di Maurizio Contigiani
Per frenare il dissenso non basta far firmare dei fogli in cui dichiari che quello che dici potrà essere usato contro di te. Il dissenso si può dimostrare con la partecipazione, l’altissima qualità di ciò che si è in grado di mettere in mostra e il Concertone non è mai stato così all’altezza come ieri sera.
Sarà stata la location, il bagno di folla, i testi di quei giovani artisti per quei ragazzi di una platea immensa, a volte poco percepiti per via del rap, dell’arabo, del significato criptico delle parole di Hallelujah. Ma il dissenso era là, ancora più presente, più potente delle altre volte attraverso le voci di quei cantautori e soprattutto quella di un grandissimo Ermal Meta, un gigante, al netto della critica sterile di Repubblica. Ermal che non parla se non attraverso i testi di De Andrè e Leonard Cohen. La Guerra di Piero e Hallelujah: la canzone d’autore è stata sempre vista dal potere come fumo agli occhi, ma non la si può negare a nessuno e quei giovani cantautori di ieri sera hanno preso la strada giusta.
Speriamo che anche chi li ha seguiti da uno dei parterre più competitivi della storia riesca a toglierselo, quel fumo dagli occhi. Aprendo gli occhi in modo “che tutto non sia più come prima, per non votare ancora la sicurezza e la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare, per andare alle loro porte e gridare ancora più forte”.