Diritti

Veneto, illegittima una norma di edilizia residenziale: il diritto all’abitare è inviolabile

Lo scorso 22 aprile 2024 è stata depositata una importante sentenza, la 67 del 7 marzo 2024, emessa dalla Corte Costituzionale. Sentenza pubblicata il 24 aprile 2024 in Gazzetta Ufficiale.

La Corte Costituzionale è stata chiamata ad emettere il giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, lettera a), della legge della Regione Veneto 3 novembre 2017, n. 39 (Norme di edilizia residenziale pubblica). Un giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Padova, sezione seconda civile, nell’ambito di un procedimento tra Asgi, Aps, Razzismo Stop Onlus e Sunia Padova, contro Regione Veneto e Comune di Venezia.

I ricorrenti hanno segnalato una possibile questione di legittimità costituzionale in relazione agli articoli 3 e 117 della Costituzione, del requisito ai fini dell’accesso all’Erp, della residenza anagrafica nel Veneto da almeno cinque anni, anche non consecutivi, e calcolati negli ultimi dieci anni, recato dall’art. 25, comma 1, lettera a), della legge reg. Veneto n. 39/2017.

La Corte Costituzionale, per l’ennesima volta, ha dichiarato che nel merito, le questioni sollevate in riferimento all’art. 3 della Costituzione erano fondate. Lo ha fatto segnalando, come ha fatto da tempo, che il bisogno abitativo esprime un’istanza primaria della persona umana, radicata sul fondamento della dignità.

Rafforzando il concetto, la Corte ha ravvisato nel diritto all’abitazione i tratti di un diritto sociale inviolabile, funzionale a che “la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana”. Per la Consulta, l’edilizia residenziale pubblica assicura, a persone che non hanno la capacità economica di accedere al mercato, di soddisfare il loro fondamentale bisogno, conseguendo quel “bene di primaria importanza” che è l’abitazione.

La Corte costituzionale, rispondendo alla Regione Veneto con la sentenza, ha affermato che la finalità di assicurare il diritto inviolabile all’abitazione deve coniugarsi con il rispetto dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza, nella individuazione dei criteri che regolano l’accesso al servizio sociale. In tale ambito deve, pertanto, sussistere un rapporto di coerenza tra i requisiti di ammissione ai benefici dell’Erp e la ratio dell’istituto protesa al soddisfacimento del bisogno abitativo.

Con estreme lucidità e chiarezza, la Corte ha sottolineato come non si ravvisi alcuna ragionevole correlazione fra l’esigenza di accedere al bene casa, ove si versi in condizioni economiche di fragilità, e la pregressa e protratta residenza comunque la si declini nel territorio. La Regione Veneto con il criterio della prolungata residenza ha previsto una soglia rigida che porta a negare l’accesso all’Erp a prescindere da qualsiasi valutazione attinente la situazione di bisogno o disagio del richiedente. Secondo la Consulta, la durata della permanenza nel territorio regionale non incide in alcun modo sullo stato di bisogno e, pertanto, lo sbarramento che comporta tale requisito nell’accesso al bene casa è incompatibile con il concetto stesso di servizio sociale destinato prioritariamente ai soggetti economicamente deboli.

In sostanza, afferma la Corte, la residenza costituisce un requisito ragionevole al fine d’identificare l’ente pubblico competente a erogare una prestazione. Non è invece possibile che l’accesso alle prestazioni pubbliche sia escluso per il fatto di aver esercitato il diritto di circolazione o mutato la regione di residenza.

In tale contesto la Corte ha ribadito il carattere irragionevole del requisito della residenza quinquennale in un territorio regionale ai fini dell’accesso al beneficio dell’alloggio Erp, e questo riguarda tanto i cittadini italiani quanto gli stranieri. Una norma che prevede quale criterio di accesso ai servizi dell’Erp la residenza protratta nel territorio regionale equivale, infatti, ad aggiungere agli ostacoli di fatto costituiti dal disagio economico e sociale un ulteriore irragionevole ostacolo che allontana le persone dal traguardo di conseguire una casa, tradendo l’ontologica destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione degli immobili Erp.

Per la Consulta, l’art. 25, comma 2, lettera a), della legge reg. Veneto n. 39 del 2017 è costituzionalmente illegittimo, per violazione dei principi di ragionevolezza e eguaglianza formale e sostanziale dell’art. 3 della Costituzione.

Questa sentenza rappresenta l’ennesimo stop a leggi regionali (Lombardia e Abruzzo) di chiaro stampo razzista. L’augurio è che si intervenga anche sulle leggi regionali del Piemonte e dell’Umbria, anch’esse governate dalla destra, con norme di accesso all’Erp simili a quella veneta. Al Governatore Zaia non resta ora che procedere alla abrogazione della norma incostituzionale e magari un approfondimento costituzionale che la casa è un diritto garantito per i poveri, stanziando risorse per aumentare il numero di case popolari, non per escludere famiglie dal diritto di accesso, attuando politiche razziste e di esclusione sociale. Capiranno Zaia e le Regioni della destra la lezione impartita dalla Consulta?