Vicenza, la città cinquecentesca del Palladio e dell’Unesco, con il colle di Monte Berico che ospita la settecentesca Basilica dedicata alla madonna, una balconata che offre una vista strepitosa dall’alto dei tetti, dei campanili, delle chiese e di Campo Marzo… Tutto questo sarà sconvolto per almeno nove anni di lavoro, tanto dureranno i 108 mesi previsti per la costruzione della nuova linea dell’Alta Velocità/Alta Capacità, che taglierà come un bisturi la conformazione urbana. Ma si badi, è solo una parte del progetto da 2 miliardi di euro (di cui solo un miliardo finanziato) che riguarda 6,2 chilometri di binari di attraversamento di Vicenza, una ventina di cantieri, villaggi per gli operai, una nuova stazione in Zona Fiera. Si tratta del Lotto 2 di cui si sta occupando il Consorzio Iricave Due, per conto di Rete Ferroviaria Italiana, mentre il Lotto 3 nell’area di Vicenza Est, che sfiorerà il gioiellino architettonico di Villa La Rotonda, dopo aver attraversato il Bacchiglione, è ancora in alto mare.
La Tav che corre verso est si trova a fare i conti con lo scoglio di Vicenza, dopo trent’anni di dibattiti, convegni, progetti fatti e disfatti. Fino al 2003 doveva correre lungo l’autostrada, poi essere interrata nel sottosuolo, alla fine è spuntata la soluzione di superficie, con fermata aggiuntiva spostata nella zona commerciale, con un dedalo di strade, un viadotto per attraversare i binari, piste ciclabili, bretelle di collegamento, asfalto, cemento e mura antirumore. In ogni caso, la città tranquilla è destinata a cambiare. Ma c’è chi vuole impedirlo. Non solo alcuni comitati sorti per tutelare interessi e diritti dei circa 200 espropriati. Ma anche Italia Nostra, che vigila su una città che dal 1994 è sito patrimonio dell’Unesco, con il suo centro storico, 23 opere palladiane e tre ville suburbane, e che dal 1996 lo ha visto estendere ad altre 21 ville venete. Italia Nostra ha presentato un ricorso al Tar del Lazio (udienza a maggio), impugnando l’ordinanza del commissario straordinario che ha approvato il progetto definitivo AV/AC del lotto 2 nel luglio 2023 e che a marzo ha annunciato l’operatività dei cantieri a partire da settembre.
“Così la città sarà devastata da un progetto illegittimo sotto vari profili” spiega l’avvocatessa Maria Grazia Pegoraro, presidente dell’associazione che si è rivolta ai giudici amministrativi. Da esperta in diritto non fatica a esprimere le proprie ragioni. “Innanzitutto un progetto definitivo, in base alla norma sugli appalti, deve essere sempre completo e corredato di studi, indagini, rilievi e sondaggi. Lo hanno chiamato ‘lotto funzionale di attraversamento di Vicenza’, ma interessa solo la parte ovest, fino all’incirca al complesso di Borgo Berga, mentre la parte est, altamente popolata e con vari beni culturali tutelati, non ha neppure un progetto”. In pratica, arrivando da Verona, i lavori della Tav si fermano poco dopo la stazione attuale, senza sapere come sarà modificato l’assetto urbanistico verso est, con conseguenze su inquinamento atmosferico, stato delle acque e salute dei cittadini.
Da non sottovalutare che ci troviamo in un sito Unesco. “Invece, il progetto definitivo non osserva le prescrizioni contenute in quello preliminare, ad esempio un cavalcaferrovia lungo 200 metri e le barriere antirumore alte 9 metri, rispetto ai quali l’Unesco aveva raccomandato soluzioni per evitare o ridurre l’impatto rispetto al contesto paesaggistico e storico monumentale che invece rimane molto pesante”. In una parola, per rifare la stazione e i binari, si altererebbe lo skyline da Monte Berico verso la città, e viceversa, facendosi beffe di diversi vincoli paesaggistici. Secondo Italia Nostra c’è anche “la totale assenza di valutazione di conformità alle norme europee e nazionali che obbligano a rispettare il principio di non arrecare danno significativo all’ambiente”. Se ne parla da decenni, eppure il ricorso denuncia il mancato completamento di valutazioni e studi, che “devono precedere il progetto definitivo, non essere rinviati a ulteriori prescrizioni nella fase esecutiva”.
Per il momento siamo alla fase propedeutica, ma a settembre – se il Tar non blocca tutto – le ruspe si metteranno in attività. I nuovi cantieri saranno distribuiti tra Altavilla Vicentina, Vicenza e Sovizzo. I proprietari oggetto di esproprio sono già stati avvertiti e interi quartieri rischiano l’isolamento. Sulla Tav si è combattuta buona parte della campagna elettorale che ha portato il dem Giacomo Possamai a superare sul filo di lana l’uscente Francesco Rucco. Una bella gatta da pelare per il giovane amministratore. “Ovvio che ci sia preoccupazione per l’impatto dei cantieri su una città medio-piccola come Vicenza e sulla mobilità. Abbiamo chiesto a Rfi e al Ministero che sia garantita un’informazione preventiva e che ci sia grande attenzione nelle attività”. Il Comune ha ottenuto un monitoraggio del sistema internazionale di certificazione ambientale Envision, dell’università di Harvard. “Abbiamo anche ottenuto che la linea ferroviaria non fosse più sotterranea, oltre ad interventi di mitigazione e miglioramenti nei quartieri. Significa per noi un ulteriore controllo dell’ambito che più ci interessa, l’impatto ambientale, dal consumo dell’acqua all’impatto sull’aria, fino all’utilizzo del suolo”. Non ne sono convinti a Italia Nostra. La presidente nazionale Antonella Caroli: “Più di cento edifici abbattuti, 200 famiglie espropriate, l’aumento esponenziale dell’inquinamento dell’aria, ricadute devastanti sulla salute dei cittadini, e rischio che i Pfas presenti nelle falde siano diffusi nell’aria per nebulizzare le polveri sottili. Questa drammatica situazione non si rinviene in nessuna altra città italiana e nessuna opera pubblica deve essere costruita ad un prezzo così alto”.