Bisogna sbrigarsi, perché non sappiamo cosa accadrà. Mentre politica e diplomazia fanno il loro lavoro, noi dobbiamo impegnarci a farci trovare pronti, sperando di non dover mai entrare in azione: l’Italia deve diventare una nazione con una capacità di deterrenza reale e credibile“. A parlare è il capo di Stato maggiore dell’esercito, il generale di Corpo d’Armata Carmine Masiello. In un’intervista al Corriere della Sera l’alto ufficiale sottolinea: “L’Esercito deve essere rivisto sotto diversi profili. Sono cambiati gli scenari, le minacce e, quindi, le esigenze, anche degli altri Paesi Nato. Vanno rivisti soprattutto i principali sistemi d’arma, potenziati gli strumenti, adeguate le strutture e le procedure d’impiego”. Masiello è il primo capo di Stato maggiore dell’esercito proveniente dai paracadutisti della Folgore. In questi giorni ricorre il 163esimo anniversario della creazione dell’esercito italiano, che venne istituito per la prima volta con l’Unità d’Italia con un decreto del 4 maggio 1861.

Secondo il generale Masiello la guerra in Ucraina “ha cambiato i paradigmi sul campo: siamo tornati al confronto fra unità meccanizzate e corazzate, all’uso delle artiglierie, carri armati, macchine specializzate per la mobilità e contro-mobilità. Perfino alle trincee”. Al Corriere il capo di Stato maggiore spiega che tutto questo “per noi europei, che veniamo da anni di missioni di pace, è stato dirompente. A ciò si uniscono l’uso massiccio di droni e l’importanza dei nuovi domini, della guerra cibernetica, della disinformazione per orientare le opinioni pubbliche e il morale dei combattenti. Scambiare informazioni con l’intelligence è fondamentale, bisogna attrezzarsi per i grandi cambiamenti nel modo di combattere”. Da cosa passa questa necessaria trasformazione? Masiello elenca “tecnologia, addestramento, valori” che “saranno i filoni del mio mandato. Per troppo tempo l’Esercito non è stato considerato una forza armata tecnologica. Bisogna invece stare al passo con i mezzi a disposizione di eventuali avversari. Va recuperato anche un gap con le ‘sorelle’, la Marina e l’Aeronautica. E occorre accorciare i tempi di individuazione delle tecnologie necessarie, sburocratizzare le procedure di acquisizione, aderire alla velocità del mondo che evolve. E che l’industria della Difesa, compresa quella europea, capisca il momento e faccia gli investimenti necessari“. Insomma, accelerazione a tutta forza e infatti, dice il generale, “il ministro Crosetto si è già adoperato”.

E poi c’è il tema delle forze a disposizione. Per quanto da una parte Masiello chiarisca che “non siamo in guerra, ma in una competizione ‘sotto soglia’, senza superare mai certi limiti, un confronto ibrido che usa ogni possibilità, non solo militare, per danneggiare alcuni Paesi e agevolarne altri”, dall’altra servono sì un adeguamento di “quadro normativo e strumenti giuridici”, ma soprattutto un rafforzamento dell’organico: quello attuale, dice il generale, “non è sufficiente”: “I due scenari di guerra — Ucraina e Striscia di Gaza — ci insegnano che serve la massa – continua ancora il capo di Stato maggiore, perché le forze si logorano e vanno rigenerate: un problema che si affronta con un incremento anche modesto delle consistenze delle singole forze armate — servono almeno 10mila soldati in più, come affermato dall’ammiraglio Cavo Dragone, capo di Stato maggiore della Difesa —, a cui bisogna inevitabilmente affiancare riserve, per aumentare gli organici all’esigenza”.

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