Nel suo discorso alla kermesse di Fratelli d’Italia a Pescara, Giorgia Meloni ha annunciato la sua candidatura alle prossime elezioni europee, capolista in tutte le circoscrizioni. “Io sarò sempre una persona a cui dare del tu, senza formalismi, senza distanza”, ha spiegato. Per questo, ha suggerito, “sulla scheda elettorale scrivete solo Giorgia“. Niente cognome, dunque, come la legge prescrive nei casi in cui l’elettore possa attribuire una o più preferenze ai candidati della lista prescelta. Si può fare o la preferenza è nulla?

Quella di Meloni è ovviamente una mossa studiata, magari per rendere la vita più facile a chi si recherà ai seggi con l’intenzione di votare per la Giorgia nazionale. A confermarlo è il ministro per le Politiche agricole Francesco Lollobrigida, che al termine dei lavori a Pescara ha spiegato che “c’è la possibilità nelle elezioni di ogni tipo di dare all’elettore la scelta se mettere il nome per esteso oppure semplificarlo quando è chiarito in fase di presentazione. Accade in tutte le elezioni, quindi ci sarà scritto “Giorgia Meloni detta Giorgia“. È una possibilità che la norma dà proprio per semplificare il concetto”, ha spiegato il ministro. La formula è quella famosa utilizzata dal leader radicale Marco Pannella, che in realtà si chiamava Giacinto e sulla scheda compariva come “detto Marco”. Ma nemmeno Berlusconi ha mai pensato al “detto Silvio”.

Tutto a posto dunque, e forse un eccesso di zelo. In materia elettorale vige infatti il principio del cosiddetto favor voti, per cui, in sede di scrutinio, la validità del voto deve essere ammessa ogni volta che sia possibile desumere l’effettiva volontà dell’elettore. E devono essere fatti salvi tutti i voti dai quali tale volontà emerge chiara. In altre parole, anche senza la formula annunciata da Lollobrigida, dare il voto a Fratelli d’Italia e la preferenza a Meloni scrivendo solo “Giorgia” sarebbe difficilmente contestabile. A maggior ragione, spiega al Fatto un veterano degli scrutini elettorali, se la premier ha dato un’indicazione “in modo pubblico e così manifesto”. Tanto che, aggiunge, anche di fronte a candidate della stessa lista con lo stesso nome della premier, scrivere “Giorgia” sarebbe con ogni probabilità ritenuto efficace per attribuire la preferenza a Meloni.

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