Snobbata perché troppo cara, negletta per essere l’autostrada delle promesse non mantenute, osservata speciale per rischio di crolli e inquinamento. In una parola, malata ancor prima di nascere. Così appare la Pedemontana Veneta, che non è neppure stata inaugurata definitivamente (appuntamento nel mese di maggio a Montecchio Maggiore), o meglio lo è già stata una decina di volte con tagli ufficiali del nastro, discorsi ed applausi ad ogni nuovo stato di avanzamento. È la più importante opera stradale cantierata d’Italia, con un costo apparente di 2,3 miliardi di euro e un esborso reale di 12 miliardi, sotto forma di canone di disponibilità versato dalla regione Veneto alla Sis (gruppo Dogliani di Torino), che l’ha costruita e la gestirà per 39 anni. Quei soldi dovrebbero arrivare dai pedaggi, la cui entità costituisce il grande punto interrogativo e l’incubo di SPV. Perché solo una cosa è certa: la Regione li sborserà sotto forma di rate, ma non sa quanto recupererà. Si comincia da 186 milioni con la prima rata completa riferita al 2024, si arriverà dopo 38 anni a 435 milioni di euro e si chiuderà al 39° anno con 332 milioni. La media comunque è di 300 milioni all’anno.
“Si incasseranno 80 milioni all’anno” – L’incognita è costituita da flussi di traffico e pedaggi. L’ultima denuncia arriva dal consigliere regionale dem Andrea Zanoni, candidato alle Europee, che ha ottenuto i dati degli incassi dei primi due mesi del 2024, dopo che l’arteria di 96 chilometri (da Spresiano con la A27 a Montecchio Maggiore con la A4) è stata virtualmente conclusa, anche se manca il cruciale innesto nella A4 a ovest di Vicenza che dovrebbe avvenire nella prima decade di maggio. “La Pedemontana si conferma un pozzo senza fondo. – dichiara Zanoni – A gennaio le entrate da pedaggio sono state pari inferiori di poco ai 7 milioni al mese, a febbraio ancora meno, 6,2 milioni di euro. In totale fanno 13 milioni 128 mila euro. Il che significa nemmeno 80 milioni di euro all’anno, quando ne dovranno essere versati a Sis in media 300 all’anno. Se la tendenza si confermerà nei prossimi mesi, il buco creato dalla Pedemontana annualmente per i prossimi 39 anni ammonterà a 220 milioni, più di 8 miliardi di euro in totale”. Dalla sua, Zanoni ha innanzitutto i dati riferiti al 2023, con 63 milioni di incassi, ma anche le previsioni in negativo nel bilancio della Regione Veneto: 29, 1 milioni nel 2023, 19,2 milioni nel 2024 e 17,3 milioni nel 2025. In totale fanno 65 milioni di euro.
“I dati sono parziali” – Non si è fatta attendere la replica della giunta regionale. “Si stanno dando numeri parziali, non considerando che l’opera non è ancora collegata con l’autostrada A4, una delle più congestionate d’Italia. Il consigliere Zanoni, in piena corsa elettorale, agita numeri che hanno un senso alquanto limitato. Solo a valle dell’interconnessione con A4 potranno essere condotte le valutazioni complessive”. Da Venezia si spiega che i flussi di traffico sono in forte crescita: “A fronte di 8.900 transiti nel gennaio 2023 e di 11.750 nel gennaio 2024 (traffico medio giornaliero) si è passati a marzo 2024 a 14.150 transiti, con un aumento negli ultimi due mesi di oltre il 20 per cento. Se rapportato ai mezzi pesanti, l’incremento è stato del 26,8 per cento nel mese di aprile. Inoltre, si sta assistendo ad un ulteriore incremento dei traffici rispetto a marzo di un ulteriore 8 per cento”.
Secondo la Regione, un’opera di questo genere ha bisogno di anni di avviamento prima di rendere. Replica di Zanoni: “Anche l’apertura del nuovo tratto, a sud di Malo, non ha aumentato il traffico. Propongo che si crei un tavolo con la concessionaria Sis per richiedere almeno il dimezzamento del canone che la Regione dovrà pagare e investire le risorse risparmiate nella sanità pubblica”. Operazione impossibile, considerando la convenzione in essere. In ogni caso la Corte dei Conti ha già indicato alcuni anni fa che il mancato innesto in A4 aveva prodotto una incidenza negativa del 13 per cento sui flussi, tutto sommato contenuta.
Si corre ai ripari – La Regione nega criticità, eppure corre ai ripari. Il dirigente Marco d’Elia, subentrato all’ingegnere Elisabetta Pellegrini, come responsabile del procedimento ha investito 22.500 euro per dare un incarico allo studio “Trt Trasporti e territorio” di Milano di aggiornare “il modello di traffico e le analisi tariffarie relativi all’opera Spv”. Si tratta di “simulazioni del modello per incrementare l’utilizzo della Pedemontana per le brevi percorrenze, attraverso una adeguata modulazione tariffaria”. Si vorrebbe incentivare il traffico locale, senza far calare gli incassi complessivi. È stata poi lanciata una campagna pubblicitaria (affidata a Shado per 46 mila euro) per incentivare l’uso della Pedemontana.
Promesse tradite – Il discorso delle tariffe da ridurre richiama le promesse tradite. La denuncia è del Comitato contro la Pedemontana, Pfas.Land, Cilsa, comitati No-Tav e a difesa del territorio che hanno tenuto un sit-in a Montecchio. “Prima dei lavori avevano promesso che i residenti in 70 Comuni delle province di Vicenza e Treviso non avrebbero pagato. Invece pagano tutti e solo ora parlano di ridurre le tariffe della superstrada più cara d’Italia, forse perché siamo in campagna elettorale” spiega Massimo Follesa. Comunque l’ipotesi viene considerata come un’ammissione della Regione che i conti non tornano.
“Vogliono estendere il modello Pedemontana a tutto il Veneto, facendo pagare una tariffa unica, come vorrebbe fare il ministro Matteo Salvini anche in Italia. Così non si capirà più quanto SPV ci costerà. L’opera è già un fallimento”. Follesa elenca gli altri punti aperti e già oggetto di osservazioni della Corte dei Conti: 20 milioni di Iva che Sis deve restituire alla Regione; penali da 25 mila euro al mese per i ritardi di costruzione mai applicate; la mancata trasformazione della superstrada in autostrada. “E come la mettiamo con le opere complementari? Avrebbero dovuto costruire 68 chilometri di strade, ne hanno fatte solo per 23 chilometri, la parte mancante, a carico di Sis, vale 500 milioni di euro. La Regione non vuole concedere mitigazioni pattuite, come è accaduto a San Zenone degli Ezzelini, dove è stata condannata tre volte e non ha ancora fatto eseguire lavori per 5 milioni di euro. Come non bastasse, Sis ha chiesto un adeguamento della spesa – per Covid e aumento costi – per altri 360 milioni di euro”.
Pfas e grandi opere – La Pedemontana si innesta in A4 proprio a Montecchio Maggiore da dove è partito il più grande inquinamento da Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) d’Italia. “La falda corre qui, nel sottosuolo e viene tagliata dai cantieri della Tav e di Spv. Arpav ha scoperto dati allarmanti di nuove contaminazioni di cui nessuno parla” spiega Alberto Peruffo di Pfas.land. “’Non siamo zone di sacrificio’, questo il nostro slogan. Qui si persegue un modello di sviluppo, economico, industriale, trasportistico superato che danneggia non solo l’ambiente, ma anche la salute dei cittadini”.