“La politica deve avere gli anticorpi, perché non ha senso sperare che sia la magistratura a risolvere i problemi. Bisogna pensarci prima, anche al momento delle candidature, bisogna fare selezione, questo compito spetta proprio alla politica”. Così Marcello Viola, Procuratore Capo di Milano, in una recente intervista al Festival internazionale dell’Antimafia a Milano. Ma cosa fanno, realmente, i partiti per lanciare quel forte messaggio etico, chiesto da più parti, per scongiurare forme di infiltrazione? Come rendono realmente efficaci i loro codici etici?
Premettiamo che i codici etici di autoregolamentazione delle candidature alle elezioni possono sostanzialmente essere prescrittivi o generici. Indicare reati ostativi la candidatura. Oppure affidarsi a enunciazioni di principio e a un ampio potere discrezionale dei Garanti. Alcuni vengono approvati dalle stesse assemblee dei partiti. Altri vengono proposti da associazioni nazionali. Famosissimo quello di Avviso Pubblico. C’è poi quello previsto dalla Commissione parlamentare antimafia che già nel 1991 aveva predisposto una sorta di decalogo sul controllo dell’onestà degli amministratori, a partire dalla formazione delle liste elettorali. Codice rivisto più volte e che ora si applica a tutti i tipi di elezione e “suggerisce” l’esclusione dalle liste dei candidati sulla base di alcuni criteri il più possibile oggettivi: precedenti penali, misure di prevenzione, rinvii a giudizio. Quelli che vengono chiamati “gli impresentabili”.
Ci sono poi i codici etici che prevedono vere e proprie sanzioni e quelli che glissano agilmente. Ed anche quelli che prevedono di regolare non solo la costruzione della lista, ma anche la vita politica degli eletti o nominati. Una cosa, però, li accomuna tutti: nessuno prevede la rendicontazione trasparente e in tempo reale dei finanziamenti della campagna elettorale dei candidati o dell’attività politica degli eletti. L’ormai arcinoto “Follow the money” è, anche qui, una indicazione operativa tanto semplice quanto efficace.
Un tentativo di inserire questo principio, che peraltro non ha avuto particolare successo, si è avuto con il codice proposto dal Pd metropolitano milanese nel 2013 e quello proposto da Wikimafia nel 2023. Gli unici, a quanto consta, che hanno posto l’accento sui flussi economici di sostegno alla campagna elettorale. Ed invece è proprio in questa direzione che si deve puntare.
Tra poco entrerà nel vivo la campagna elettorale per le prossime elezioni europee ma la norma per rendicontare le spese e le entrate non è ancora entrata in vigore. Considerati i ben noti costi delle campagne elettorali europee si staranno, comprensibilmente e giustamente, già raccogliendo finanziamenti, donazioni e contributi. Verranno comunque rendicontati? Come? Con quale sistema che garantisca necessariamente trasparenza e aggiornamento in tempo reale? Questi, tra gli altri, sono sicuramente elementi fondamentali da fornire ai cittadini per orientarsi in modo consapevole tra le preferenze. Oltre che per capire se tra i finanziatori vi sono anche soggetti più o meno direttamente legati alla criminalità organizzata.
Purtroppo, però, pare che l’elettorato passivo non sia particolarmente pronto. L’anno scorso per le elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio, dei 255 firmatari del codice etico di Wikimafia solo in 13 hanno ottemperato alla richiesta più impegnativa: pubblicare in tempo reale sul proprio sito i finanziatori che hanno versato per la campagna elettorale almeno 500 euro. La notizia, ça va sans dire, non ha avuto una grande eco.