Instagram ha deciso di oscurare i contenuti che trattano di politica e temi sociali. Le nuove regole, già attive negli Stati Uniti dal 25 marzo, sono entrate in vigore in Italia domenica 28 aprile.

Le stesse restrizioni sono state applicate ad un’altra piattaforma del gruppo Meta, Threads, e verranno presto estese anche a Facebook — Meta è la multinazionale fondata da Mark Zuckerberg che controlla le principali piattaforme social (Instagram, Facebook e Threads) e di messaggistica (Whatsapp e Messenger).

Come funziona il bavaglio social – Su Instagram esistono diverse sezioni attraverso le quali vengono distribuiti i contenuti, ciascuna gestita da un algoritmo diverso. La maggior parte di queste sezioni serve a farci scoprire nuovi contenuti da profili che non conosciamo ancora o a cui non abbiamo ancora messo “Segui”. Poi c’è il Feed, ossia la nostra pagina principale. In questa sezione compaiono in parte i contenuti pubblicati da profili che abbiamo scelto di seguire, in parte contenuti suggeriti, tratti da profili che non seguiamo. Dal 28 aprile, Instagram ha disattivato di default, per tutti gli utenti, la distribuzione dei post politico-sociali nelle sezioni Esplora e Reels e nella fetta di contenuti suggeriti nel Feed. Ossia in tutte le sezioni dedicate alla scoperta di nuovi contenuti. I post pubblicati dai profili che seguiamo continueranno a comparire nel nostro Feed ma meno di prima. Questo perché gli algoritmi di ranking (quelli che decidono in che ordine compaiono i post sul nostro Feed) verranno influenzati dal ridotto numero di Mi Piace, diretta conseguenza del ridotto numero di account raggiunti. La portata del cambiamento è significativa, eppure la nuova impostazione predefinita è stata introdotta senza chiedere il consenso degli utenti e senza avvisarli tramite notifica. Pertanto, anche se gli utenti mantengono formalmente la facoltà di disattivare la restrizione è improbabile che lo facciano in molti.

Cosa significa per chi si informa – Come sottolinea l’AGCOM in un rapporto sul consumo dell’informazione, i social network sono una fonte di informazione passiva. Gli utenti, cioè, non cercano attivamente l’informazione ma delegano agli algoritmi la ricerca e la scelta delle notizie. Perciò, data la furtività con cui Instagram ha attuato le nuove regole, è probabile che la maggioranza degli utenti non si accorga del cambiamento. Se consideriamo poi che, secondo Reuters, i social network sono la principale fonte di informazione per il 42% degli italiani, davanti ai siti di news (28%) e alla carta stampata (16%), la scelta di Zuckerberg assume i contorni di un vero terremoto per la dieta informativa di milioni di italiani.

Cosa significa per chi fa informazionePer chi fa informazione come Il Fatto Quotidiano sarà molto più difficile raggiungere nuovi utenti sui social e sarà molto più difficile informare i cittadini sugli scandali politici come quelli di Sgarbi, Santanché, Gasparri. Instagram non impedisce al Fatto Quotidiano o ad altri giornali di pubblicare le notizie, ma ne blocca la distribuzione al pubblico. Nello specifico sbarra la distribuzione ai non-follower (coloro che non seguono ancora la nostra pagina) impedendoci, di fatti, di crescere. Per dare un’idea al lettore di cosa ciò comporti, condividiamo i dati Instagram del Fatto Quotidiano degli ultimi 90 giorni. Tra febbraio e aprile 2024, i post del Fatto Quotidiano sono stati distribuiti per il 94% ad utenti che ancora non seguono il nostro lavoro e che ci hanno scoperto attraverso le sezioni oggi interdette. Di questi non-follower, oltre mezzo milione ha deciso di interagire con i nostri post, dimostrando interesse per l’argomento. Con le nuove regole tutti questi non-follower non potranno più essere raggiunti dalle nostre notizie. E lo stesso vale per tutte le testate giornalistiche o per le altre realtà come associazioni e attivisti che si occupano di politica e temi sociali.

Un problema di definizione e la solita opacità dei social – Cosa intende Meta con “contenuti di natura politica”? E soprattutto, che titolo ha per decidere cosa è politico e cosa non lo è? Nel suo annuncio, la società di Mark Zuckerberg si limita a parlare di «Contenuti politici, potenzialmente legati a temi quali le leggi, le elezioni o argomenti di natura sociale». Il direttore di Instagram, Adam Mosseri, ha lasciato intendere che la lista nera riguarderà le cosiddette hard news (politica, esteri, salute, economia) e la “critica sociale”. Incalzata dal Washington Post una portavoce di Meta ha cercato, con scarso successo, di definire meglio in cosa consistano gli argomenti di natura sociale: «I temi sociali possono includere contenuti che identificano un problema che influenza le persone ed è causato dall’azione o inazione degli altri, il che può includere questioni come le relazioni internazionali o il crimine». Sembra quindi che Meta non abbia un’idea precisa neanche della propria definizione. Un altro portavoce dell’azienda ha ammesso alla CNN che «Queste questioni globali sono complesse e dinamiche, quindi la nostra definizione si evolverà nel tempo».

Meta può davvero bandire la politica dai social?Siamo abituati a considerare i social come multinazionali private che possono fare il bello e il cattivo tempo. Ed in effetti fino a poco tempo fa era così. Ma ora le cose sono cambiate.

Nel 2023 è entrato in vigore il Digital Services Act (DSA), il regolamento europeo sulle piattaforme online. Il DSA ha creato un quadro giuridico in cui le grandi piattaforme online (Meta, Google, Apple, TikTok, Microsoft e Amazon) vengono riconosciute come gatekeeper, ovvero come custodi de facto delle vie d’accesso all’informazione e ai servizi online. E perciò sono ritenute responsabili della sicurezza e della libertà online. Il DSA si concentra molto sull’importanza delle piattaforme social nell’ecosistema dell’informazione. Riconosce e stabilisce che queste piattaforme «Influenzano fortemente la sicurezza online, la definizione del dibattito e dell’opinione pubblica» e perciò impone loro di prevenire «Effetti negativi, attuali o prevedibili per l’esercizio dei diritti fondamentali, in particolare la libertà di espressione e di informazione, inclusi la libertà e il pluralismo dei media, sanciti nell’articolo 11 della Carta» nonché «gli effetti negativi reali o prevedibili sui processi democratici, sul dibattito civico e sui processi elettorali, nonché sulla sicurezza pubblica». Il bavaglio social di Meta sui contenuti politico-sociali sembra interferire proprio con la libertà di espressione e di informazione, con la formazione dell’opinione pubblica, con il pluralismo dei media e coi processi democratici.

Anche le modalità di attuazione del bavaglio sembrano infrangere il regolamento europeo. Il DSA vieta infatti l’uso di dark patterns, o “percorsi oscuri”, definiti come «Pratiche che distorcono o compromettono in misura rilevante, intenzionalmente o di fatto, la capacità dei destinatari del servizio di compiere scelte o decisioni autonome e informate». Inoltre, condanna «Le scelte di progettazione volte a indirizzare il destinatario verso azioni che apportano benefici al fornitore di piattaforme online». Rivelatore in questo senso è il post dello scorso luglio del direttore di Instagram, Adam Mosseri, in cui spiega che per Instagram la presenza di contenuti politici porta più svantaggi che vantaggi in termini di immagine e sforzi legati a monitoraggio e moderazione. Solo un’azione legale potrà dirci se la decisione di Instagram viola effettivamente i regolamenti europei. Intanto, i sospetti sono stati raccolti dalla Commissione Europea che ha aperto un procedimento contro Meta per indagare diverse sospette violazioni del DSA, tra le quali figurano anche le nuove regole sui contenuti politici.

SCOPRI COME AGGIRARE IL BLOCCO SUI CONTENUTI POLITICI

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Instagram oscura i contenuti politici, ecco cosa fare per aggirare il blocco

next
Articolo Successivo

Legge bavaglio e Agi venduta ad Angelucci, l’Italia crolla nella classifica sulla libertà di stampa: è retrocessa nella fascia di Polonia e Ungheria

next