di Savino Balzano
Non credo che candidare alle prossime elezioni europee Ilaria Salis sia una buona idea.
Il senso comune, quello che volgarmente viene considerato il ventre (talvolta il basso ventre) del popolo, ciò che con disprezzo qualcuno definisce populismo o qualunquismo, custodisce certamente un fondo di verità: se la gente non si fida dell’Unione europea ci sarà un motivo. Non possiamo credere che siano tutti scemi: la verità, in conclusione di questa legislatura europea, è che possiamo serenamente confermare l’assoluta inesistenza di un’Unione europea sociale. Ciò che esiste è un sistema ben congegnato per fregare i più fragili, che continuano difatti a impoverirsi, tra e nei paesi membri: un sistema che, ad esempio, professa valori di eguaglianza e consente l’esistenza di ben sei paradisi fiscali in regime di libera circolazione dei capitali; un sistema totalmente subalterno, anzi vassallo, a un impero decadente, quello americano, che prova peraltro a brandirci contro i suoi avversari. In pochi andranno a votare, vedrete.
In un contesto del genere la candidatura di Ilaria Salis può fare ben pochi danni, eppure insisto nel considerarla una scelta sbagliata e assai poco onesta.
Sono dell’idea che i candidati si scelgano in relazione al contributo che possono apportare, in considerazione dei meriti e della qualità che esprimono. Con tutto il rispetto per la persona, davvero non riesco a riconoscere queste caratteristiche in Ilaria Salis. Il padre ha recentemente affermato che la figlia da sempre fa politica a modo suo. Sono modalità che intendiamo valorizzare con una candidatura al Parlamento europeo? Resto allibito.
Non credo che quella di Fratoianni e di Bonelli sia una scelta onesta e genuina: affermano di volerla candidare per sottrarla a un regime carcerario disumano. Vorrei ricordare loro, qualora lo avessero dimenticato (dubito), che nel 2022 in Italia si sono registrati 85 suicidi in carcere, che nel 2023 erano almeno 70 e che nel 2024 erano già più di 20 a febbraio. Nel 2023 l’associazione Antigone ha tracciato un disegno a dir poco desolante sul sistema carcerario italiano: a fronte di poco più di 50mila posti ufficialmente disponibili nelle nostre carceri, i detenuti superano i 60mila, in strutture spesso fatiscenti, e ogni cento detenuti si sono registrati più di 16 atti di autolesionismo e oltre due tentativi di suicidio. Perché Alleanza verdi e sinistra non va a pescare qualche candidato tra i nostri detenuti? La verità è che i detenuti sono tutti sacri, ma alcuni lo sono più di altri.
La volontà non credo affatto sia quella di aiutare Ilaria Salis, penso piuttosto sia quella di strumentalizzarla, nel disperato tentativo di scavalcare la soglia del 4%.
Non riesco proprio a cogliere alcuna genuinità anche da parte di certa informazione, che insiste sulla vicenda sempre con la stessa chiave di lettura. È il caso ad esempio di Corrado Formigli e del suo PiazzaPulita: si torna ossessivamente sulla storia tralasciando completamente quelle che possono essere le responsabilità della ragazza, col solo scopo di evidenziare un legame imbarazzante, quello tra Meloni e Orban. Il sillogismo proposto è semplice: il regime ungherese è illiberale e antidemocratico, pertanto lo è anche il Governo Italiano – alimentando la sterile opposizione al Governo in chiave neofascista.
Dopotutto pensateci un attimo: ritenete davvero che il miglior modo per aiutare Salis sia quello di montare tutto questo casino? Non sarebbe meglio lasciar lavorare le diplomazie nel riserbo? Urlare al mondo intero che l’Ungheria tiene in custodia ingenue e innocenti sante maria goretti solo per le loro idee politiche non mi pare il modo più furbo di agire: potrebbe irritare gli ungheresi, indurirli, indisporli. Attirare così fortemente l’opinione pubblica significa inevitabilmente attirare l’attenzione anche di quella di Budapest, la quale tenderà a osservare severamente le decisioni del governo: questo non potrebbe mettere Orban in imbarazzo, costringendolo a una prova di forza?
È ovvio che tutto ciò non aiuti Salis a uscire dal carcere, anzi, e dunque non si può che concludere che alla politica e all’informazione militante (legittimamente militante) non freghi assolutamente nulla della sua sorte e del suo destino: lo scopo è assai meno nobile, quello cioè di strumentalizzarne la vicenda per evidenti propositi di lotta politica.
La gente lo sa, comprende benissimo la logica di certe tattiche, ed è proprio per questo motivo che si allontana sempre di più dalla politica e dalle istituzioni democratiche della Repubblica.
Quello al potere è un governo supino ai dettami di Washington e di Bruxelles, un governo che non fa nulla per aiutare i più deboli, chi non ce la fa: è sui temi economici che si giocherà e probabilmente collasserà la popolarità della premier. Prima o poi se ne accorgerà anche una certa opposizione e una certa informazione: ad oggi e come sempre in ritardo, lontane dall’anima del Paese.
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