Quando Fiat decise di chiudere la fabbrica di Termini Imerese, Francesco Boscarino aveva 45 anni. Era il 31 dicembre 2011. Fu il primo colpo assestato all’Italia dal marchio che oggi, volato a nozze con Stellantis, fa tremare Mirafiori, Pomigliano d’Arco e Melfi. “La mia ultima busta paga? Fu di 2.200 euro, senza contare la tredicesima”. Da allora è stata un’agonia. Di rilancio sfumato in rilancio sfumato, nonostante un investimento di Invitalia, Boscarino, manutentore, ha lavorato appena due anni e 11 mesi con Blutec, l’avventura fallimentare di Roberto Ginatta, chiusa con un crac e un processo ancora in corso che ha visto l’imprenditore condannato in primo grado a 7 anni. “Ero un operaio specializzato, guadagnavo bene. Oggi con la cassa integrazione arrivo a prendere 1.050 euro al mese, meno della metà del mio ultimo stipendio – spiega Boscarino – La tredicesima non esiste, la quattordicesima idem e sono andati in fumo anche i premi di produzione. Facendo di calcolo, ho perso circa 100mila euro in tredici anni“. Nelle sue stesse condizioni ci sono 560 persone ancora sotto l’ombrellone di Blutec in amministrazione straordinaria, mentre i circa 200 lavoratori dell’indotto di Termini Imerese sono in mobilità in deroga con un’indennità di circa 450 euro al mese. Tutti ripongono speranze nella Pelligra Holding che ha vinto il bando dello scorso ottobre. Ma con grande cautela. Perché a Termini ne hanno viste di ogni. “Quello che non è mai cambiato è la fatica a portare avanti una famiglia”, racconta Boscarino. “Ho tre figli e vanno all’università. Sono in un mare in tempesta sopra una zattera. Molti miei colleghi hanno avuto problemi di depressione, altri hanno visto la famiglia sfasciarsi – spiega – Io mi sento un sopravvissuto”. Che da tredici anni, fatto salvo quel breve periodo di riassunzione alla Blutec, non può fare il suo mestiere: “Ero orgoglioso del mio lavoro, era soddisfacente. Oggi mi sento nudo, un buono a nulla. Se nel 2011 mi avessero licenziato per il fallimento della Fiat, me ne sarei fatto una ragione. Invece ci hanno rubato il lavoro”. Iniziò tutto con lo spostamento della Lancia Y e con il taglio del “ramo secco” di Termini Imerese, mentre Sergio Marchionne prometteva 1,5 milioni di autovetture da produrre in Italia. Oggi molte auto di Stellantis vengono assemblate sulle coste di fronte alla Sicilia, dall’Algeria al Marocco. “Noi siamo stati l’anticamera di quello che sta accadendo ora negli altri stabilimenti – conclude Boscarino – Se avessimo avuto un governo serio non saremmo mai arrivati a questo punto”. A 58 anni cosa resta da sperare? “Chiedo solo di poter lavorare e raggiungere la pensione, niente di eccezionale”.

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