Calcio

Premier League, ora le perdite fanno paura. La soluzione? Un tetto di spesa, ma i più spendaccioni remano contro

La Premier League ha voglia di tetto. Un riparo contro i bilanci in rosso e la sproporzione sempre più evidente tra i superclub e, si fa per dire, i peones. Lunedì è stata discussa, in una riunione a Londra, l’idea di porre un limite di spesa, lo Spending Cap: una soglia limite annuale che comprende acquisti di calciatori, stipendi e commissioni. La proposta ha riscosso sedici voti a favore, tre contrari (Manchester City, Manchester United e Aston Villa) e un astenuto (Chelsea). L’indicatore sul quale si sta discutendo oscilla in una cifra tra quattro e cinque volte superiore all’introito televisivo più basso dell’ultima classifica di Premier. Esempio pratico: il Leeds, diciannovesimo nel campionato 2022-2023, è stato il club che ha guadagnato di meno con le tv, 112 milioni di sterline (130,98 mln di euro). L’indicatore dovrebbe moltiplicare questa cifra in una soglia limite variabile tra quattro e cinque volte: una forbice compresa, avendo come punto di riferimento il dato-Leeds, fra i 524 e i 655 mln. Nella riunione di Londra, è circolata l’ipotesi di un indicatore da 4,25, ma si prospetta una discussione al rialzo: anche un piccolo incremento si traduce, infatti, in un aumento consistente di spesa. Le regole attuali, il cosiddetto Fair Play, che permette un limite massimo di perdite su base triennale di 105 milioni di sterline (al cambio in euro 123 milioni), ha mostrato crepe importanti. Nella Premier in corso, Everton e Nottingham Forest sono state penalizzate per aver infranto i paletti previsti: rispettivamente di otto e quattro punti.

La crisi è però ben più profonda. L’ultimo utile aggregato della Premier risale alla stagione 2017-2018, con un + da 360 milioni. Nel 2018-2019, con un – 206 complessivo, ci sono stati i primi segnali negativi e nel 2019-2020, con il COVID, è iniziato il disastro. Un buco da 1.087 milioni, al quale è seguito il – 786 mln del 2020-2021 e il – 668 del 2021-2022. Nel 2023-2024, nonostante la ripresa record della Premier, con 6.996 milioni di ricavi, il dato più alto di sempre di un campionato di calcio, il rosso è stato di 816 mln. Solo quattro club (Manchester City, Brighton, Bournemouth e Brentford) hanno registrato un saldo positivo. Impressionanti le cifre negative di Aston Villa (-138 mln), Southampton (-108 mln) e Chelsea (-103 mln). Ai Blues londinesi poteva andare peggio: il disavanzo è stato contenuto da alcune operazioni immobiliari.

Il totale del crollo dal 2018-2019 al 2022-2023 è di meno 3.563 milioni, una cifra spaventosa se consideriamo gli introiti globali della Premier. Il buco è prodotto soprattutto da due voci, acquisti dei calciatori e stipendi (4.659 milioni nel 2022-2023), ma negli ultimi anni è salita la voce riguardanti le commissioni a agenti e mediatori. Di fronte ai numeri preoccupanti di questo disavanzo, la Premier sta cercando di mettere un freno e la proposta dello Spending Cap sarà discussa a giugno: in caso di approvazione, potrebbe diventare operativa nel 2025-2026.

La partita è ancora tutta da giocare e le forze in campo sono poderose. La Premier è sostenuta dal governo inglese. L’economia britannica, complice la Brexit, è in affanno. I problemi del calcio hanno ricadute anche sociali, come accadde nella stagione del COVID. Non solo: il rosso della Premier rischia di travolgere gli altri campionati, dove, soprattutto in Championship e League One, ci sono diversi club in difficoltà. Bisogna però fare i conti con gli interessi della proprietà e in Premier dominano gli stranieri: solo Brighton, Brentford, Luton e Tottenham sono in mano inglese, mentre nell’Everton dell’anglo-iraniano Moshiri la situazione è fluida. In testa alla classifica degli investitori stranieri, ci sono gli statunitensi: Arsenal, Aston Villa, Bournemouth, Burnley, Chelsea, Fulham, Liverpool e Manchester United hanno la bandiera americana. Il tetto salariale, il celebre Salary Cap, è la regola negli USA negli sport principali (NBA di basket, NFL di football, NHL di hockey su ghiaccio) e riguarda anche il calcio (Major Soccer League), ma in Europa gli imprenditori statunitensi hanno parametri diversi: le spese pazze di Chelsea e Manchester United sono un esempio. Esemplare è però anche la bocciatura sportiva: il sesto posto in Premier del Manchester United e il nono del Chelsea stroncano le politiche di Todd Boehly e della famiglia Glazer. Al quadro si aggiunge il comportamento negativo delle squadre inglese nell’ultima stagione europea: solo l’Aston Villa, in Conference, è approdato in semifinale. Il problema, alla fine, non è solo “quanto” si spende, ma anche “come”.