Si chiamano Elisa, Anna e Gioele Murgia, e sono i tre fratelli di Manuela, la cui tragica morte è avvolta nel mistero da 29 anni. Uno dei tanti casi irrisolti o forse chiusi troppo presto e che loro vorrebbero far riaprire, alla luce di nuovi elementi che ribalterebbero quella che è stata, secondo gli inquirenti, la sorte della ragazza di appena 16 anni trovata senza vita il 5 febbraio del ’95 nella gola del Tuvixeddu, a Cagliari. La sua morte è stata archiviata come suicidio ma la famiglia non ha dubbi sul fatto che Manuela sia stata assassinata.
La scomparsa
Quel giorno, la mattina del 4 febbraio del 1995, a casa c’erano solo Manuela e suo padre. La madre e Gioele erano al lavoro e le sorelle a scuola. Manuela aveva interrotto da poco gli studi perché non si era trovata a proprio agio nel nuovo istituto, i Murgia si erano trasferiti da poco da Cagliari. Avrebbe ripreso gli studi a settembre. La ragazza è uscita di casa alle 12 per l’ultima volta, lasciando sul tavolo il cordless, un rossetto e un profumo. “Presumiamo che abbia ricevuto una telefonata dalla persona che doveva incontrare ma i tabulati, così come tutti gli atti, ci sono sempre stati negati”, dichiarano le due sorelle a FqMagazine. “Il fatto stesso che si sia preparata di tutto punto ci fa capire che non doveva vedere un’amica ma qualcuno per cui farsi carina e soprattutto che nostra sorella non avesse nessuna intenzione di uccidersi”, aggiungono. Indossava il jeans sopra i pantaloni del pigiama – pensava forse sarebbe rientrata subito – e un maglioncino sopra una canotta intima. Quest’ultima non è mai stata ritrovata, così come le chiavi di casa.
Il ritrovamento
Il giorno dopo alle ore 12 alla stazione di Polizia arrivò una telefonata anonima che indicò il luogo dove fu ritrovato il corpo di Manuela, ai piedi di una rupe alta 30 metri. I familiari pensano sia impossibile che Manuela si sia lanciata da lì. “Non conosceva quel posto, ci si arriva lungo strade non battute, impervie e in salita e per lanciarsi da lì avrebbe dovuto scavalcare due reti, una metallica e l’altra in filo spinato ma sia le suole a “carro armato” degli stivaletti che i vestiti erano intonsi. Non può aver fatto tutto questo senza essersi sporcata. Nello scavalcare due reti così alte i vestiti si sarebbero strappati. Quell’area era recintata perché è zona militare, abitata da famiglie della Marina militare. Nessuno di loro è stato mai interrogato quando fu ritrovato il corpo. Eppure nelle prime indagini si parlava di omicidio e non di suicidio. Stranamente, c’era dell’erba sul maglioncino sotto al montgomery che invece era pulito. Chi l’ha aggredita si è barbaramente accanito sul suo corpo. Era piena di tagli sulla schiena ma i vestiti sono rimasti intatti. Anche i collant velati, che si smagliano di solito per un nulla. Come se qualcuno l’avesse rivestita”. I fratelli Murgia hanno avuto queste informazioni poche settimane fa quando, dopo innumerevoli richieste hanno ricevuto l’accesso agli atti delle due inchieste, entrambe archiviate (nel ’95 e nel 2012). Insieme al fascicolo, un centinaio di pagine scarse, hanno anche avuto le foto e i referti autoptici.
I referti
Una volta ottenute le foto, la famiglia Murgia le ha affidate e un team di medici legali per delle perizie secondo cui “le lesioni – ci spiegano – non sono compatibili con una caduta dall’alto ma con un’aggressione. Sul corpo c’erano i segni di una colluttazione antecedente alla caduta. Questo è evidente perché tutti i segni, i tagli e gli ematomi, causati da un corpo contundente, sono sulla parte posteriore ma Manuela è stata trovata prona e senza danni in zona facciale. Sul corpo inoltre è stato ritrovato un liquido nero-fumo non compatibile col luogo di ritrovamento. Ciò che non si sa è se invece Manuela abbia subito violenza sessuale prima di morire. Non sono stati fatti esami approfonditi in sede autoptica che possano smentire questa circostanza né asserirla”, ci spiegano i familiari.
L’auto blu
“La mia madrina, che abita di fianco a noi, quel giorno l’ha vista salire in un’auto blu metallizzata con un uomo”, ci racconta Elisa. Le chiediamo allora chi frequentasse sua sorella: “Vivevamo da poco a Cagliari, non aveva molte frequentazioni. Vedeva solo il suo ragazzo, di otto anni più grande di lei, il cugino e la fidanzata di quest’ultimo, nessun altro. Abbiamo letto negli atti di indagine che nella famiglia di questo ragazzo, qualcuno aveva un’auto di quel tipo, quindi forse si sono incontrati quel giorno mai lui ha dichiarato di non vederla da dieci giorni perché si erano lasciati. Ad ogni modo, non vogliamo assolutamente lanciare ipotesi né accuse, non sarebbe giusto, vorremmo solo che chi sa qualcosa parli. Nostra sorella non si è suicidata, era una ragazza allegra e gioiosa, molto cattolica e con tanti progetti di vita”.
La minestrina
“Nel corpo di Manuela – ci spiega Elisa – sono state ritrovate tracce di semolino che non ha mangiato a casa nostra. Quel giorno, prima di morire, Manuela ha pranzato altrove. Ha ingerito la minestra, secondo i referti, tra le 14,30 e le 15 mentre ha l’ora della morte è stata collocata tra le 18 e le 20. Altro dettaglio importante: a quasi 200 metri dal corpo, sono stati ritrovati un suo portamonete da polso e delle salviette con cui aveva tolto il rossetto. Pensiamo che Manuela abbia perso quegli oggetti mentre il suo corpo è stato trascinato sul luogo del ritrovamento. Due sono le certezze: chi ce l’ha portata non l’ha fatto da sola e dalla proprietà privata, nessuno si è introdotto per lanciarsi giù. Quest’anno abbiamo incontrato la figlia di un militare che vive ancora lì. Ci ha detto che quel giorno non ha visto e sentito niente, nemmeno i suoi cani da guardia hanno abbaiato. Gli abitanti di quella zona non sono mai stati interrogati anche se avrebbero voluto parlare”.
La fiaccolata
Pochi giorni fa, a Cagliari, è stata fatta una fiaccolata in memoria di Manuela, organizzata dalla famiglia che intanto chiede la riesumazione del corpo e la riapertura delle indagini. “Con i mezzi a disposizione oggi siamo certi si possa arrivare alla verità sulla morte di Manuela. Alla fiaccolata c’erano tutti i suoi amici ed erano tutti concordi nel sostenere che Manuela non può essersi tolta la vita. Però nessuno ha mai parlato. Qualcuna ci aveva provato all’epoca ma poi ha ritrattato, forse spaventata dal fatto che potesse fare la sua stessa fine. Puntiamo tutto sui progressi della scienza e su nuove indagini”, concludono i familiari.