Latte inacidito “corretto” per mascherare il cattivo stato di conservazione dei prodotti destinati alla grande distribuzione. Al suo interno soda caustica e acqua ossigenata. È quanto scoperto in un maxi blitz dai carabinieri dei Nas di Ancona e dall’Unità investigativa Centrale del Dipartimento dell’Ispettorato Centrale per il Controllo della Qualità e Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari del MASAF (ICQRF) nelle Marche, secondo quanto riportano le edizioni locali del Resto del Carlino e del Corriere Adriatico.
A finire nel mirino dei Nas, in un’operazione che ha impiegato complessivamente 60 ufficiali di polizia giudiziaria, in particolare, un caseificio controllato dal gruppo TreValli Cooperlat, una delle prime realtà italiane per la produzione di latte e formaggi, l’azienda Fattorie Marchigiane di Colli al Metauro, in provincia di Pesaro-Urbino. Il caseificio è stato rivoltato: nella maxi-perquisizione, disposta dalla procura di Pesaro, come riporta il Resto del Carlino, sono state sequestrate celle frigo, vani di conservazione, bancali con prodotti scaduti e ingenti quantitativi di soda caustica e ossigenate utilizzate, secondo le ipotesi, per correggere il latte andato a male. Perquisito poi anche il laboratorio e i locali di stoccaggio. In totale, si legge in una nota ufficiale, sono state sequestrate circa 90 tonnellate di latte e 110 tonnellate di prodotti lattiero caseari, insieme a circa 2,5 tonnellate di sostanze sofisticanti, per un valore di circa 800mila euro. Tra le cose sequestrate, rivela una fonte al Fattoquotidiano.it, anche sistemi informatici e computer utili per cercare ulteriori tracce di alterazioni.
I sequestri, si legge ancora nella nota del ministero dell’Agricoltura, sono scattati dopo le indagini della procura di Pesaro, nei confronti di 10 persone e tre società, “al fine di bloccare un complesso fenomeno di adulterazione e sofisticazione che serviva a coprire e correggere il cattivo stato di conservazione di prodotti destinati alla grande distribuzione”. Le ipotesi riguardano quindi reati di frode alimentare.
Secondo quanto riporta Ilsalvagente, il latte sarebbe stato conservato in silos per giorni per abbattere la carica batterica e mascherare l’acidità, oltre che per evitare i controlli di laboratorio rivelassero le alterazioni. All’attenzione degli inquirenti, riporta sempre Ilsalvagente, ci sarebbe anche l’uso di latte contaminato con aflatossine, cioè funghi che possono attaccare il foraggio con cui si alimentano le mucche, o, ancora, latte non conforme per valori di antibiotici superiori al limite consentito.
La rivelazione di un’ex dipendente – Quanto scoperto dagli investigatori, però, non sarebbe un caso isolato. Almeno secondo quanto raccontato da una ormai ex dipendente. Come riporta il Resto del Carlino, la donna, reagendo al proprio licenziamento, ha riferito alcuni mesi fa ai Nas cosa accadeva “lì dentro”, cioè alla TreValli. Il racconto dell’ex dipendente non riguarda solo l’alterazione del latte, ma anche una storia di diritti dei lavoratori negati. “Quello che succedeva lì dentro era noto a tutti, compresi ai sindacalisti che non battevano ciglio. In particolare, io sono rimasta 22 anni senza essere assunta stabilmente. Si lavorava a stagione, che equivale però a 365 giorni”. La donna, infatti, veniva assunta il 1 gennaio e licenziata il 31 dicembre. E il latte? “Quando arrivava dalla Germania non c’erano problemi, era di ottima qualità e non veniva trattato”. Diverso il caso dei produttori “cosiddetti locali” che, dice ancora la gola profonda, “arrivava già acido” perché “munto due giorni prima” e poi “conservato in maniera sbagliata”. “Allora veniva portata la soda caustica che arrivava in scaglie, sciolte con l’acqua calda e poi, attraverso dei procedimenti, messe nel circolo della produzione dei prodotti”. Lei stessa, dice, saputo quello che accadeva, ha smesso di comprare i prodotti del gruppo caseario. E nulla sembrerebbe essere cambiato con il cambio della dirigenza, avvenuta qualche anno fa, anzi. “I nuovi dirigenti – si legge ancora sul Resto del Carlino che riporta la testimonianza della dipendente – hanno iniziato a mobbizzarci perché non volevamo fare certe pratiche per adulterare il latte. Hanno cominciato a mettere difficoltà su tutto, fino a metterci alla porta”. Lo stesso licenziamento da cui poi è partita la causa di lavoro che ha portato la gola profonda a raccontare cosa accadeva in azienda.
Il precedente – Il racconto della dipendente, così come riportato dal quotidiano marchigiano, sembra disegnare un “sistema” legato all’alterazione del latte. Lo stesso di cui era convinto, solo due anni fa, il perito Daniele Seniga, carabiniere in congedo che da anni lavora nel campo dell’industria del latte come “controllore” della qualità. Proprio Seniga, in un’inchiesta del Fattoquotidiano.it, aveva rivelato di aver scoperto durante un controllo in una delle sotto-cooperative afferenti al gruppo Cooperlat Trevalli che, almeno in un’occasione, il latte era stato mischiato con l’acqua tramite un sistema di doppio fondo di un camion.
Le posizioni del gruppo Cooperlat – All’epoca della scoperta del camion truccato, Trevalli aveva respinto tutte le possibili accuse, di fatto rovesciando tutte le responsabilità sul singolo autotrasportatore, subito allontanato dall’azienda, e definendo la sotto-cooperativa come “parte lesa” rispetto al fatto.
E anche oggi, dopo la scoperta dei Nas, Cooperlat rassicura con una nota i consumatori: “In relazione alla notizia di stampa circa l’operazione dei Nas di Ancona e dell’Unità Investigativa Centrale Icqrf, intervenuta presso il sito produttivo caseario di Colli Al Metauro (Pu) di Fattorie Marchigiane Cons. Coop. Soc. Agricola, appartenente al Gruppo Cooperlat, intendiamo comunicare che abbiamo fornito e continueremo a fornire la massima collaborazione allo svolgimento delle indagini, nella consapevolezza del costante e corretto operato di Fattorie Marchigiane – si legge nella nota – Le altre due strutture visitate nell’ambito dell’ispezione Nas/Icqrf sono un deposito di prodotti caseari, ubicato in Loria (Tv), dove gli ispettori hanno potuto constatare il perfetto stato degli ambienti sotto il profilo igienico-sanitario e l’altrettanta perfetta conservazione ed integrità dei prodotti ivi rinvenuti, nonché l’azienda agricola di un socio conferitore, Altavalmarecchia-Montefeltro (Rm), nella quale sono stati effettuati dei prelievi di materia prima per le relative analisi”. Infine, scrivono ancora, “preme precisare che i controlli dei prodotti immessi sul mercato non hanno evidenziato alcuna anomalia“.
Al momento nessun prodotto risulta ritirato dal mercato. Per analizzare i prodotti in commercio, infatti, spiega Seniga al Fattoquotidiano.it, servono analisi specifiche e approfondite relative agli “alteranti” incriminati, e non bastano le “normali” analisi di controllo. Ma, ne è convinto il perito, “le indagini proseguiranno” e quello di lunedì “è solo un primo blitz”.
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