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Lettera di 90 grandi avvocati all’amministrazione Biden: “Basta armi a Israele, state violando il diritto umanitario”

Mentre nelle università continuano le occupazioni e le proteste, anche violente, per chiedere all’amministrazione di bloccare il sostegno economico e politico a Israele fino a quando non verrà interrotta la campagna militare su Gaza, anche un gruppo di oltre 90 importanti avvocati americani, 20 dei quali lavorano per l’amministrazione guidata da Joe Biden, chiedono di sospendere le forniture militari a Israele a causa della violenza con la quale il suo esercito sta bombardando l’enclave palestinese.

I giuristi hanno motivato la loro presa di posizione non solo con questioni morali, come fatto già in questi mesi da esponenti del mondo dello spettacolo, della cultura, dell’università e da cittadini comuni, ma sostengono che l’invio di aiuti militari in questo momento, con le notizie che arrivano dalla Striscia, possa costituire una violazione del diritto umanitario statunitense e internazionale.

“La legge è chiara e in linea con la maggioranza degli americani che credono che gli Stati Uniti dovrebbero cessare le spedizioni di armi a Israele fino a quando non interromperà le sue operazioni militari a Gaza”, si legge nella lettera nella quale viene citato un sondaggio secondo cui la maggior parte dei sostenitori di Biden vuole imporre un embargo sulle armi.

Il presidente americano si trova, in questo momento, di fronte a un dilemma da sciogliere il prima possibile in vista delle prossime elezioni presidenziali. Da una parte non può permettersi di andare alla rottura netta con il governo israeliano che, nonostante venga fortemente criticato anche da larga parte della comunità ebraica americana, che in maggioranza vota democratico, rimane uno dei due anelli di congiunzione nella storica alleanza tra Washington e Tel Aviv, ma dall’altra deve rispondere alle richieste sempre più pressanti di una parte della popolazione che di certo non si identifica negli ideali repubblicani ma che critica l’atteggiamento del presidente rispetto alla guerra a Gaza.