto che rende l’adroterapia un trattamento all’avanguardia perché permette di erogare una dose di ioni maggiore sul tumore, riducendo in maniera significativa il coinvolgimento di parti sane vicine al tumore rispetto alla radioterapia tradizionale. Di conseguenza si “riduce il rischio di tossicità”, continua l’esperta. “Tuttavia, come ogni radioterapia, anche l’adroterapia non è scevra da effetti collaterali. Per questo motivo nei trattamenti del distretto pelvico che possono impattare negativamente sulla qualità della vita delle pazienti, anche in termini di salute sessuale, è necessaria una cura multidisciplinare e olistica che accompagni la paziente durante i trattamenti e dopo i trattamenti. Importante, sotto questo punto di vista, considerando l’impatto deflagrante nella vita di relazione, familiare e di coppia, prevenire questa tossicità occupandosene attivamente”. Da segnalare che “Il carcinoma adenoideo-cistico rientra nei livelli essenziali di assistenza (LEA) che dal 2017”, conclude Barcellini, “permettono un rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale del trattamento adroterapico per dieci neoplasie rare e difficili da curare”.