Meryl Streep Palma d’Oro onoraria a Cannes. Sulla Croisette si premia la regina del cinema. E potremmo tutti chiudere bottega. Anche se negli ultimi cinque dieci anni ce la siamo un po’ persa per strada, è in quel magico scrigno del tempo, in quella splendida cornice cinematografica della New Hollywood settanta/ottanta che la Streep, da ragazza nemmeno intenzionata a fare l’attrice e attirata invece dai saltelli da cheerleaders, sprigiona una vibrante, intensa, umanissima presenza in scena in quattro-cinque titoli che tracciano il solco della storia del cinema.
Il cacciatore di Cimino, Kramer contro Kramer di Robert Benton, La scelta di Sophie di Alan J. Pakula, La donna del tenente francese di Karel Reisz sono solo le basi di una carriera che subito si fa fulminante. Percorso professionale che si conferma in una manciata di anni, a metà anni ottanta, con la prepotente ed emancipata protagonista di La mia Africa, la combattiva operaia di Silkwood, la palpitante amante nella struggente storia di intramontabili corna che è Innamorarsi (dove incontra finalmente Robert De Niro, suo idolo, anzi motivo cruciale che l’ha spinta a recitare e fare cinema).
Titoli mirati all’inizio che poi negli anni novanta diventano fittissimi con performance indimenticabili (la Francesca amata dal fotografo Clint Eastwood in I ponti di Madison County), la strepitosa e tirannica direttrice di una rivista di moda in Il diavolo veste Prada; o paladina dei diritti civili in opere più politiche come Leone per agnelli di Robert Redford, o ancora monumentale e coraggiosa editrice di un quotidiano come in The post di Spielberg. 21 le nomination agli Oscar e tre vittorie: due da attrice protagonista in La scelta di Sophie e The iron lady (possiamo dirlo che non è il nostro preferito?) e uno da non protagonista ne Il cacciatore. E poi ancora l’infinito inutile dibattito attorno alla sua “bellezza”.
Dino De Laurentiis che la provina per King Kong e la caccia dicendo ai suoi assistenti “ma chi me l’ha portata questa donna brutta?”, mentre noi da spettatori la vediamo in scena, piccolissima parte, da ex moglie (con amante lesbica) di Woody Allen in Manhattan e ne rimaniamo sensibilmente folgorati.
Il fascino della Streep non si discute. Il talento neppure. Si premia quando si può, e quando lei vuole, e basta. “Sono immensamente onorata nel ricevere la notizia di questo prestigioso premio. Vincere un premio a Cannes, per la comunità internazionale degli artisti, ha sempre rappresentato il traguardo più alto nell’arte del cinema. Stare all’ombra di coloro che sono stati precedentemente onorati è umiliante ed emozionante in egual misura. Non vedo l’ora di venire in Francia per ringraziare tutti di persona”, ha affermato Meryl Streep. “Abbiamo tutti qualcosa in noi di Meryl Streep!” ha ricordato Thierry Frémaux. “Abbiamo tutti qualcosa in noi di Kramer contro Kramer, La scelta di Sophie, La mia Africa, I ponti di Madison County, Il diavolo veste Prada e Mamma Mia perché ha attraversato quasi 50 anni di cinema e ha incarnato innumerevoli capolavori, Meryl Streep fa parte del nostro immaginario collettivo, del nostro condiviso amore per il cinema”.