“Durante il Covid il ministero della Salute ci ha utilizzati per gestire il numero verde 1500 sull’emergenza pandemica. Poi si sono rimangiati le promesse e dopo il cambio di governo ci hanno lasciati per strada”. Ilaria Gallo, laurea in lingue, ha lavorato nel call center di Rende del gruppo Almaviva dal 2013. È in cig dal 2022 e da gennaio l’ammortizzatore è diventato “cassa integrazione per cessazione”: “Finirà a settembre, con possibile proroga fino a dicembre. Poi Almaviva Contact chiuderà e saremo tutti licenziati“. La vicenda sua e di altri 500 lavoratori calabresi e siciliani è una beffa nella beffa. Perché alla decisione aziendale di uscire dal settore del customer care si è sommato un intervento pubblico che invece di tutelare i lavoratori coinvolti ha finito per danneggiarli. Mentre grazie alla clausola sociale gli altri dipendenti che operavano su commesse vinte da Almaviva passavano via via ad altri operatori, Gallo e un gruppo di colleghi che erano stati impiegati nel servizio Millemiglia-Loyalty di Alitalia sono finiti appunto a rispondere al nuovo 1500 del ministero della Salute. “Vinta quella commessa, Almaviva pensava che in seguito avrebbe potuto “passarci” a Ita per il suo programma di fidelizzazione. Invece siamo rimasti fuori. E il 1500, che il ministero aveva annunciato di voler trasformare in un numero di pubblica utilità strutturale, è stato chiuso”. Risultato: si sono ritrovati senza lavoro, dipendenti di un’azienda che sta uscendo dal mercato. A quel punto al Mimit è stato firmato l’accordo quadro per fare partire azioni di riqualificazione e ricollocazione nell’ambito del programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol), parte del Pnrr. Come sta andando? “I corsi non sono ancora partiti e al Centro per l’impiego puntano a farci fare solo percorsi brevi, che non garantiscono una qualifica professionale. Io ho tentato di reinventarmi iscrivendomi di nuovo all’università, facendo un corso di ecommerce… ho fatto tanti colloqui ma quasi tutte le offerte sono per contratti cococo, a chiamata o tirocini. In altri casi sono stata scartata perché non avevo la qualifica richiesta. Del resto dovrei pagarla di tasca mia, ma l’azienda non ci anticipa la cig e l’Inps nonostante le promesse della ministra Calderone è in arretrato di tre mesi: ad aprile ci ha versato la mensilità di gennaio”. Così a lei e al marito, anche lui ex Almaviva, ora ricollocato in Ita, non è rimasto che “chiedere aiuto i genitori“. L’8 aprile i dipendenti ancora in cig hanno scritto al presidente della Regione Roberto Occhiuto: “Siamo abituati a lavorare e non chiediamo altro se non di continuare a farlo, con lo stesso zelo e impegno”, scrivono. “Meritiamo dignità e rispetto, fiduciosi che non saremo abbandonati”. Al momento nessuna risposta.

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