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“La Gen Z è la più ricca di sempre ma è più depressa e fa poco sesso”: i risultati della ricerca internazionale

“The Economist” mette in evidenza luci e ombre della realtà degli Zoomers, i nati tra il 1997 e il 2012

di Emanuele Corbo

Il portafogli della Generazione Z è pesante. Sicuramente lo è più di quanto lo fosse quello dei Millennials e dei baby boomer alla loro età. Lo sostiene The Economist, che fa sapere come circa la metà dei nati tra il 1997 e il 2012 abbia, nei Paesi ricchi, un lavoro. In America alcuni di loro ricoprono già ruoli importanti come amministratori delegati e politici.

Non è però tutto oro quel che luccica. La Gen Z sarà pure più ricca, ma deve fare i conti con l’ansia. Jonathan Haidt, psicologo sociale della New York University, ha pubblicato un libro, The Anxious Generation, che sta facendo discutere. In questo scritto si mette in evidenza come gli Zoomers siano meno portati a costruire relazioni rispetto al passato. Non solo: hanno maggiori probabilità di essere depressi e fanno meno sesso. Secondo i dati ufficiali gli americani di età compresa tra i 15 e i 24 anni trascorrono in media solo 38 minuti al giorno a socializzare di persona, rispetto a quasi un’ora negli anni 2000. La colpa, secondo Haidt, sarebbe degli smartphone e dei social media. Non a caso a livello internazionale si sta pensando a come regolamentarne l’uso.

Professionalmente parlando, invece, coloro che sono nati tra il 1997 e il 2001 pare non possano proprio lamentarsi. Basta fare un confronto con i Millennials, nati tra il 1981 e il 1996, che si sono affacciati al mondo del lavoro in un momento pessimo dato dalle conseguenze della crisi finanziaria globale del 2007-2009. Oggi, invece, la disoccupazione giovanile nei Paesi ricchi è bassa come non lo era dal 1991. La cultura pop, come sempre, coglie lo spirito del tempo e non è raro trovare nelle canzoni che riempiono le classifiche protagonisti che si vantano di lasciare il lavoro perché sanno di poterne trovare subito un altro anche più remunerativo.

Culturalmente parlando, a fare le spese in un simile quadro è la formazione umanistica. Sempre più giovani stanno scegliendo campi che facilitino la ricerca di un lavoro. In Gran Bretagna e America, così, le discipline umanistiche vengono scartate a favore di economia e ingegneria. Proprio in questi Paesi si è registrato un aumento della retribuzione oraria media del 15 e del 13% circa: aumento salariale ben più ampio di quello che ha interessato gli altri gruppi di lavoratori.

Secondo The Economist a fare la differenza sarebbe anche il fatto che mentre i Millennials sono cresciuti pensando che un lavoro fosse un privilegio e quindi sarebbero più deferenti nei confronti dei capi e desiderosi di compiacere, gli Zoomers credono che il lavoro sia un diritto come dimostra il loro diverso atteggiamento nei confronti della professione: non sono pochi coloro che si impegnano quanto basta per non essere licenziati (le cosiddette “dimissioni silenziose”) e non rinunciano a ritagliarsi il giusto spazio per una vita al di fuori dell’ufficio.

E in Italia le cose come stanno? Come riporta l’Adnkronos, nelle classifiche dell’Unione europea siamo il Paese con il più alto tasso di Neet, ovvero di giovani che non lavorano e non si formano. Il calo delle nascite, inoltre, ha messo in crisi il ricambio generazionale anche aziendale: questo vuol dire che non ci sarà uno zoomer per ogni baby boomer che andrà in pensione nei prossimi quattro anni. In questo senso il futuro – incerto – della Generazione Z non è così distante da quello dei Millennials.

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