Il processo riguarda la compravendita dell'appartamento lasciato in eredità ad Alleanza Nazionale e acquistato nel 2008 da Giancarlo Tulliani, cognato del politico, per trecentomila euro. "Non sapevo chi fosse l'acquirente, non mi è chiaro in cosa consista il reato", commenta l'ex presidente della Camera
L’ex presidente della Camera Gianfranco Fini è stato condannato in primo grado a due anni e otto mesi nel processo per riciclaggio sull’acquisto della famosa casa di Montecarlo. Lo hanno deciso i giudici della Quarta sezione penale del Tribunale di Roma, che hanno inflitto cinque anni a sua moglie Elisabetta Tulliani e sei anni ciascuno al padre e al fratello della donna, Sergio e Giancarlo Tulliani. Nell’ultima udienza, il 18 aprile scorso, l’accusa (rappresentata dalle pm Barbara Sargenti e Maria Teresa Gerace) aveva chiesto otto anni per Fini, nove anni per la moglie e dieci per il suocero e il cognato.
La compravendita – La vicenda è nota e riguarda la compravendita di un appartamento di 45 metri quadri nel centro del principato di Monaco, in boulevard Princesse Charlotte 14, lasciato in eredità nel 1999 dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale (l’allora partito di Fini) e acquistato a giugno 2008, per trecentomila euro, da una società offshore riferibile a Gianfranco Tulliani, la Printemps Ltd. A sua volta, nell’ottobre dello stesso anno, la Printemps lo “gira” a 330mila euro alla Timara Ltd, riconducibile a Elisabetta. Secondo l’accusa, il prezzo di quest’ultima transazione fu saldato con denaro di provenienza illecita appartenente a Francesco Corallo, imprenditore del settore delle slot machine. Rivenduto sul mercato nel 2015, lo stesso immobile fruttò un milione e 360mila dollari, con una plusvalenza di oltre un milione.
La difesa di Fini – Una volta venuto a galla nel 2010, lo scandalo della casa fu cavalcato per un’intera estate dai giornali berlusconiani e stroncò di fatto la carriera politica di Fini, fresco di scissione dal Popolo della Libertà. L’ex presidente della Camera ha sempre sostenuto di non sapere chi fossero i veri acquirenti dell’immobile e di essere stato ingannato dalla moglie e dal cognato: una tesi sostenuta in giudizio anche dai suoi avvocati. “Me ne vado più sereno di quello che si può pensare dopo sette anni di processi. L’unica cosa che ha impedito di assolvermi è l’autorizzazione alla vendita dell’appartamento”, ha commentato ai cronisti dopo la lettura del dispositivo. “Dopo tanto parlare, dopo tante polemiche, tante accuse, tanta denigrazione da un punto di vista politico sono responsabile di cosa? Di aver autorizzato la vendita. Non mi è ben chiaro in cosa consista il reato“, ha aggiunto. Per poi specificare poco dopo: “Non ho autorizzato la vendita dell’abitazione di Montecarlo ad una società riconducibile a Giancarlo Tulliani. Quando ho dato l’ok non sapevo chi fosse l’acquirente”.
L’avvio dell’indagine – Per la vicenda Montecarlo la Procura di Roma aveva aperto una prima indagine per truffa a carico di Fini nel 2010, presto archiviata. Nel 2017, su iniziativa del procuratore aggiunto Michele Prestipino, è stato inaugurato il nuovo fascicolo per riciclaggio: il rinvio a giudizio risale a luglio 2018. Inizialmente il procedimento vedeva coinvolte dieci persone, compreso lo Corallo e l’ex senatore Amedeo Laboccetta, entrambi arrestati nel 2016. La loro posizione è stata stralciata alla prima udienza del dibattimento. In origine i pm avevano contestato i reati di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio e evasione fiscale. In una delle ultime udienze, però, i giudici avevano dichiarato la prescrizione per l’accusa di associazione a delinquere, essendo stata esclusa l’aggravante della transnazionalità.
Le accuse – Secondo l’impianto accusatorio della Direzione distrettuale antimafia di Roma, gli appartenenti all’associazione riciclavano centinaia di milioni di euro provenienti dall’evasione fiscale, utilizzati da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche in operazioni immobiliari (come quella di Montecarlo) che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani. Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo, che secondo la Procura è alla base della crescita del patrimonio dei Tulliani. Questi ultimi, in base a quanto sostenuto dagli inquirenti, hanno ricevuto sui propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore in Italia, in Olanda, nelle Antille Olandesi e nel Principato di Monaco.
Gli avvocati: “Faremo appello” – “Faremo appello. Noi ci aspettavamo un’assoluzione, siamo convinti dell’innocenza del nostro assistito. Siamo certi che in appello anche questo ultimo residuo sarà abbondantemente chiarito. La vicenda relativa all’autorizzazione alla vendita alla casa di Montecarlo sostanzialmente, a nostro avviso, rappresenta una sovrapposizione rispetto alla stessa vicenda che era stata oggetto di un provvedimento di archiviazione”, commentano gli avvocati di Fini, Michele Sarno e Francesco Caroleo Grimaldi. “Siamo fortemente fiduciosi che in appello anche questo ultimo piccolo segmento cadrà e l’esito sarà liberatorio sotto tutti gli aspetti”.