Libri e Arte

Morto Paul Auster, chi era il grande scrittore newyorchese che ha incantato l’Europa: le sue storie incentrate sui temi della coincidenza, del caso e del destino

Il ritratto di Paul Auster, lo scrittore newyorchese che ha esplorato caso e destino, amato più in Europa che negli Usa

di Davide Turrini

Addio a Paul Auster. L’autore di 34 libri, tra cui l’acclamata Trilogia di New York, è morto all’età di 77 anni per le complicazioni dovute a un cancro ai polmoni. Auster divenne noto per la sua “narrativa postmodernista altamente stilizzata e bizzarramente enigmatica” affermatasi a partire da metà anni ottanta. Le sue storie, spesso con protagonisti degli scrittori, hanno giocato con naturale disinvoltura con i temi della coincidenza, del caso e del destino.

Auster era nato a Newark, nel New Jersey, nel 1947. In una intervista l’autore statunitense aveva spiegato che la passione per la scrittura era nata da due eventi fortuiti: a otto anni la mancanza di una matita per raccogliere l’autografo di un suo beniamino del baseball, tanto che da quel momento in avanti portò con sé una matita in tasca (“se hai una matita in tasca, ci sono buone probabilità che un giorno ti sentirai tentato di iniziare a usarla”); e a 14 anni durante il campeggio estivo la morte di un ragazzo ucciso in un amen da un fulmine (un incidente simile accade nel suo romanzo 4 3 2 1 del 2017 ndr). Dopo aver studiato alla Columbia, essersi trasferito a Parigi (dove conobbe e sposò la scrittrice Lydia Davis, con la quale ebbe un figlio, Daniel, morto per overdose nel 2022), tornato negli Stati Uniti, Auster assistette nel 1979 alla morte del padre e cominciò realmente a scrivere pubblicando il primo romanzo, L’invenzione della solitudine nel 1982. Libro in cui rivela le gesta omicide del nonno paterno ai danni della povera nonna e dell’assoluzione del nonno per infermità mentale.

Ma è nel 1985 con Città di vetro – il primo capitolo della cosiddetta Trilogia di New York – che Auster ottiene i primi successi di critica e pubblico. Città di vetro, poi in rapida successione di tre anni, Fantasmi e La stanza chiusa, sono lo scrigno complesso e articolato di un romanzo poliziesco che più del solito percorso di detection si intrufola (e si perde) nei meandri di identità multiple e metamorfiche attorno all’autore avvolto da un continuo misterioso svelamento. Insomma, più grandi dobmande sul senso della vita (paternità in primis) e sulle finzioni (e funzioni) del linguaggio che sulla ricerca di un fantomatico colpevole o preda. Seguirà l’intrigante romanzo distopico in forma epistolare con protagonista una ragazza di Nel paese delle ultime cose, poi Auster tornerà sulla fine degli anni ottanta e inizio novanta in una sorta di carreggiata da realismo esistenziale (Moon palace, La musica del caso) e infine proromperà in quello che è diventato il suo titolo più riconosciuto a livello internazionale: Il racconto di Natale di Auggie Wren. È il famoso racconto nato dalla scatola di sigari acquistata da un tabaccaio di Brooklyn (l’Auggie del titolo) pubblicato come raccontino nelle pagine natalizie del New York Times e nel 1995 trasformato con la sua complicità alla sceneggiatura in due celebri film scritti da Auster e diretti da Wayne Wang: Smoke e Blue in the face, autentici feticci culturali da costa est statunitense, con protagonista un’icona attoriale di quegli anni, Harvey Keitel. M

età anni novanta è peraltro il periodo in cui sia Guanda e poi soprattutto Einaudi cominciano a pubblicare i romanzi di Auster in italiano. È qui che forse prorompe il titolo più sfizioso, calibrato, lussureggiante di Auster: Mr. Vertigo. Sorta di iniziazione alla vita di un orfanello di Saint Louis nell’America degli anni venti con il dono di volare che gli verrà insegnato da uno strambo stregone. Attorno a Walt si materializza una specie di mini comunità di minoranze (la pellerossa, il bambino nero malaticcio) che diventa sia spazio bizzarro e sognante, sia svezzamento alla vita e consapevolezza dell’essere anche con i piedi per ancorati a terra.

Seguiranno poi negli anni a venire l’imponente Leviatano; Timbuctù, uno splendido racconto antispecista tra uomo e cane; il cinefilo e sottovalutatissimo Il libro delle illusioni; poi già negli anni duemila inoltrati Follie di Brooklyn, Invisibile, Sunset park e il già citato 4 3 2 1 dove torna travolgente il tema del caso con tanto di sliding doors multiple per il protagonista Archie. Infine nel 2023 pubblica il suo ultimo libro, Baumgartner, forse il lavoro più lineare, malinconico e crepuscolare incentrato su un professore di filosofia incapace di superare l’oramai decennale perdita dell’amata moglie poetessa. Nel 1981, Auster incontrò la scrittrice Siri Hustvedt che divenne la sua seconda moglie e con cui ebbe la seconda figlia, Sophie. Rimane comunque curioso come la sua popolarità sia letteralmente esplosa in Europa a metà/fine anni novanta negli ambienti letterari progressisti che nei suoi amati ed esplorati Stati Uniti. Tanto che nel 2007 sul New Yorker veniva spiegato come Auster fosse considerato “a Parigi una sorta di rockstar”.

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